Kinds of Kindness. Dentro il Perturbante
Una riflessione sul nuovo film di Yorgos Lanthimos
Con la sua ultima opera Yorgos Lanthimos mette in scena la categoria del Perturbante (nell’accezione freudiana di Unheimlich, ovvero ciò che non è familiare), in forme e declinazioni diverse, mettendo in fila tre episodi che scioccano e spiazzano, in gradazioni sempre maggiori. Portare lo spettatore fuori dalla sua comfort zone e metterlo a disagio sembra l’obiettivo principale del regista di Dogtooth e Povere creature! che, con questo film, grazie anche alla collaborazione con lo sceneggiatore Efthymis Filippou, riprende stile e ossessioni della prima parte della sua filmografia.
Lanthimos compie questa operazione utilizzando un linguaggio audiovisivo raffinato: forme e corpi composti (nonché scomposti) all’interno dell’inquadratura come opere a sé stanti, happening della crudeltà che non sarebbero dispiaciuti ad Antonin Artaud. I tre temi affrontati nei tre racconti vengono eviscerati con gelida scrittura: una visione estremizzata dei rapporti di lavoro che diventano sopraffazione invasiva della vita privata nonché cieca sottomissione; l’annullamento di sé per amore connesso alla paranoia che contagia l’ambiente circostante; il mondo delle sette e delle coscienze plagiate. Ma queste storie, manco a dirlo, non trovano catarsi, bensì vengono portate all’estremo, per poi essere ribaltate in tre bruschi finali che rimettono beffardamente tutto in discussione.
E il trailer, volutamente accattivante e fuorviante, con il balletto di Emma Stone divenuto instant-cult, fa parte del gioco: è come una trappola per attrarre gli entusiasti dell’ultima ora che, abbagliati dalla confezione di Povere creature!, magari non conoscono le radici più oscure e gelide della cinematografia del regista greco.
Kinds of Kindness è al servizio di un’idea di cinema che non concede nulla allo spettatore, in cui o ci si immerge con un tuffo nell’abisso, oppure si rigetta, magari concedendo qualcosa al primo episodio. Prendere o lasciare.