Woman of the Hour
2023
Woman of the Hour è un film del 2023, diretto da Anna Kendrick.
Che cos’è The Black List? Nonostante questo nome minaccioso che fa tanto maccartismo, non è altro che un sondaggio annuale sulle sceneggiature più apprezzate ma non ancora prodotte. Dai primi anni Duemila tanti grandi film sono usciti dalla lista: Little Miss Sunshine, Zodiac, Nebraska e Argo, per citarne alcuni. La sceneggiatura di Woman of the Hour finisce impantanata nella lista nel 2017, per poi essere acquistata da Netflix nel 2021 e rivenduta l’anno dopo. Vede finalmente la luce nel 2023, dopo che l’attrice protagonista Anna Kendrick prende in mano la regia. Le premesse del film sono subito interessanti. Woman of the Hour infatti parla di Rodney Alcala, serial killer realmente esistito che per circa dieci anni ha girato gli Stati Uniti, stuprando e uccidendo decine di donne e ragazze. Il film si sofferma in particolare su un fatto realmente accaduto nel 1978, quando Alcala (Daniel Zovatto) partecipa al gioco televisivo The Dating Game, sfidando due concorrenti maschili per ottenere un appuntamento con l’aspirante attrice Cheryl Bradshaw (Anna Kendrick, che tra i tanti ci piace ricordare per il suo breve ruolo in Scott Pilgrim vs. the World e per aver prestato la voce in ParaNorman).
Non stupisce che la sceneggiatura abbia destato attenzione. Sulla carta la storia è accattivante. Così come sarebbe stato molto interessante vedere da un punto di vista femminile una vicenda del genere. Ma si sa che la sceneggiatura è una base da trasporre, ed è su questo lato pratico che fioriscono i numerosi problemi. Il film infatti soffre tantissimo la perdita di tensione a causa della sua struttura. Il gioco televisivo è alternato da scene che mostrano vari omicidi commessi da Alcala in luoghi e anni diversi. Come se non bastasse, tra questi crimini “autoconclusivi” ce n’è uno che viene seguito più nel dettaglio e viene spezzato in tre parti durante il film. Oltre a essere difficile a volte ricordarsi dove e quando ci troviamo, questa scelta di montaggio distoglie molto l’attenzione dal The Dating Game. Si rompe proprio il meccanismo del thriller perché tanto già sappiamo che l’assassino non verrà scoperto in questa occasione. Insomma, una struttura narrativa intricata che necessitava di una mano più esperta per essere trasportata sul grande schermo. Una scelta azzardata quella di esordire alla regia con un film del genere. Si intuisce l’interesse e la partecipazione della neo-regista alle vicende ma sembra essersi limitata a seguire lo script passo dopo passo, senza dargli un proprio sguardo. Azzecca qualche inquadratura, principalmente nei grandi spazi aperti, e riesce anche a creare ribrezzo in alcune scene; soprattutto grazie a come dirige Daniel Zovatto, che dimostra di essere un attore con del potenziale. Con carismatica nonchalance e un sorriso innocente, Zovatto si trasforma in un pericolo reale, concreto, il killer che potrebbe essere chiunque.
Nulla da dire sull’interpretazione di Anna Kendrick, l’attrice fa il suo lavoro e ricopre il ruolo di “women’s empowerment” senza risultare retorica o macchiettistica. Gli aspetti positivi del film si fermano qui e, purtroppo, quando si arriva al finale ogni speranza deflagra. Senza fare spoiler, bisogna però sottolineare questo punto: aggiungere più di un minuto di scritte che compaiono su inquadrature ferme di paesaggi, e che ti spiegano come si è conclusa la vicenda di Rodney Alcala, è la scelta peggiore che si potesse fare. Non solo per la durata eccessiva e la frustrazione che ne deriva ma perché le scritte spiegoni alla fine di un film rischiano di creare un effetto di anti-climax, se non sono calibrate bene. Queste non sono solo calibrate male ma ti fanno uscire proprio dal film, infrangendo la regola aurea “show don’t tell”. Un altro elemento che mostra l’esperienza ancora scarsa di Anna Kendrick, nell’arte di raccontare una storia per immagini.