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Sinister

2012
Titolo Originale:
Sinister
REGIA:
Scott Derrickson
CAST:
Ethan Hawke (Ellison Oswalt)
Juliet Rylance (Tracy Oswalt)
Fred Thompson (Sheriff)

Il nostro giudizio

Sinister è un film del 2012, diretto da Scott Derrickson.

Rumori di un nastro. Amatoriale. Quattro persone con un cappio intorno al collo che le lega a un albero. Incappucciate. Due adulti, due bambini. Una famiglia. Un ramo si abbassa, la corda si alza, il cappio si stringe. La morte sopraggiunge prima che una parola irrompa nel quadro: Sinister, ad annunciare il nuovo lavoro di Scott Derrickson, che col macabro aveva debuttato (Hellraiser 5: Inferno e L’esorcismo di Emily Rose) e oggi al macabro ritorna, dopo lo scivolone di Ultimatum alla Terra. Seguendo e perfezionando il solco già tracciato in precedenza, il regista punta sulla compenetrazione tra occultismo e delitti, con svolte horror su spartito thriller. E vince. Eccome, se vince.

La storia di Ellison Oswalt – scrittore di libri true crime basati sulla ricostruzione di omicidi malrisolti dalla giustizia ufficiale – è carica di suggestioni e digressioni cinefile, coerenza di racconto e solidità di messa in quadro. Ellison (Ethan Hawke) spinge la sua famiglia (moglie e due figli) a trasferirsi nella casa in Pennsylvania dove avvennero i delitti dell’incipit per poter indagare, in vista di un possibile bestseller. Seguono rumori sospetti, escalation di apparizioni metafisiche, incubi notturni e possessioni. Tutto come da copione, insomma.

Eppure, Sinister è molto più della solita ghost story a epicentro domestico. Nel crescente delirio a doppia direttrice temporale (passato che affiora nel presente, presente che indaga scavando a ritroso) Derrickson inserisce più di un elemento di interesse, sfoggiando una maturità che non eravamo ancora riusciti ad attribuirgli. Innanzitutto, la dimensione crime è garantita da una scatola di nastri Super8 trovata in casa da Ellison. Questi filmini mostrano orrendi delitti perpetrati nel corso del tempo (e in luoghi diversi) ai danni di famiglie come tante nelle loro abitazioni. Punti in comune a questi snuff: nelle sequenze di omicidio manca sempre il figlio più piccolo e, in secondo piano sulla scena, qualcuno, mascherato, osserva.

I molteplici interrogativi a cui Ellison vuole dare soluzione danno il via a un’indagine metodica, che il film porta avanti senza strappi né forzature pur percorrendo la strada che dal reale si avventura nel soprannaturale. Se la dimensione horror è affidata al demone babilonese Bughuul (divoratore di bambini), variazione sul tema della possessione da esorcismo e perciò privo di innovazione, l’espediente cinefilo dei nastri magnetici spinge il realismo della narrazione oltre i limiti imposti da abusati linguaggi in P.O.V. o found footage. L’utilizzo degli home (snuff) movies come involucro della detection avvicina il personaggio (e lo spettatore) al tono emotivo dell’atrocità, spingendolo a un disturbante percorso di introiezione dell’immagine e di distruzione del sé. Ellison impara a utilizzare il proiettore, riversare in digitale le immagini della pellicola, operare giunte e piccoli restauri sul supporto magnetico: egli tocca, manipola e possiede l’oggetto della sua inchiesta rendendolo familiare (appunto) e finendone contaminato, in un fiume di alcool nel quale naufraga anche il suo progetto editoriale e in un ostinato percorso di perdizione che lo conduce a un finale di tragica simbiosi con gli oggetti delle sue ossessioni.

Derrickson sceglie la via della sottrazione, in piena coerenza con la meticolosità della ricerca del suo protagonista. E allora il sangue resta nel fuori campo e la regia limita al massimo gli istrionismi, prediligendo movimenti di macchina cadenzati in contesti chiaroscurali, con marcate zone d’ombra a significarci che, in fondo, noi e il nostro Ellison non abbiamo ancora scoperto nulla. Sinister ha conquistato il pubblico americano con l’arma della prossimità, quella sensazione di vicinanza che solo una foto ricordo o un film di famiglia riescono a insinuare in chi guarda. Derrickson è riuscito a saltare lo steccato della fiction portando il suo racconto a bordo piscina, nei cortili, nei garage e negli appartamenti. Gli stessi appartamenti fatti oggetto delle speculazioni che hanno portato all’attuale crisi economica. Le stesse case che hanno aperto le porte della paura a normali famiglie dei ceti medi. Le stesse quattro mura che, negli ultimi anni, sono meno sicure che mai. Per accedere alle fobie più profonde, oggi, non è (più) necessario andare lontano. Il cinema ci fornisce una cinepresa su cui impressionarle.Il resto, possiamo farlo noi in privato, dopo i titoli di coda.Che in Sinister, peraltro, valgono l’intero film.