Barbie
2023
Barbie è un film del 2023 diretto da Greta Gerwig.
Nell’epoca dei social, dei filtri di Instagram e dei balletti su Tik Tok, quando protagonista indiscussa è la rincorsa verso la perfezione e non sono tollerabili difetti che possano minare la falsa immagine patinata dell’umanità di tronisti e veline su tacchi dodici, irrompe fragorosamente Barbie, diretto da Greta Gerwig, scritto a quattro mani con Noah Baumbach. Barbie si sveglia nel suo letto di paillettes, eterno sorriso smagliante stampato sul volto e pronta ad affrontare l’ennesima giornata perfetta, esattamente come tutte quelle che scandiscono la sua vita dorata a Barbieland. “Ciao Barbie, buongiorno Barbie, come sei cool Barbie”, saluti, ossequi e ammirazione per la bambola impeccabile in ogni suo gesto; venerata da tutti, in un mondo declinato al femminile dove gli uomini, i Ken, rivestono un ruolo di puro contorno, creati soltanto per “accompagnare” le Barbie. Interminabili party, serate tra donne, cerimonie e danze si alternano senza perturbazioni nell’universo solare e colorato di Barbieland, ma cosa succede se Barbie inizia ad avere pensieri di morte, se va in depressione e, soprattutto, se inizia a soffrire di ritenzione idrica? Ansia e pensieri cupi invadono il cielo sereno e spensierato della bambola bionda, l’incanto pink plastic fantastic si infrange e si spalanca l’oscuro abisso della vita reale, quella realtà con cui ogni donna si confronta: l’insicurezza, la sensazione di inadeguatezza, la continua ricerca dell’equilibrio tra famiglia e lavoro e le infinite complicazioni imposte da una società prettamente maschilista. Barbie Stereotipo (Margot Robbie), la versione base buona per ogni stagione, parte verso il mondo vero, alla ricerca della bambina che ha turbato la sua dolce e spensierata dimensione, distruggendo tutte le sue certezze. La rivoluzione a Barbieland è guidata dalla versione più borderline della bambola, Barbie Stramba, interpretata da una punkeggiante Kate McKinnon; è la Barbie dal tragico passato, traumatizzata e sfigurata da sadiche e inutili torture, che non può vivere la normalità delle altre bambole, l’anarchica misantropa che aiuterà Barbie Stereotipo a risolvere la sua crisi esistenziale. In parallelo brancola Ken, un Ryan Gosling biondo platino e in grande forma, che vive in funzione delle (poche) attenzioni di Barbie, asessuato e innamorato, “Se per Barbie è sempre un giorno speciale, per Ken è un giorno speciale solo se Barbie lo guarda”. I Ken sono satelliti che gravitano intorno alle bambole donna, privi di specifiche identità, il povero Ken Spiaggia brama di trascorrere una serata con Barbie ma “every night is a girls night” e, perennemente rifiutato, scivola lentamente in un loop di sconforto eterno: “è il mio destino di vivere e di morire in una vita di fragilità bionda”.
Alla sgargiante ricostruzione di un mondo tanto surreale quanto perfetto, in cui si alternano divertenti coreografie su un tappeto sonoro che vanta la presenza di Dua Lipa, Pink e Tame Impala, si contrappone la grevità e il grigio del mondo reale, dove i dirigenti della Mattel, capitanati da Will Ferrell, omini incravattati e strizzati in bianche camicie inamidate, rincorrono “il furore rosa” tentando di rinchiuderlo in una scatola. Terza regia per Greta Gerwig, dopo Lady Bird e Piccole donne, che realizza un film divisivo, amato e osteggiato con la stessa intensità, capace di riscuotere un enorme successo già nei primi giorni dalla sua uscita nelle sale, segnando, tra l’altro, il record d’incassi come miglior debutto di sempre per un film girato da una donna. Il film di Barbie non è un’opera piatta o un semplice “giocattolo per bambine di oggi e di ieri” e certamente non si limita a espandere la visione parodistica della Barbie girl cantata dagli Aqua qualche anno fa. Il viaggio di Barbie verso il Mondo Reale è metafora del percorso femminile che conduce verso l’età adulta, irto e scosceso; gioie e dolori, dubbi, delusioni e insicurezze che inevitabilmente si affollano dopo la caduta del “Velo di Maya” della fanciullezza. L’opera della Gerwig, dietro la glassa rosa e i lustrini fluorescenti, è in realtà un racconto stratificato, per nulla banale. L’operazione intrapresa dalla regista e dal compagno cosceneggiatore Noah Baumback non era sicuramente facile; trasformare la bambola più famosa al mondo in una “donna” con la D maiuscola, capace di affrontare il mondo e mutarsi in “qualcosa di concreto” per non restare solo “un’idea”, come Barbie, una bravissima e meravigliosa Margot Robbie, dichiara alla sua creatrice Ruth Handler (Rhea Perlman). Barbie Stereotipo, fuori dal suo universo rosa shocking viene definita “fascista” da un gruppo di adolescenti, palpeggiata e apostrofata con rozze volgarità non appena giunta a Venice Beach. È vista come l’origine del “male” per molte donne, colei che ha trasformato il femminile in “oggetto”, ma Barbie non è “il male”, è una rivoluzione in tutti i suoi aspetti e il suo arrivo sul mercato è stato destabilizzante. Le bambine che giocavano (imparavano) a interpretare i ruoli della casalinga e della tenera mammina che accudisce bimbi/bambolotti finalmente iniziarono a confrontarsi con l’ipotesi di “poter essere sempre ciò che si vuole essere”; non a caso l’incipit del film della Gerwig è un divertente ma significativo omaggio al kubrickiano 2001 Odissea nello spazio.
Barbie è un film sovversivo e una commedia surreale, che nasce da una stratificazione di linguaggi diversi in perfetto equilibrio tra loro; si ride, e anche molto, con le trovate macchiettistiche della regista e di Baumbach, ma i toni comici sono ben mescolati e diluiti in un lisergico viaggio di formazione, dipinto con vigorose pennellate di vernice rosa fluo. È la storia di una bambola-bambina che affronta la difficoltà dell’essere donna, ma condita con ironia, leggerezza e brio, quella “dissonanza cognitiva dell’essere donne” che è ciò che le definisce e contraddistingue (“Questo pensiero l’ho avuto io!”, esclama sorpresa Barbie). Tanti i temi affrontati legati all’universo femminile: la ricerca della perfezione come necessità per una vita soddisfacente, la creazione di un’identità personale, indipendente dal contesto sociale e dai legami affettivi, la ricerca dell’accettazione per ciò che si è, difetti e limiti compresi. La critica sociale portata avanti dal duo Gerwig/Baumbach è un messaggio forte e chiaro sulla parità e diversità dei sessi, emotiva e umana; la presa di coscienza di Barbie si accompagna a quella di Ken, cui tocca l’ingrato ruolo di “numero 2” nel mondo capovolto di Barbieland. Barbie è un blockbuster da vedere in sala ma che dovrebbe essere proiettato nelle scuole, è un film trasversale per un pubblico eterogeneo, un’opera pop effervescente e un omaggio al cinema, coraggiosa, divertente, profonda e soprattutto esplosiva.