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Freud – L’ultima analisi

2024
Titolo Originale:
Freud's Last Session
REGIA:
Matt Brown
CAST:
Anthony Hopkins (Sigmund Freud)
Matthew Goode (C.S. Lewis)
Liv Lisa Fries (Anna Freud)

Il nostro giudizio

Freud – L’ultima analisi è un film del 2023 diretto da Matt Brown.

Se l’inferno esiste allora è su questa terra e si chiama guerra. Poco importa se si tratta di un conflitto bellico o di un conflitto interiore. A spiegarcelo è Sigmund Freud (Anthony Hopkins) che il 3 settembre 1939, data storica in cui Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra al Reich tedesco, riceve a Londra la visita di Clive Staples Lewis (Matthew Goode). Due delle più grandi menti del ventesimo secolo, il padre della psicanalisi e il creatore dell’Universo di Narnia un classico dell’infanzia, intrecciano una conversazione intensa e a tratti conflittuale sull’amore, la famiglia e l’esistenza di Dio. Prendete un ateo, il primo, e un teista, il secondo, metteteli a confronto e godetevi lo spettacolo. In Freud – L’ultima analisi di Matt Brown si viene condotti nei meandri danteschi della vita che si snoda tra realtà, immaginazione e desiderio ogni volta che i sogni vengono a raccontarci le verità sepolte. Nel film tutto questo accade attraverso due storie anti convenzionali per l’epoca, quella tra Freud e la figlia lesbica Anna (Liv Lisa Fries) e quella tra Lewis e la madre del suo migliore amico.

A tenerci saldamente ancorati alla realtà è il cadenzato suono delle sirene antiaeree. Un film a colori che rasenta il bianco e nero tanto prevalgono i toni cupi a conferire una sorta di eleganza sofisticata a luoghi e personaggi perfettamente ricostruiti. Troppo perfetti per essere veri. Sarà per questo che nel guardare Hopkins nella parte di Freud traspare l’ombra di Hannibal Lecter, l’imperfezione sublime, l’ibrido umano tanto inviso agli Dei, l’oceano dell’irrazionale dove a stento galleggia l’isola della ragione. Chissà se Freud sia o non sia un esperto conoscitore della Divina Commedia dantesca e di quella selva oscura tale e quale al bosco dove da bambino ama perdersi e che ancora popola i suoi sogni di adulto? Un film dialogico e immaginifico dove i due coprotagonisti, che nella realtà si incontrano solo sulla carta, si adombrano uno nell’altro.

Un racconto, preciso ed elegante come una gara olimpica di fioretto, in cui la mente sfida il cuore e la psicoanalisi dialoga con la poesia. Materia e antimateria. La pellicola, tratta dall’omonima pièce teatrale di Mark St. Germain che debutta negli anni dieci del Duemila negli Stati Uniti, ha il pregio di rendere lo spettatore a sua volta partecipe al dibattito e costretto a scegliere da quale parte stare su temi che agitano l’umanità quali la fede, lo scontro tra il bene e il male, i traumi nascosti e mai risolti. Ad avere la meglio in questo duello dialettico è il destino che conduce da lì a poco Freud, malato terminale di cancro e schiavo della morfina, a porre fine alla sua esistenza mediante l’eutanasia senza essere riuscito a comprendere e ad accettare le scelte dell’amata figlia. Ironia della sorte per il capostipite della psicoanalisi. Prima di lui solo William Shakespeare stabilisce e descrive, altrettanto lucidamente ma con maggior romanticismo, la natura dell’uomo: “Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (La tempesta, atto IV, scena I).