Limonov
2024
Limonov è un film del 2024, diretto da Kirill Serebrennikov.
“Hey, Babe, take a walk on the wild side. I said, Hey, Babe, take a walk on the wild side…” le parole della famosissima Walk on the Wild Side di Lou Reed calzano a pennello per questa trasposizione della biografia romanzata di Limonov, scritta da Emmanuel Carrère nel 2011. Non a caso, Lou e i suoi Velvet Underground fanno capolino numerose volte nella splendida soundtrack del film, diretto dal regista russo Kirill Serebrennikov (La moglie di Tchaikovsky, 2022). Bad boy in Ucraina, idolo dell’underground sovietico, scrittore maledetto a Parigi, barbone, amante insaziabile, rivoluzionario, domestico a Manhattan. Ėduard Veniaminovič Savenko è stato tutto questo e molto altro, o forse nulla di tutto ciò. Forse solo un personaggio, un idolo di carta e sangue, un autore maledetto di samizdat che nessuno ha mai letto. Probabilmente è questo che Serebrennikov, regista teatrale e cinematografico, ha pensato di restituire nel suo personale tributo a una figura emblematica, sempre ai margini, che, così come nel libro, cammina sul filo spinato tra vita e morte, eccessi e rinascita.
Serebrennikov sceglie la via più pop per raccontare una figura contraddittoria, stonata come un album dei Sex Pistols e poetica come una poesia di Rimbaud. “Il suo Limonov” è un ritratto, un momento reimmaginato delle tante vite dell’antieroe russo, delle sue idee – spesso folli – e della sua Russia, che non è la Russia di oggi, quella che combatte contro l’Ucraina. Questo Limonov è davvero una ballata in divenire, un crescendo che si fa via via sempre più forte, a tratti persino assordante. “Chi non si costruisce un personaggio? Quale semplicità è veramente semplice?” Insomma, proprio come il suo protagonista – impersonato in modo impeccabile, con charme da rockstar consumata da Ben Whishaw – Limonov non si presta bene ad etichette facili. Non è nemmeno un biopic così come lo intendiamo da qualche anno a questa parte, ma finisce per esserlo al cento per cento. Limonov un bastardo punk e un intellettuale fuori di testa, Limonov che si fa scopare sui tetti da un nero, e sullo sfondo la caduta del muro di Berlino, la perestroika, la nascita del partito nazionalbolscevico.
Frammenti di storia come i vetri rotti su cui Eddie cammina. Qualcuno ha scritto che questo è il Limonov di Carrère, abbellito poi da Serebrennikov, ma chi può dire esattamente cosa sia vero e cosa sia falso di un mito? Lo stesso Limonov non ha mai letto il libro di Carrère, prima di morire nel 2020 in piena pandemia, o almeno così amava ripetere. Quella di Ėduard Limonov è una vita difficile da raccontare, ma che Kirill Serebrennikov tenta di scomporre e riordinare come un puzzle, attraverso siparietti musicali e visionari di forte impatto (a Cannes il film rimbombava in sala come un concerto rock, una vera bomba): una vita assordante nelle sue intricate verità e contraddizioni, ma che porta con sé la carica eversiva di un tempo che non c’è più, che nessuno ha più voglia di raccontare. Chi se ne frega se non è Limonov.