The Return
2024
The Return è un film del 2024 diretto da Uberto Pasolini.
È stato presentato alla festa del Cinema di Roma 2024 The Return, di Uberto Pasolini, con protagonisti Ralph Fiennes e Juliette Binoche, storica coppia de Il paziente inglese, che apportano grazia e gravità alla vecchia storia narrata nell’ Odissea di Omero attraverso una interpretazione che è allo stesso tempo viscerale e contemplativa. Un primo adattamento cinematografico del poema epico di Omero l’Odissea risale al 1955, quando il regista italiano Mario Camerini ne aveva diretto una versione con Kirk Douglas nei panni di Ulisse (usando la versione romana del suo nome, Ulisse). In seguito vi sono state altre versioni di Theo Angelopoulos e dei fratelli Coen (Lo sguardo di Ulisse e Fratello, dove sei?) che hanno preso in prestito elementi dal racconto di Omero, ma resta il fatto che una delle prime grandi opere della letteratura occidentale non rappresenta oggi una proprietà intellettuale commerciabile. Ma è pur sempre una bella storia, come dimostra The Return. Il film tralascia i primi due terzi del libro, la parte che comprende i ciclopi, le sirene e il mostro marino a sei teste, oltre a numerosi interventi degli dei. Si attiene, invece, alla parte finale in cui Ulisse ritorna nella sua terra natale, Itaca, e trova la sua casa piena di pretendenti che cercano di rivendicare la mano (e la fortuna) della sua regina Penelope, presumibilmente vedova.Questa è la parte concreta dell’Odissea, e Pasolini prende sul serio la sua narrazione, così come la compositrice Rachel Portman e un team di attori guidati da Ralph Fiennes nei panni di Ulisse e Juliette Binoche nei panni di Penelope. Il film è crudo e sporco e alla fine macchiato di sangue, ma si prende il suo tempo e valorizza ogni parola.
E se Brad Pitt nell’ultimo grande adattamento di Omero, il film di successo di Wolfgang Peterson del 2004, Troy, aveva il corpo per interpretare Achille, qui Fiennes ha non solo il corpo (rotto e muscoloso) ma anche la voce (risonante e ricca) per interpretare Ulisse, il che rende il film emozionante quando lo lascia indugiare su ogni sillaba.
L’adattamento è volutamente selettivo: niente più interventi divini che a volte rendevano i personaggi umani pedine di un gioco giocato dagli dei, non si parla di tutte le follie che ritardarono di un decennio il ritorno di Ulisse dalla guerra di Troia, ma di un uomo sconfitto che approda sulle rive di Itaca, temendo che sua moglie e suo figlio non accetteranno più la persona che è diventato dopo un decennio di guerra e un altro decennio durante il quale l’intero equipaggio è stato ucciso. (Il ragazzo potrebbe legittimamente affermare che sono stati gli dei e i mostri a farlo, ma The Return non gli offre questa possibilità.) Nel frattempo, Itaca è invasa da corteggiatori irascibili che terrorizzano i cittadini e si aggirano per il palazzo, insistendo affinché Penelope riconosca la morte di Ulisse e scelga un nuovo marito. Suo figlio adulto Telemaco (Charlie Plummer) è un fastidio per loro; l’unica cosa che mantiene in vita Telemaco è che uccidere il figlio sarebbe una pessima decisione per chiunque speri di sposare la madre. Chi ricorda gli studi del liceo, saprà bene dove si va a finire, con Ulisse e Telemaco che si alleano per sbarazzarsi di tutti i corteggiatori in modo estremamente drammatico. Il film certamente si prende molte libertà nei dettagli, ma la chiave di lettura non è l’azione singola, ma la portata e il dramma di quel mondo e di quelle persone, un dramma che oggi definiremmo globale.
Fiennes, cosa che non dovrebbe sorprendere nessuno, è magnifico nei panni di Ulisse, il suo volto una mappa di guai e la sua voce uno strumento virtuoso mentre sussurra dettagli oscuri (“Abbiamo bruciato (Troia) fino alle fondamenta, poi abbiamo annegato le fiamme nel sangue”) o sprigiona le sue risonanze profonde e patinate.È un uomo tormentato; quando gli viene detto che la guerra è ormai lontana e che dovrebbe dimenticarsene, scuote lentamente la testa e dice: “È ovunque. È in tutto ciò che tocchi”. Binoche, invece, interpreta una donna abituata a tacere per paura di dire troppo, disgustata dall’idea che l’unico modo per evitare che la sua isola vada in rovina sia quello di darsi a uno dei delinquenti ubriaconi che si aggirano per i villaggi circostanti. Ma la tensione che deriva dall’onorare un marito che sospetta l’abbia abbandonata sta chiaramente mettendo alla prova i suoi nervi. Le conversazioni tra Ulisse e Penelope, ancor prima che lei si renda conto che il veterano ferito che implora le briciole nel suo castello è in realtà suo marito, sono lente e ponderate, costellate di pause e misurazioni di ogni parola. Se c’è un’atmosfera predefinita in The Return, è quella di oscuri presentimenti, intensificati sia dalla musica di Portman che dagli interni bui, illuminati da candele e pieni di curve.Il ritmo è lontano da quello che ci si aspetterebbe da un film di Hollywood con così tanta azione, il che può far sembrare il film più lungo dei suoi 116 minuti, ma il ricco languore e l’amore per le parole non fanno desiderare allo spettatore tempi più veloci.