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Il migliore dei mondi

2023
REGIA:
Danilo Carlani, Alessio Dogana, Maccio Capatonda
CAST:
Maccio Capatonda (Ennio Storto)
Martina Gatti (Viola Rossi)
Tomas Arana (Steve Jobs)

Il nostro giudizio

Il migliore dei mondi è un film del 2023, diretto da Danilo Carlani, Alessio Dogana e Maccio Capatonda

Nel panorama mainstream italiano, non esistono scorciatoie ma solo strade già battute e asfaltate. Lo sa bene anche quello strano capocomico che all’anagrafe fa Marcello Macchia, ma che il pubblico ha imparato ad amare negli ultimi tre lustri con il nome di Maccio Capatonda. Come molti altri prima di lui, il creatore dei famosi trailer di Mai dire… proviene da un background culturale che poco ha a che vedere con la televisione e il cinema generalisti. A fare la differenza negli anni è stata la capacità di mettere la sua vena creativa al servizio di una comicità scanzonata e immediata, tanto da diventare cult per una generazione. Il tempo e la volontà dello stesso Capatonda hanno però appannato e smorzato i registri de La febbra o di Italiano medio, punto di partenza, quest’ultimo, di una carriera cinematografica che ha dovuto ben presto fare i conti con l’inapplicabilità di certi stili sul grande schermo. È per questo che, archiviata l’age d’or e salutati i vari Herbert Ballerina e soci, il Maccio del 2023 si ritrova in una condizione di autore in cerca di nuovi personaggi e nuove storie assurde da raccontare.

Il migliore dei mondi, da questo punto di vista, rappresenta un tentativo di coniugare l’insopprimibile, ossia la fisicità grottesca e incantata del nostro, con la necessità di apparire più complesso e meno caciarone. Va detto che la parabola di Ennio Storto, malato di elettronica e tecnologia che si ritrova misteriosamente catapultato in un presente alternativo dove la rivoluzione digitale non ha avuto luogo, non può non risultare accattivante da diversi punti di vista. Per carità, niente di davvero innovativo, saturi come siamo da racconti di viaggi nel tempo, loop quantistici e multiversi, ma comunque in scia di una wave che, in Italia, ci trova sempre in ritardo se non completamente assenti. Assistito alla regia da Danilo Carlani e Alessio Dogana, già suoi collaboratori, Maccio ha così modo di concentrarsi su una performance attoriale più pulita e spontanea, trovando poi ottime spalle nel navigatissimo Pietro Sermonti (a man bassa il personaggio più divertente del film con la sua “disgestìa”) e nel nuovo volto Martina Gatti. Si registra anche la presenza, nel finale, di Tomas Arana, indimenticato interprete nei soaviani La Chiesa e La Setta. Ennio Storto, ennesimo fantoccio confuso e spaesato partorito dalla mente di Capatonda, diverte in quanto incapace ed imbelle: le risate più genuine arrivano proprio dal suo non riuscire ad adattarsi ad un mondo che non può pensare e agire per lui. Tipo quando, senza poter fare affidamento su un navigatore satellitare, finisce per ritrovarsi davanti ad una spiaggia.

Questa ed altre gag, nella loro naturale tendenza all’iperbole, sono la dimostrazione di un talento e di una comicità che a volte sembrano appartenere a ben altri tempi, se non fosse per qualche strizzata d’occhio a un pubblico che potremmo definire più cinepanettonaro. Diciamo che Il migliore dei mondi è il compendio ideale della doppia natura di Maccio Capatonda come interprete e autore. Purtroppo ciò comporta anche e ancora il fatto che il film rimanga a metà del guado. Perché pure stavolta il meglio viene espresso nell’idea di partenza, mentre lo sviluppo risulta raffazzonato e poco incisivo, tra la love story e alcune riflessioni sullo ieri e sull’oggi che rimangono lì, aggiungendo poco. La “sindrome trailerica” (nome fittizio di disordine non certo geniale quanto l’essere “disgestici”, va ammesso) ha colpito ancora. E a questo punto si può iniziare a pensare che sia irreversibile.