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The Lair

2022
REGIA:
Neil Marshall
CAST:
Charlotte Kirk (Capt. Kate Sinclair)
Jonathan Howard (Sgt. Tom Hook)
Jamie Bamber (Maggior Roy Finch)

Il nostro giudizio

The Lair è un film del 2022, diretto da Neil Marshall.

Andava dicendo in giro il grande Jean Renoir che il vero Autore, quello con la A maiuscola, è colui che, in barba a tutto e a tutti, non fa altro che fare e rifare sempre e soltanto la medesima opera. Sarà dunque per questo che, nel bene e nel male, ancora oggi continuiamo a considerare il buon Neil Marshall un Autore fatto e finito. Anche (e soprattutto) a fronte di un filmetto tutt’altro che riuscito come The Lair: un genuino, derivativo e traballante horrorino d’azione da annoverarsi certamente fra le opere meno dignitose concepite dall’ex enfant prodige del nuovo cinema di genere di Sua defunta Maestà Elisabetta II d’Inghilterra. Anzi, a ben vedere, forse proprio la pellicola meno dignitosa partorita in vent’anni di onorata carriera, collocata pericolosamente in bilico in quella malfamata zona retrocessione che dalla serie B conduce dritta dritta alla purulenta Z; figlia di quelle ignobili vacche magre che hanno colpito il morale – e soprattutto il portafogli – del nostro ragazzone di Newcastle upon Tyne all’indomani dell’inaspettato e maledetto floppone del personalissimo quanto rischiosissimo reboot di Hellboy. Ma se già con l’interessante trasferta a costo quasi zero nella trucida terra appestata del medievaleggiante The Reckoning il buon Neil aveva dimostrato di saper ben fare di necessità virtù, stavolta il gran furbone ha ben pensato di andare ancor più sul sicuro, prendendo di peso il suo ormai celeberrimo The Descent e trasportandolo, dalle oscure caverne sotterranee dei Monti Appalachi, dritto dritto nelle altrettanto insidiose viscere di un ex bunker sovietico in pieno deserto afghano.

Ed è proprio qui, infatti, che l’inglesissima pilota di caccia Sinclair (Charlotte Kirk) si trova costretta a elemosinare riparo dopo essere stata abbattuta in volo da una pattuglia di cattivoni in turbante e kalashnikov, decisi più che mai ad acciuffarla per poi sacrificarne al misericordioso Allah la bella e bionda testolina. Ma la rocambolesca ritirata nelle misteriose profondità di questa impenetrabile tomba di cemento armato si trasformerà ben presto in una vera e propria Descent all’inferno quando, così come spesso capita nella vita, il proiettile sbagliato contro la teca sbagliata al momento sbagliato finirà per liberare un mostruoso esperimento genetico a dir poco sbagliato, risvegliato nella letale forma vagamente umanoide di un (in)cazzutissimo Venom scappato a gambe levate dai laboratori della Umbrella Corporation di Resident Evil. Starà dunque alla nostra Top Gun dal tostissimo doppio cromosoma XX tentare di salvare baracca e burattini, aiutata nella sua ardua missione da un becero squadrone di reietti Dog Soldiers a stelle e strisce capitananti dall’esaltato e pompatissimo Maggiore Roy Finch (Jamie Bamber); tutti insieme appassionatamente pronti a combattere un fatidico Doomsday il cui esito appare tutt’altro che scontato, così come l’ultimo paio di Sneakers a ridosso delle feste natalizie. Si dice che il paragone sia il veleno dell’anima. Va da sé tuttavia che, in casi come questo, far paragoni è l’unico modo per rendersi conto una volta per tutte di quanto un bislacco e zoppicante prodotto come The Lair, se confrontato con discutibilissimi compagnucci di cinematografiche merende come Alien Lockdown e Death Valley, pur nella sua innegabile natura di modestissimo passo falso possieda oggettivamente un suo improbabile perché.

Se, infatti, le summenzionate trashatine confezionate da Tim Cox e Matthew Ninaber non sono altro che semplici brutti film, l’ultima anarchica fatica dello zio Marshall è sì anch’essa assai bruttina, ma con un suo innegabile stile. Una confezione al risparmio che tanto puzza di cara vecchia Cannon Films, personaggetti da action figure di G.I. Joe con in bocca dialoghi alla Chuck Norris, gustosi effettacci prostetici orgogliosamente anni ’90 e una sceneggiatura a dir poco traballante che non stupirebbe fosse uscita di soppiatto da qualche polveroso cassettone lasciato ad ammuffire negli umidi scantinati dell’Asylum. Il tutto condito con una sana dose di truculenza alquanto chip, testosteroniche battutacce da Metal Gear Solid per PlayStation 1 e una bella iniezione di adrenalina come solo un bel morso di Jason Statham ai fili scoperti di Crank potrebbe e saprebbe dare. Insomma: un gran bel casotto, di quelli che riescono una sola volta nella vita e che, seppur divertenti e certamente gustosi per una scollacciata oretta e mezza, sarebbe forse meglio non ripetere in futuro. Errare è certo umano, pure per uno come Neil Mashall. Ma perseverare, soprattutto quando di mezzo ci sono mostracchioni linguacciuti da secondo prezzo, non è solo diabolico, ma inevitabilmente pericoloso.