The Art Of James Cameron

Le illustrazioni rare e inedite in mostra al Museo del Cinema di Torino
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“Sono uno storyteller, è questa la vera essenza dell’esplorazione. Andare in luoghi dove gli altri non sono mai stati e ritornarci per raccontare una storia che non hanno mai sentito prima”. (James Cameron)

La carriera di James Cameron, semplicemente “Jim” per i più intimi, è una carriera originatasi in modo inusuale se si pensa che le visioni totalizzanti e pioneristiche del suo cinema – da Terminator a Aliens; da Abyss al più popolare Avatar – non sarebbero le stesse senza il suo talento di disegnatore: che viene prima ancora di quello registico. Emblematico è quindi il titolo della mostra allestita in suo onore al Museo del Cinema di Torino (visitabile sino al giugno di quest’anno), la qual mostra ripercorre una lunga serie di illustrazioni rare, quando non inedite, e tutte commentate dal loro autore, a evidenziare la di lui evoluzione creativa nel corso degli anni. Dai disegni dell’infanzia ai dipinti per i poster, passando per la concept art più recente, in esposizione lungo la rampa del Museo sono però anche gli oggetti fisici di scena, quasi tutti imperdibili, a essere protagonisti.

Robotica, corpi aumentati e pericoli nucleari – comprendere l’arte di James Cameron

L’oggi settantenne director, il quale attualmente sarebbe al lavoro su un altro seguito di Avatar – così ha assicurato Kim Butts, direttore creativo della Avatar Alliance Foundation, intervenuta alla presentazione della mostra presso l’Aula del Tempio della Mole -, trascorse gli anni dell’adolescenza divorando romanzi di fantascienza, ma soprattutto disegnando esseri stravaganti e alieni, così particolareggiati nelle loro conformazioni da apparire reali. Già quei primi lavori, infatti, lasciavano intravedere quell’interesse da parte del loro autore verso l’ibridazione tra uomo e macchina, un tema poi confluito con successo nella creazione dell’implacabile cyborg assassino del primo Terminator, che a sentire Cameron fu un parto diretto del mondo onirico, il suo, più nello specifico: “Ero al verde e alloggiavo [a Roma] in questa pensione, dove finii anche con l’ammalarmi. Febbricitante, feci un sogno in cui vidi uno scheletro cromato che emergeva da un muro di fuoco. Come interpretazione, pensai che inizialmente il robot dovesse sembrare umano, ma il fuoco gli aveva bruciato la pelle, e fu da qui che nacque l’idea del Terminator”.

Parallelamente alla fantascienza, però, come autore Cameron ha sempre ascoltato i progressi della scienza e le possibilità tecnologiche di aumentare le capacità umane, da cui il tema ricorrente dei “corpi aumentati” nei suoi film. Non a caso le macchine da lui ritratte somigliano spesso a estensioni dirette del corpo umano, come l’esoscheletro Power Loader di Aliens – Scontro Finale, progettato per consentire all’operatore umano di sollevare carichi enormi grazie ai suoi massicci arti d’acciaio (senza dimenticare che ancora in Aliens, la navicella futuristica Dropship, somigliante a un elicottero d’assalto, fu messa a punto osservando attentamente i princìpi dell’aerodinamica).

Dai disegni al cinema

Ancora diciottenne, apprendiamo durante il percorso della mostra, il giovane Jim abbandonò gli studi mettendosi a disposizione come disegnatore di manifesti e locandine per le case filmiche. Ideò, nello stesso periodo, anche il progetto Xenogenesis, epopea sci-fi per cui realizzò un cortometraggio che gli servì per impiegarsi a tempo pieno nel reparto “modelli in scala e miniature” della New World Pictures di Roger Corman: a ben vedere, invero, per Cameron Corman ha rappresentato la porta d’accesso al mondo del cinema; famoso per i tempi di produzione rapidi e i budget ridotti, Corman girava talvolta due film consecutivi utilizzando lo stesso cast e le stesse scenografie, dirigendo e producendo centinaia di film indipendenti – in diversi casi autentici capolavori come Il Massacro del Giorno di San Valentino. L’aver appreso questo metodo di lavoro, basato sull’ottimizzare i tempi, servì quindi a Cameron per acquisire competenze come model maker, matte painter (i.e. creatore di fondali pittorici), ma anche direttore artistico e scenografo.

Dall’apocalisse nucleare al sogno di un mondo rigoglioso

Essendo cresciuto negli anni Sessanta e sullo sfondo della Guerra Fredda, in Cameron si insinuò presto la consapevolezza che l’universo fosse soggetto a essere spazzato via all’istante, una sensazione trasposta nelle esplosioni nucleari, nei teschi, nelle rovine e nelle terre desolate dei suoi disegni (l’inossidabile Terminator 2: Il giorno del giudizio, del 1991, presentava una sequenza molto potente in cui Los Angeles veniva distrutta da un cataclisma nucleare – interessante è il modellino della sua miniatura usata per le riprese). Parallelamente alle sue esplorazioni di scenari apocalittici, tuttavia, Cameron ritraeva spesso immagini di vita abbondante e rigogliosa, sia terrestre che extraterrestre, tant’è che quando arrivò al colossal Avatar, nel 2009, lo fece recuperando alcune prime idee giovanili che gli servirono per creare un mondo incantato e bioluminescente. Un ambiente iper-dimensionato in cui piante, animali e persone sarebbero rimasti connessi attraverso una rete neurale senziente e funzionale al mantenimento del mondo intero. E allora, che di Cameron si parli di scenari pregni di speranza come questi, o per converso di visioni permeate di devastazioni totali, è sempre la capacità di immaginare e supervisionare tutte le sue creazioni, trasformandole da sogno a realtà – come nel caso del letale cyborg T-800 di cui si è detto – a prefigurarsi come il filo conduttore di tutta la sua grande e indimenticabile arte.