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Lagune

Autore:
Cristophe Dabitch e Piero Macola
Editore:
Edizioni Coconino

Il nostro giudizio

In un futuro non troppo lontano, le frontiere italiane sono chiuse. La Laguna di Venezia è sbarrata dalle dighe che la separano dal mare trasformandola in una realtà che vive nell’isolamento umano e politico, un’economia chiusa in cui gli esseri umani continuano a fare ciò che sono costretti a fare da sempre: sopravvivere. Paolo, ultimo di una famiglia di pescatori da generazioni, conosce la Laguna come le sue tasche e ci si sa muovere senza cadere nelle numerose trappole naturali che essa nasconde. Ma la natura non è l’unica a riservare insidie, specie da quando il padre di Paolo sparisce e comincia una ricerca disperata fra organizzazioni criminali senza scrupoli, disperati che cercano solo un modo per svoltare e un traffico di esseri umani che sfrutta una frontiera chiusa solo per chi non conosce la Laguna, le sue possibilità e le sue insidie.

Lagune, di Christophe Dabitch e Piero Macola, è una distopia ambientata letteralmente due minuti nel futuro scritta non a caso da un reporter, Dabitch, che si dedica allo studio dei flussi migratori e delle dinamiche a essi connesse. Un lavoro realizzato con cognizione di causa che, a partire da fatti contestuali, fa un lavoro di worldbuilding credibile e puntuale in cui generazioni di esseri umani di diversa provenienza si muovono accomunati da un impulso istintivo e trasversale di sopravvivenza che ci accomuna e ci guida nei nostri commerci quotidiani. Perché è di questo che sopra ogni altra cosa si racconta, in Lagune. Commercio. Di lavoro, di merce o di esseri umani poco importa, l’importante è vendere e comprare, ognuno quel che può, ognuno come può, per vedere un altro giorno. Il resto è orpello, etica e pietà umana sono un lusso per chi se lo può permettere, gli altri devono campare costi quel che costi, mettendo da parte la propria coscienza e compiendo scelte di cui non si andrebbe orgogliosi, se ci si potesse permettere un orgoglio. Predatori e prede, sfruttatori e sfruttati sono la fauna che lotta ogni giorno sullo sfondo di una Laguna grigia e stagnante, separata da quel mare che è la sua linfa vitale da dighe vecchie e incrostate, in cui gli anziani rappresentano una generazione conscia di aver fatto il proprio tempo e a cui non resta che andare a morire un poco alla volta come elefanti nel proprio cimitero. Lagune racconta una storia triste e spartana che prende le mosse dalla realtà che abbiamo intorno tutti i giorni, e lo fa senza compiacimento e melodrammi ma con la lucidità fredda di chi conosce l’argomento in particolare e l’uomo in generale, con la sua voglia di adattarsi e vivere in un modo o nell’altro.

Le tavole di Macola lavorano in sinergia con i testi di Dabitch, realizzando un’ambientazione che a livello visuale ricorda i lavori migliori di Gipi e di Emanuele Fior declinandoli secondo le esigenze di una distopia a bassa intensità, priva di clamori in cui i toni plumbei rappresentano una realtà quotidiana che è anche uno stato mentale, quello smorto e nebbioso di un ecosistema che muore tagliato fuori da quel mare che, a livello fisico ma anche metaforico, impedisce al decadimento e alla putrefazione di accumularsi fino a soffocare tutto.