Alan Ball: becchini e vampiri
Da ragazzo fu testimone dell’incidente automobilistico che provocò la morte di sua sorella. Da quel trauma sono nati American Beauty, Six Feet Under e True Blood.
Alan Ball, cresciuto nel sud degli Stati Uniti nella cittadina di Marietta (Georgia), si laurea alla Florida State University of Theatre e inizia la sua carriera proprio sul palcoscenico con una piccola compagnia teatrale universitaria. A partire dai primi anni Novanta è a Broadway dove lavora nelle piccole produzioni indipendenti e scrive i suoi primi racconti tinti di nero. I produttori del canale Abc notano il suo talento cinico e tagliente e lo mettono sotto contratto per lavorare alla scrittura di alcune sitcom. Nel 1995 lavora in doppia veste di sceneggiatore e produttore esecutivo a Cybill (sul canale Cbs), una sitcom autobiografica e autoironica sull’attrice cinquantenne Cybill Shepherd, in cerca di riscatto a Hollywood. Forse non è un caso che il protagonista della sceneggiatura cinematografica a cui Ball lavora in questi anni sia Lester Burnham, un coetaneo di Cybill. American Beauty (1999) racconta la storia di un padre di famiglia, lavoratore demotivato e marito annoiato che cerca riscatto nella bellezza acerba e sensuale di un’adolescente cheerleader. Il film, diretto dall’esordiente Sam Mendes, è un riconosciuto capolavoro e la sceneggiatura originale di Ball è premiata con l’Oscar.
Alle porte del nuovo millennio, Alan Ball scrive per la Fox Oh Grow Up, una sitcom su un gruppo di trentenni alle prese con l’onere del diventare adulti. La serie è sfortunata, viene interrotta dopo una manciata di puntate e lo sceneggiatore chiude un capitolo della sua carriera. Ball rinuncia a tutti i progetti proposti dalle reti generaliste; non intende più scrivere pensando a una storia adatta a tutti i target di telespettatori. La svolta arriva quando HBO, libera da vincoli commerciali e forte del successo di due serie cult come Sex and the City e The Sopranos, gli offre nel 2001 la possibilità di scrivere Six Feet Under: una “soap metafisica il cui tema è la morte” (così la definisce Daniel Frankel su Variety). Come l’autore ha in più occasioni affermato, lo shock vissuto durante l’infanzia come testimone oculare della morte della sorella in un incidente automobilistico, ha segnato la sua vita come uomo e come scrittore. Il rapporto con la morte (e con i morti), intesa come parte della vita e quindi come elemento con cui convivere, domina tutte le sue opere. Il protagonista di American Beauty è un morto che parla nel ruolo del narratore (citazione esplicita al personaggio del giovane soggettista Joe Gillis di Viale del tramonto di Billy Wilder); i componenti della famiglia Fischer (Six Feet Under), oltre a fare della morte una fonte di reddito, sono costretti al dialogo costante con i fantasmi dei personaggi appena deceduti e con quello del padre, figura autoritaria e ingombrante.
Infine, è la difficile relazione tra morti (vampiri) e vivi (uomini) il tema dominante dell’ultimo progetto seriale di Alan Ball: True Blood (2008). La serie fantasy-horror caratterizzata da sesso, violenza e sangue, appare distante dalla linea editoriale della rete HBO che la produce, ma è una scommessa pienamente vinta. Attraverso il fascino atavico dei morti e della morte, Alan Ball mette in scena con una forte dose di cinismo, di humour nero e con uno stile che va dal realismo all’iperrealismo, i temi più audaci e scomodi della cultura americana contemporanea, dalla rappresentazione dello sgretolamento della famiglia convenzionale, alla rivendicazione della diversità (umana e non), alla lotta per l’integrazione delle minoranze in una società chiusa e avariata.