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Kneecap

2024
Titolo Originale:
Kneecap
REGIA:
Rich Peppiatt
CAST:
Naoise Ó Cairealláin
Liam Óg Ó hAnnaidh
JJ Ó Dochartaigh

Il nostro giudizio

Kneecap è un film del 2024, diretto da Rich Peppiatt. 

Gambizzato dalle Brigate Rosse. Kneecapped by the Irish Republican Army. Lingue diverse, sostanza identica. Un atto di punizione, di rappresaglia. Da “rappresaglia” a “rap” il passo è breve: non a caso i 99 Posse cantavano, in un’altra era geologica, un brano dal titolo “Rap Rappresaglia”. Kneecap è il nome scelto da una band di Belfast, che detiene un primato ineguagliabile: quello di aver portato per prima il rap as gaeilge (rap in lingua gaelica) al successo. Resistenza culturale, quindi. Nazionalismo, anche, ma quello buono. Quello che parla di Irlanda unita e di Brits Out. Ma anche una massiccia presenza nei loro testi di riferimenti alle droghe. So’ ragazzi, insomma. Ed è questo il loro aspetto più rivoluzionario: zero tabù, niente peli sulla lingua. Niente sensi di colpa o musi lunghi: Irlanda unita, la violenza nell’Ulster, l’uso del gaelico, nei loro concerti diventano inni da cantare a squarciagola col passamontagna tricolore (irlandese) calato sul volto, e versi pieni di satira ed energia vitale. “Life in Belfast is still uncomfortable, let’s all be uncomfortable together”. È la “ceasefire generation” di Belfast, la generazione di chi è cresciuto dopo i troubles, ragazzi ai quali è stato ripetuto fino allo sfinimento che “va tutto bene”. Va tutto bene un cazzo, direbbero, anzi dicono, i Kneecap.

Il primo vero e proprio album in studio è uscito pochi mesi fa, ma il fenomeno Kneecap è già un film. E che film. Il migliore del 2024, per quanto mi riguarda, e candidato agli Oscar in rappresentanza dell’Irlanda: ha superato il primo round e fa parte dei quindici titoli selezionati.  La storia comincia nel 2019, quando Rich Peppiatt (giornalista e regista, ehm, inglese, che però vive proprio a Belfast ed è sposato con una irlandese) assiste a un concerto dei Kneecap. Prosegue con la regia del videoclip per il brano “Guilty Conscience”, e culmina con la firma di sceneggiatura e regia per il film. Una origin story parzialmente romanzata, con due amici d’infanzia (e spacciatori in erba) incoraggiati a rappare dal loro professore di musica che crea basi per hobby. Sono proprio loro tre i Kneecap, bravi anche a recitare nei loro stessi panni. Uno dei due MC ha una relazione con una ragazza protestante, e l’uso di slogan politici durante i loro amplessi è uno degli aspetti più esilaranti del film. “No surrender!” o “Tiocfaidh ár lá!” urlati durante l’orgasmo. Applausi. E a proposito di slogan, è doveroso citare almeno un’altra chicca: la scritta Brits Out sulle chiappe del professore, ovvero DJ Provai, esibita sul palco durante un concerto. Un gesto che gli costò davvero il posto di lavoro, nonostante il passamontagna utilizzato proprio per evitare di essere riconosciuto da studenti e colleghi. Evidentemente qualcosa non ha funzionato.

Peppiatt guarda ovviamente a Trainspotting come influenza maggiore, lo spirito è quello nonostante il tema principale sia la lotta per la riappropriazione di una cultura e di una identità che sono parte importantissima di un popolo e di una nazione. Abbondano quindi split-screen, animazioni e fast forward sempre perfettamente a fuoco, non c’è mai la sensazione di guardare espedienti forzati o fuori luogo. La sensazione costante, invece, è quella di assistere ad uno dei migliori biopic musicali mai realizzati: trascende il genere, anzi se ne sbatte del genere, ma lo fa proprio per rendere al meglio il ritratto di una band che se ne sbatte più di chiunque altro.
Il valore aggiunto è la presenza di Michael Fassbender. Veste i panni del padre di uno dei due ragazzi, ex militante dell’IRA che da anni si finge morto per evitare il carcere. Bravo come sempre, la sua presenza sullo schermo è limitata, ma è proprio lui a pronunciare più volte la frase simbolo del film: ogni parola detta in irlandese è un proiettile sparato per la libertà. Cuore, passione e divertimento. Senza filtri, senza moralismi e con una attitudine punk che il film e la band condividono nella maniera più spontanea, sincera e trasgressiva che si possa immaginare.