Intervista a Caterina Bonomelli
La fumettista autrice dell'urban fantasy Sottopelle si racconta
Sottopelle, pubblicato da Edizioni BD, è un urban fantasy fresco e moderno creato da un’autrice, Caterina Bonomelli, che prima ancora di essere una fumettista è una lettrice appassionata e curiosa, con uno sguardo ampio sulla scena internazionale che la porta a captare e a mescolare le suggestioni più diverse per dar vita a un prodotto eclettico e contemporaneo ma, soprattutto, godibile ed estremamente divertente. Nocturno l’ha intervistata in occasione di Lucca Comics and Games.
Caterina, ti chiedo innanzitutto di presentare te stessa e la tua opera ai lettori
Sono Caterina, ho scritto e disegnato Sottopelle, un fumetto che nasce webcomic su TacoToon per poi venire trasposto su cartaceo da Edizioni BD. Si tratta di un urban fantasy a tinte horror con una punta di romance, che aspira a essere contemporaneo e soprattutto cinematografico: mentre ci lavoravo mi sono sparata una moltitudine di film che nell’opera sono filtrati, e naturalmente non mancano le influenze manga. La trama è semplice: la protagonista è un’influencer accusata dell’omicidio del suo ex moroso e pertanto trasferita su un’isola gestita da suo fratello e abitata da creature magiche problematiche su cui lei stessa è cresciuta. Da qui, naturalmente, succedono le cose interessanti.
Ci hai dato già qualche assaggio di quelle che sono le tue influenze estetiche. Entriamo più nel dettaglio…
Cinema, fumetti, musica e tanti web comics. Io sono partita con i manga, uno su tutti Vampire Night, poi ho iniziato con i web comics e non mi sono più fermata. Sono i riempitivi del mio tempo, ne leggo un’infinità da molto prima che arrivassero in Italia. I primi li ho letti su un’app coreana, da noi sono arrivati negli ultimi anni. Inizialmente si sono fatti tentativi più simili a delle scan di tavole impaginate tradizionalmente che veri e propri web comics. Una realtà che lavorava in questo modo è MammAiuto.
Qual è la differenza fra i due modi di fare fumetto?
Su carta è il movimento della pagina a dettare il ritmo, sul web è lo scorrimento, lo scroll, un movimento dinamico che ti permette di giocartela con effetti visivi che sul cartaceo non funzionano. Io per esempio in alcune vignette volevo rendere il sangue che cola dal bordo e sporca tutta la pagina. Scorrendo si vede il sangue scorrere ed è molto cinematografico. Anche le onomatopee si sviluppano in verticale, seguono la lettura dello scroll che è più veloce, dinamico e ha una serialità spesso rapida, stretta, a volte settimanale a volte mensile, è un modo di fidelizzare il lettore che a me piace tantissimo.
Hai parlato dell’influenza dei manga sul tuo lavoro, ma sappiamo che i fumetti giapponesi stanno diventando un fenomeno anche nella nostra cultura. A tuo avviso si tratta di un rapporto di sudditanza o paritario?
Se parliamo di vendite è certamente sudditanza, il manga è un mercato molto più competitivo. Le nuove generazioni lo amano e non c’è più lo stigma di un tempo. Quando facevo la Scuola Comics se disegnavi manga non andava bene, cercavano in tutti i modi di portarti verso il fumetto francese o americano, se facevi manga non avresti venduto e non avresti di conseguenza lavorato. Certo, il sogno di lavorare in Giappone è ancora lontano in quanto le loro tempistiche per noi sono insostenibili, ma da noi oggi il manga ha senza dubbio il suo mercato, tantissimi artisti oggi fanno manga europeo, in Francia è nato l’Euromanga. Mi vengono in mente Tony Valente ma anche Last Man, di Bastien Vivès. In Italia oggi vediamo una forte crescita di artisti che fanno manga mutuandone le tecniche, come per esempio i retini. Il mio è uno stile più ibrido che varia dal realistico al manga. Un’altra pratica che prende tanto dal fumetto giapponese è il soffermarsi sulle espressioni facciali dei personaggi per raccontarne le emozioni. Le nuove generazioni sono venute su a manga, questo è innegabile, io stessa ne leggevo tantissimi, leggevo anche qualche Dylan Dog ma non c’è paragone.
