Oltre la follia
Oltre la follia è il titolo di un volume che Shatter edizioni ha pubblicato gli scorsi mesi. A non conoscerne tema e contenuti, l’“oltre” verrebbe da interpretarlo con valore spaziale e proprio: al di là della follia, come promessa di qualcosa che travalica il concetto espresso dal sostantivo. C’è la follia e c’è, procedendo “oltre”, un certo altro territorio, evidentemente ancor più ominoso, caotico ed eccentrico. Poi, però, addentrandosi nello scritto, emerge e si comprende che la preposizione cela, piuttosto e meglio, un significato aggiuntivo, metaforico. Oltre le gambe c’è di più, recitava una canzonetta di qualche anno fa. Ecco: in aggiunta alla follia, nelle pagine in questione esiste “qualcosa di più”. Il “much more” è il complesso della vita, fatti, pensieri, opere e azioni, di Lugi Zanuso, meglio noto come Luigi Atomico, Dario Lussuria o Rodolfo Babilonia, regista di film che in altre epoche si sarebbero detti “sperimentali”, elusivi di una etichetta specifica, ma che per comodità e necessità “di catalogo” passano sotto il nome di “porno”. Oltre la follia contiene l’autobiografia di Zanuso, da lui medesimo stilata con la collaborazione di Nico Parente, ed è lettura stimolante per entrare “nelle pieghe della carne” del protagonista. “Carne” & sangue, a voler usare un’altra immagine, traslata dal linguaggio mistico, poiché per Zanuso l’una cosa e l’altra, la carne e il sangue, ovvero lo spirito, si accorpano senza soluzione di continuità.
Ai casi avventurosi, rocamboleschi e non di rado drammatici che segnarono l’esistenza dell’oggi ultraottantenne Luigi, bimbo, adolescente e quindi uomo fatto tra il turbine della Seconda grande guerra e di quanto ne seguì, Oltre la follia aggancia l’altrettanto denso concatenarsi di eventi che, a sessant’anni, lo spinsero ad impugnare una videocamera e a cominciare a girare film. I suoi film, pensati e confezionati in maniera totalmente autarchica, senza alcun’altra guida o maestro che non fosse il proprio estro. La filosofia penetra e in qualche modo feconda l’illustrazione di atti sessuali espliciti, cosicché i pensieri di Diogene di Sinope introducono ai più vari e liberi intrecci della carne, nell’opera filmica che ha dato il titolo alla sua autobiografia e in cui Zanuso stesso interviene e recita rivestendosi di un bianco panno e reggendo la lanterna con la quale il Cinico andava dicendo di cercare “l’Uomo”. “Surreale” è l’aggettivo che più spesso ricorre e che l’autore stesso utilizza per esprimere gli elementi spiazzanti di una messinscena in cui il libero, panico esercizio della sessualità si innesta nella natura, che la determina, sotto lo sguardo di presenze feticcio, oggetti inanimati (ricorsivi sono i celeberrimi manichini) che rimandano a un muto, costante interrogativo, circa la vera e profonda essenza dell’Uomo, oltre l’ipocrisia della Maschera. Sono stati spesi i nomi di Pasolini e di Alberto Cavallone come possibili equivalenti: e l’accostamento è accettabile – pensiamo – nella tensione ad un’espressione cinematografica pura, diretta, senza compromessi. E per ciò stesso “estrema”.
Prodiga di aneddoti, raccontati con schietto e sapido colore vicentino, l’autobiografia di Zanuso si allunga fino alla più recente fase dell’opera sua, dove la necessità di battere le strade della filosofia antica, sempre nei panni dell’amato Diogene, lo ha condotto – abbandonata la carne e le sue pompe – a filmarsi dentro una botte per sondare i misteri primi e ultimi del Tutto. Nelle sue realizzazioni, come nelle sue parole, nulla, tuttavia, si dà come pesante, intellettualistico o velleitario e Zanuso ha il grande pregio di porsi come totalmente sincero, per nulla “sovrastrutturato”, e, anzi, persino candido nella schiettezza del proprio pensiero. Nella tradizione resterà Luigi Atomico, certo, artefice di porno fuori da ogni regola, composti a tablaux paratattici, schizofrenici, capaci di elevare la sparutezza e lo squallore a estetica e a virtù. Ma, appunto, oltre la follia, questa autobiografia testimonia che c’è di più. Molto di più…