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Miss Fallaci

2024
REGIA:
Luca Ribuoli, Giacomo Martelli, Alessandra Gonnella
CAST:
Miriam Leone (Oriana Fallaci)
Jóhannes Haukur Jóhannesson (Orson Welles)
Maurizio Lastrico (Alfredo Pieroni)

Il nostro giudizio

Miss Fallaci è una serie tv del 2024, creata da Alessandra Gonnella e Diego Loreggian.

A tradirmi (ma non del tutto) è stato il trailer, aperitivo fondamentale per ogni film, in questo caso un trailer orribile. Sono inoltre stato assalito da una certa forma di snobismo cinefilo che da tempo mi porta a una indifferibile repulsione (il più delle volte ampiamente giustificata) nei confronti delle fiction nostrane, condannando dunque, con una certa presunzione aprioristica, il biopic Miss Fallaci (Roma Film Festival ha concesso comunque la visione solo della prime due puntate, poi si vedrà…gli altri affronteranno la sua relazione col giornalista Alfredo Pieroni e dell’aborto della giornalista raccontato in Lettera a un bambino mai nato). Va aggiunto un certo referenziale rispetto professionale nei confronti di Oriana Fallaci, la grande giornalista cui è dedicato questo tv-movie prodotto da Santo Versace e Gianluca Curti e sceneggiato dalla ex giornalista del programma Annozero di Michele Santoro, Viola Rispoli, e dell’anglosassone Tom Grieves, già autore de The Royal su vicende della famiglia reale britannica e diretto da i registi, Luca Ribuoli, Giacomo Martelli e Alessandra Gonnella («È stata una follia produttiva», hanno dichiarato). La mia diffidenza cresceva ancor più per la scelta dell’attrice che interpreta la Fallaci, ovvero Miriam Leone, il cui physique m’era parso assolutamente non du rôle. Il viso quasi sofferente e nervoso della Fallaci nulla ha a che fare con il faccino carino della bella Leone. Più fisicamente congeniale era stata Maria Rosaria Omaggio (scomparsa quest’anno) quando, nel 2015, lei sì somigliantissima alla Fallaci, recitò i suoi scritti su un asettico palcoscenico ne Le parole di Oriana.

Ma cos’è allora che ha mutato le mie idee preconcette? Il fatto che quanto viene trasmesso allo spettatore della fiction è puntualmente estratto dai testi della stessa Fallaci riportati nell’imperdibile I sette peccati di Hollywood (’58). La catanese Miriam Leone, comunque, ce la mette tutta a regalarsi cadenze toscane (la Fallaci è fiorentina), anche se talvolta se lo dimentica. La fiction si apre con una Oriana in carriera che aveva già intervistato il generale Giap, Golda Meir, Gandhi, Arafat, e viene ricevuta nel ’72 alla Casa Bianca da un dubbioso quanto affascinato Henry Kissinger. Poi, con subitanea analessi, la scena si sposta nella Milano del ’56, redazione de L’Europeo, il settimanale fondato da Gianni Mazzocchi e Arrigo Benedetti e allora diretto da Michele Serra (omonimo del Michele Serra attuale, quello de la Repubblica…) che nella fiction si chiama, chissà perché, come l’eroe della prima guerra mondiale Attilio Battistini. Oriana lavora lì già da cinque anni, alla redazione spettacoli, ma è insoddisfatta: litiga con gli altri redattori, si incazza, vuole passare alla politica e intervistare Togliatti. Qui ovviamente entra in ballo anche il suo essere donna e, per di più, donna che non le manda a dire. Fatto sta che rompe così tanto le scatole da far accettare al direttore una scommessa: se mi manda a New York (allora i giornalisti davano del lei ai direttori e anche ai colleghi di maggior grado) in sei giorni intervisterò Marylin Monroe, se non ci riesco per due anni continuerò a lavorare agli spettacoli. Inizia così l’avventura newyorkese della Fallaci che, fra mille disavventure, riesce, pur non avendo trovato Marylin, a realizzare un solido reportage su ciò che non ha ottenuto. Ed è così brava e pervicace che riuscirà presto a divenire la corrispondente da Hollywood con il compito di intervistare i divi. Spalleggiata da un’amica riccona che le fa anche da interprete, porterà a termine i magnifici resoconti nel citato I sette peccati di Hollywood: dall’imboscata alla festa di Joseph Cotten al suo amichevole incontro con Orson Welles (che definisce i suoi colleghi «una baracca di eroi senz’anima») ai racconti sul mondo dei ricatti nei confronti di divi gay come Rock Hudson, pianificati da Bob Harris direttore della temuta rivista Confidential (nella fiction Hollywood Confidential).

Qui si ferma la seconda puntata, vedremo nel prosieguo. Peccato che alcuni attori (Leone compresa, ogni tanto, che, tutto sommato, però, è la più brava), per dirla con Giuseppe Battiston nella sua nota gag di Victor Vittoria, spesso recitino «come termosifoni sfiatati», fatto al quale siamo ormai abituati da anni nelle produzioni italiane e che ci impediscono spesso di capire cosa dicono gli attori anche se piazzi il volume al massimo o piazzi l’orecchio a contatto con l’altoparlante della tv. Insomma, a parte queste cantonate attoriali e alcune scene un po’ kitsch come quella della Fallaci che si getta in piscina al party di Joseph Cotten, queste due prime puntate appaiono passabili, soprattutto se consideriamo la media degli inguardabili biopic nostrani. Forse, conoscendone il carattere incazzoso, la fiction non sarebbe piaciuta alla Fallaci. Pazienza: ne ha passate di peggio, se pensiamo alle squallide e incivili imitazioni (Oriana col casco militare per via del suo libro La rabbia e l’orgoglio accusato di razzismo contro gli islamici e per le dichiarazioni sul suo tumore) della altrimenti brava Sabina Guzzanti. Allora già malata, morirà il 15 settembre del 2006 dopo aver dato lustro al giornalismo italiano, quello vero, e dopo aver risposto così alla Guzzanti: «Giovanotta, essendo una persona civile io le auguro che il cancro non le venga mai. Così non ha bisogno di quell’esperienza per capire che sul cancro non si può scherzare. Quanto alla guerra che lei ha visto soltanto al cinematografo, per odiarla non ho certo bisogno del suo presunto pacifismo. Infatti la conosco fin da ragazzina quando insieme ai miei genitori combattevo per dare a lei e ai suoi compari la libertà di cui vi approfittate».