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Winnie the Pooh: Blood And Honey

2023
REGIA:
Rhys Frake-Waterfield
CAST:
Craig David Dowsett (Winnie-the-Pooh)
Chris Cordell (Piglet)
Amber Doig-Thorne (Alice)

Il nostro giudizio

Winnie the Pooh: Blood And Honey è un film del 2023, diretto da Rhys Frake-Waterfield.

Arriva un momento nella vita in cui ci si rende conto con sconcerto che la sacra innocenza è ormai andata a farsi benedire. E nonostante una carriera cinematografica ancora acerba quanto un litchi a settembre, se c’è uno che sembra aver deciso di votarsi anima, corpo e pellicola nel volerci irrimediabilmente rovinare l’infanzia, beh, quello di certo è Rhys Frake-Waterfield. Un tipetto davvero curioso il nostro gentleman, disposto a buttare letteralmente nel cesso una prestigiosa doppia laurea in scienze ed economia per lanciarsi a capofitto fra le laide braccia della tristemente (mal)nota Jagged Edge Production, investendo ben due anni della propria ancora giovane vitaccia nel produrre oltre cinquanta discutibilissimi direct-to-video prima di passare finalmente dietro alla macchina da presa. Ma se il fiacco triplete d’esordio formato da The Area 51 incident, The Killing Tree e il trashissimo Firenado tutto faceva sperare tranne che in un nuovo promettente talento, con Winnie the Pooh: Blood And Honey le cose cambiano decisamente.  Non nel senso che il caro Waterfield sia ora divenuto il nuovo alfiere dei filmici incubi di sua novella Maestà Re Carlo III, questo manco per il ciuffolo. Ma ad uno disposto a sguinzagliare il terrore fra le fresche frasche del celebre Bosco dei Cento Acri, prendendo il tenero orsacchiotto partorito nel lontano 1926 dall’infantile fantasia di A. A. Mine – i cui diritti sono nel frattempo provvidenzialmente scaduti – trasformandolo nel sadico protagonista di un indie horror ad alto tasso di emoglobina, beh, quantomeno un minimo di considerazione gliela si può senz’altro concedere.

Soprattutto se, a fronte di un budget di appena centomila dollari, il nostro folle inglesino è riuscito miracolosamente a portarsene a casa oltre quattro milioni, mettendo pepe al sanguinolento deretano dell’osannato Terrifier 2 dell’altrettanto indipendente collega yankee Damien Leone. Tutto questo per uno slasher a dir poco folle e senza la ben che minima pretesa di voler essere preso sul serio, confezionato con il preciso intento di girare pressoché a vuoto per una risicata oretta e venti attorno a tre fondamentali postulati. Primo: il pacioso Pooh, la sua grufolante amichetta Pimpi e il resto della loro spensierata combriccola non sono certo semplici personaggi di fantasia. Secondo: i nostri antropomorfi esserini, abbandonati ai propri ferini istinti primordiali da un irriconoscente Christopher Robin (Nikolai Leon), si sono col tempo trasformati in un manipolo di sciroccati cannibali ghiotti tanto di miele quanto di frattaglie al sangue. Terzo: il sacro ammonimento di “Non aprite quella porta” vale sempre e comunque, soprattutto in questo incantato bosco degli orrori nel quale la giovane Maria (Maria Taylor) e il suo gruppetto di amiche avranno modo di assaporare il lato più nero e letale delle amate fiabe, dovendosela vedere con una coppia di bestioni sanguinari irruenti come Leatherface e indistruttibili quanto Michael Myers. E se vi steste chiedendo se una tale premessa sia una vera genialata o un’altrettanto autentica vaccata, beh, stante tranquilli sul fatto che una risposta, al momento, non pare essere ancora stata trovata.

Calmati a dovere i fanzinari bollenti spiriti e dato il giusto credito a un’idea di base davvero stuzzicante nel suo sfacciatissimo pilitically uncorrect, rimane davvero poca cosa di questo Winnie the Pooh: Blood And Honey, all’infuori di alcuni sbavanti assassini seriali agghindati con animaleschi mascheroni di gomma e una pletora di bellezze al bagno destinate a diventare carne da macello a tempo di record, perendo a ritmo industriale nei modi più brutali e creativi. Per il resto l’opera quarta del caro Waterfield sembra avere tutto il sapore, in parte un po’ stantio, di un tipico slahser d’inizio anni Duemila, interessato più che altro a gettare secchiate di emoglobina e fegatelli in faccia al buongustaio spettatore piuttosto che a raccontare realmente una storia. La quale, per giunta, in questo caso non è altro che un paraculissimo pretesto per gettare nel tritacarne del più dissacrante e verace orrore una delle icone più rappresentative dell’immaginario infantile dell’ultimo secolo, proseguendo il già ottimo e traumatico lavoro di titoli come The Banana Splits Movie e MaledictionLa Maledizione di Arthur. Ed è proprio al sordido impianto da folk horror boschivo di quest’ultima fatica del francofono collega Grossman che lo scaltro Waterfield dimostra di volersi rifare, nel frattempo già impegnato a pianificare un non meglio specificato sequel/crossover e, cosa più importante, già intenzionato a macellare altri imperituri mostri sacri come Bambi, Peter Pan e Teletubbies. E ad uno così cosa mai gli si può dire se non: buona fortuna amigo: vaya con Dios!