Quali sono i contributi che, al contrario, il fumetto occidentale può portare a un’estetica fortemente ispirata al manga?
Mi vien da dire il colore. Anche in Giappone lo stanno sperimentando. Anche la gestione dei neri in occidente è diversa. In Giappone usano i retini mentre noi utilizziamo un’inchiostrazione che si avvicina di più al fumetto americano. Per me non è stato semplice imparare questo modo di inchiostrare per poi far subentrare il colore.
Le tue personali influenze quali sono? Quali autori ti hanno formato come artista, sia a livello di sceneggiatura sia a livello di disegno?
All’inizio mi sono innamorata delle Witch, poi di Sailor Moon. Ho visto moltissimi anime degli anni ’90 che visivamente adoro tuttora, poi ho letto moltissimi shojo che a dire il vero sono un po’ invecchiati, Evangelion, Full Metal Alchemist, Death Note, sto amando Chainsaw Man. Ho letto davvero la qualunque ma a segnarmi più di tutto è stato Vampire Night che non consiglio, è aberrante ma mi ha segnata. Sono cresciuta con quegli urban fantasy a basso costo come Buffy che ha dato il via a una serie di imitazioni terribili che ho amato molto. Twilight e le Witch erano Urban Fantasy, anche se a me piace definirli sottomarca dell’horror, Twilight nel suo contesto di trash tremendo ha delle parti estremamente gore.
Le Witch e le Winx, come i Beatles e gli Stones.
Due grandi classici. Le Witch erano forti in edicola ma mi sono spaccata anche di Winx, davvero non si può scegliere, per non parlare delle imitazioni che hanno provato ad accodarsi. Io passavo le estati in montagna e lì potevo leggere i fumetti e i libri che riuscivo a trovare: Stephen King, le Witch e qualche manga a caso, numeri presi così senza senso.
Parlando di edicole che hanno contribuito a formare molti di noi, che impatto sta avendo la morte graduale delle edicole sul mercato del fumetto?
Tremendo. Erano un canale di congiunzione con le generazioni più giovani. Andavi a prendere il pupazzino e trovavi il fumetto. Non mi piace dire che stanno morendo ma è vero, oggi avere un’edicola è insostenibile, non puoi essere competitivo, i fumetti sono passati alle librerie dove stanno prendendo sempre più posto. Sta diventando difficile per le fumetterie, figuriamoci per le edicole. Il fumetto seriale italiano tuttavia non muore, Samuel Stern sta andando bene per esempio, mantengono i loro lettori. Chissà quanto ancora vivranno i lettori di Tex, anche se la Bonelli lo sa e sta cercando di svecchiarsi, vedi progetti come Simulacri e la Baraldi curatrice di Dylan Dog, lei è una grande donna e ha scritto tanti urban fantasy.
C’è un dibattito sull’utilizzo delle Intelligenze Artificiali che chiama in causa i fumettisti. Qual è la tua posizione?
L’IA è uno strumento usato in modo illegale, che ruba il materiale senza avere il copyright. Questo è inconcepibile e avvilente, con episodi tristi come Secret Invasion, la serie Marvel che ha la sigla fatta palesemente con l’IA. Ci vorrebbe una regolamentazione ma quando i nuovi strumenti arrivano sono più veloci della legge che li dovrebbe gestire. L’IA è diventata commerciale prima che se ne potesse analizzare l’impatto e un illustratore che di illustrazioni vive si ritrova committenti che provano a usare l’IA e li contattano solo quando non ci riescono. Io perdono l’ignoranza e capisco chi non sapendo cosa c’è dietro prova a risparmiare tempo e soldi che sono pochi. Più che condannare bisognerebbe parlare di rendere funzionale, per esempio vorrei un’IA costruita sul mio stile che solo io, o persone autorizzate, possiamo usare. Le fiere del fumetto sono piene di baracchini che vendono illustrazioni fatte con l’IA, piene di difetti che vedi se sai cosa guardare ma la gente non lo sa e le compra lo stesso. L’AIFU lotta per i nostri diritti, è il nostro sindacato, hanno aperto un dibattito con tanto di avvocati per limitare i danni ma la situazione secondo me è ormai fuori controllo. Ci vogliono regole che nessuno ha ancora deciso.