Anora
2024
“I don’t know why you’re mean to me. When I call on the telephone. And I don’t know what you mean to me. But I want to turn you on, turn you up, figure you out. I wanna take you on. I wanna take you on. These words,.”You will be mine”. These words, “You will be mine”. All the time”
Anora è un film del 2024 diretto da Sean Baker.
Strange Currencies, la traccia realmente dolorosa, significativa e malinconica di Monster, il nono album in studio dei R.E.M. a distanza di trent’anni, sembra riuscire a cogliere appieno la complessità e l’essenza assoluta, non soltanto del periodo d’uscita della stessa; il Grunge è in arrestabile declino, Kurt Cobain e River Phoenix perdono la vita, divenendo in qualche modo immortali, poiché protagonisti di una memoria collettiva, il cui colore e leggendario simbolismo non svanirà mai; ma anche e soprattutto dell’ottavo lungometraggio da regista di Sean Baker, Anora, vincitore della Palma d’oro alla 77° edizione del Festival di Cannes. Al centro di Anora, infatti c’è un amore impossibile e due giovani individui, estremamente differenti tra loro, intenzionati, almeno in apparenza, a comprendere la natura del reciproco interesse romantico, scontrandosi però con la confusione causata dall’alcol e dall’instancabile assunzione di sostanze stupefacenti e così dal sesso, che dapprima li unisce, per poi separarli, allontanandoli sempre più. Anora (Mikey Madison ha già rubato il cuore di ognuno di noi e forse non soltanto quello) d’altronde non ha mai vissuto il sesso come un taboo, né tantomeno lo ha osservato con sguardo innocente. Complice il suo lavoro da spogliarellista in un esclusivo strip club di Manhattan.
Allo stesso modo, per Jurij “Vanja” Zacharov (Mark Ėjdel’štejn è una rivelazione), giovane rampollo di una ricchissima famiglia di oligarchi russi, il sesso non rappresenta affatto qualcosa di complicato a cui ricorrere di tanto in tanto e goffamente, per il solo scopo di sfogarsi. Al contrario, una forma d’incessante divertimento, cui darsi sempre più. Soprattutto con Anora, la spogliarellista che diviene moglie e infine vittima, di un rapimento tanto demenziale e grottesco, quanto disperato e rivelatorio, organizzato dalla famiglia e dai tirapiedi dello stesso Zacharov. I confini sono chiari. Da una parte c’è chi può ottenere e acquistare ogni cosa, dunque gioielli, pellicce, vacanze di lusso, corpi e forse perfino l’amore. Dall’altra invece, chi non è mai stata realmente libera di vivere, illuminandosi questa volta sì, più che innocentemente, di fronte alla scoperta di quella libertà così totale, eccitante e sregolata, che proprio essendo tale, non può che rappresentare una pericolosa trappola, per la coraggiosa, sfrontata e di fatto ingenua Anora. Alla caduta, segue inevitabilmente la lacerazione di una ferita fin troppo a lungo trascurata, che è della memoria, del corpo e della consapevolezza, tanto di sé, quanto dell’ambiente che l’ha accolta, modellata e infine gettata via. Ecco perché risulta superficiale inquadrare la splendida Anora di Mikey Madison, come costola diretta della Vivian Ward di Julia Roberts, iconica protagonista di Pretty Woman.
Anora il suo mondo lo ha scelto, ne ha osservato il reale pericolo, tanto rispetto all’oggettificazione sessuale, quanto all’impossibilità di vivere il vero amore, accettando tali mancanze, esclusivamente in nome di un soddisfacimento economico e di una riconosciuta fama – è l’unica ad ottenere determinati clienti, dunque mance – che a differenze dell’amore, appaiono ben più appaganti e capaci di realizzarla. Nonostante questo, Anora non perde mai di vista le proprie origini, sguazzando efficacemente in quello stesso sottobosco di criminalità, disperazione, realismo e infine atipica sensibilità, cui appartiene in tutto e per tutto, l’ex porno attore Mikey Saber (memorabile la prova di Simon Rex), nonché protagonista assoluto di Red Rocket. A legare i due dunque non è soltanto l’industria dei corpi e del sesso, ma forse qualcosa di molto più significativo e decisivo.
Figlio di due anime, prima delle quali prima erotica, feroce e divertita – allo spettatore è concesso d’assistere integralmente ad ogni amplesso ed esibizionismo di corpi, senza filtro alcuno – ed una seconda invece lucidissima e spietata, rispetto all’indagine che da sempre appartiene al cinema di Baker, sulla lotta tra classi e istinti sociali ed emotivi, Anora fa centro, risultando senza alcun dubbio, il film più riuscito, provocatorio, esilarante e coraggioso di Sean Baker.