Sex & Fury
Bonten Taro è un’icona della cultura pop giapponese, semisconosciuta nel nostro paese, la cui vita da sola, prima ancora delle opere, vale il tempo e le parole che a essa saranno dedicate. L’autore si descrive come un artista errante con gli aghi per il tatuaggio in una mano e la chitarra nell’altra, un ritratto romantico che nemmeno finisce di abbracciarne la poliedricità. Sopravvissuto alla guerra dopo aver visto i propri compagni morire giovani nell’aviazione, Bonten Taro è stato tatuatore sia con gli strumenti tradizionali giapponesi che con la macchinetta, mangaka, cantante enka, un genere musicale popolare in Giappone, scrittore, stilista (in una foto si vede Muhammad Alì indossare una vestaglia da lui disegnata) e girovago con contatti nella malavita. Un personaggio che non solo ha vissuto abbracciando l’arte in molteplici delle sue forme di espressione ma lo ha fatto, almeno per quanto riguarda il manga, con la forza di uno stile incisivo e potente.
Sex & Fury, edito da J-Pop, raccoglie alcuni dei suoi racconti noir e horror scritti tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70 su diverse riviste. Il volume è impreziosito da diversi testi non secondari vista la sua natura di recupero storico: un testo in cui lo stesso Bonten Taro riflette sulla sua arte di tatuatore, un intervento di Jacopo C. Buranelli che è andato sul campo alla ricerca di notizie sull’autore e un intervento dello storico della cultura giapponese anni ’60 e ’70 Takeo Udagawa. Al di là degli interessanti contenuti extra, ciò che il volume offre al lettore è una serie di storie brevi ruvide e fulminanti in cui Bonten Taro non si perde in convenevoli e arriva dritto al punto facendo esplodere la violenza con rapidità e naturalezza senza curarsi eccessivamente della fase di costruzione della tensione, il che in altri contesti potrebbe esser visto come un difetto ma qui l’autore costruisce tutta una poetica intorno alla ferocia e alla brutalità dell’essere umano spogliato delle sue sovrastrutture e portato a regredire ai suoi istinti più basilari. Sesso e morte, accoppiamento e predazione vengono messi in scena nella maniera più diretta possibile, senza mettere in risalto il giudizio, come fatti naturali della vita e senza compiacimento: il gore a tratti c’è ma l’autore su di esso non indugia, lo inserisce come ingrediente di un impasto narrativo tutto sommato equilibrato ma senza farne l’elemento principe né un’attrazione morbosa.
Il tratto è nervoso, graffiato e non sempre aggraziato, i corpi delle donne sono formosi, con gambe lunghe, fianchi larghi e seni prosperosi ed esageratamente tondi che a volte sembrano faticare a trovare spazio su anatomie flessuose nonostante l’abbondanza. In alcune illustrazioni sembra poi di sentire una certa influenza del fumetto occidentale di quegli anni, soprattutto nella resa dei capelli e nella forma degli occhi, e più in generale si respira un’aria di anarchia spregiudicata e violenta resa con un’immediatezza espressiva che fa dell’assenza di filtri e sofisticazioni la propria forza. Sex & Fury è un fumetto indubbiamente figlio del proprio tempo e della temperie culturale dell’epoca ma non per questo datato. Una lezione di ciò che si può imparare dalla Storia.