Antonella Sperati
La regina dei film misteriosi italiani
Il mio rapporto con Antonella Sperati cominciò quando un giorno, trovato il suo cellulare su un suo vecchio sito on line, la chiamai per sapere se voleva raccontarmi qualcosa riguardo sulla sua esperienza nel cinema. L’avevo vista in 28° minuto di Gianni Siragusa e mi era rimasta negli occhi, per cui avevo cominciato a fare ricerche su di lei. Romana de Roma («Ma la mia nonna paterna era di Calcata, mentre quella materna era ciociara») simpatica e molto comunicativa, Antonella bella donna era quando ha fatto lavorato nel cinema, e bella donna è rimasta oggi. Scopro che è figlia del pittore di scena Remo Sperati, uno dei più celebri nel suo campo, e cugina di Adele Sperati meglio nota a tutti i cinefili bis come Sara Sperati. Antonella è vulcanica e quindi meglio lasciare subito che sia lei a parlare. «Figlia di un pittore di scena, ho fatto il liceo artistico e disegnavo fin da piccola. Disegnavo spesso degli occhi, poi dagli occhi sono passata al volto… insomma, oggi faccio una cosa molto particolare – non conosco altri pittori che facciano cose simili: disegno volti di bambola, bamboleggianti; sono belle, molto colorate, con delle bocche vermiglie. Non faccio solo questo, ovviamente, ma scrivo per un giornale e per diverso tempo sono stata la presidentessa del Fleming. L’attività politica, comunque, l’ho lasciata un po’ perdere ultimamente. E mi sono trasferita nel centro di Roma».
Antonella non entrò nel cinema per tradizione familiare, anzi suo padre non voleva: «No, mio padre non voleva, si incavolava pure. Sai che io ho fatto anche Paprika, di Brass? Non è che sto nuda, ero una delle ragazze del casino, facevo “Fulvia di Milano”. Se mi cerchi, mi vedi». Questo me lo appunto. Ma il primo film quale fu, in assoluto? «College, dove faccio la pattinatrice e ho una scena di balletto sui pattini, un assolo. Sono io, non è una controfigura. Prima, nel 1983, avevo fatto teatro, con Castellacci e Barnum con Massimo Ranieri. Poi anche un po’ di pubblicità, fotoromanzi tipo Cioè, dove spesso ero la protagonista, mancose così, non importanti… E nel maggio del 1988 sono stata la deb di Excelsior…». Antonella ha tenuto nota scrupolosamente di tutto ciò che ha fatto nel mondo dello spettacolo. Usiamo anche il suo libretto dei contributi come guida: «College era del 1984, dopodiché ho fatto per la Cino Produzioni L’uomo in pericolo del 1986, che non ho nemmeno idea di che cosa fosse. Scuola di ladri, con Banfi, ma lì era una cazzata, una piccolissima particina. Nel maggio del 1986, risulta che ho fatto una posa in Lombroso, che può essere una cosa televisiva…». Sì, era televisivo, con la regia di Paolo Poeti e si intitolò poi definitivamente Investigatori d’Italia, passato su Raidue. «Non mi prendere per scema, ma nemmeno di questo ricordo niente, si vede che alcune cose le ho proprio cancellate. Strana ‘sta cosa, perché io sono una che ha una memoria di ferro. Poi Il commissario che chissà cos’era? Ah, ma ti ho detto di Murderock nel 1983? Ho anche lì una posa e Fulci me lo ricordo abbastanza bene». Sicuramente era una scena di ballo. «Poi mi risulta di avere fatto La bramosa, sempre nel 1986». Era il titolo di lavorazione di Tango Blu di Bevilacqua, di cui oltre.
Un film importante era Stradivari: «Ero una giullare che danzava, a Cinecittà, un bel film tutto in costume d’epoca, con Giacomo Battiato come regista. Ma io non parlavo, non avevo battute, ballavo soltanto. Dopo viene Pieno di vita di Sergio Citti – era il titolo di lavorazione di Mortacci. Facevo una morta, ma lì poi scoppiò un casino con Citti, perché era proprio stronzo. Vabbé, lui era proprio borgataro e ci provava con me, ma io non ci stavo… perché non rientra nel mio modo di vedere il lavoro, non esiste. Al cinema ti rompono sempre un po’ le palle, lo sai com’è, però lui ci provava molto pesantemente… e, niente, mi ha tagliato la parte. Non solo: me lo ha detto davanti a tutti, mentre giravamo. “Scusa, ma io non avevo delle battute?”, gli faccio. E lui mi risponde: “Se non me la dai, ti taglio la parte”. Davanti a tutti, sai… romanacci come lui. Io mi lamentai con Piccioli, il produttore: “Ma che, si fa così?”. Vabbè… Spesso, andando per produttori, qualche lumacone ci provava, ma io non è che mi sia mai filata nessuno. Se mi fossi filata qualcuno come si deve, forse avrei fatto delle cose un po’ più importanti. Ma ci vuole stomaco e lì spesso ci voleva tanto stomaco, perché c’erano certi soggetti».
E con il problema del nudo, Antonella come si poneva? «Nessun problema, il mio fisico era un bel fisico, non mi vergognavo. Poi allora si spogliavano tutti. Quando feci il provino con lui, Tinto mi disse subito: “Fammi vedere il culo!”. Però Tinto è simpatico… Mi ricordo che nel suo film avevo delle scene precise… anche perché se cambia il copione cambia anche la paga, e ti puoi rifiutare se ti chiedono delle variazioni: perché tu firmi per quello che c’è scritto che devi fare… Tinto una mattina mi voleva mettere a pecorina su un cubo senza mutande, dico capirai! Mi sarei vergognata da morire. Per evitare di mettermi a discutere con Brass, me la sono cavata cadendo da ‘sto cubo e dicendo che ero imbranata e non riuscivo a salirci. Così lui l’ha fatto fare a un’altra». Eravamo rimasti, con l’elenco, a Mortacci: «Getting Even, del 1988, ti dice qualcosa?». È il film d’azione di Leandro Lucchetti, con Richard Rundtree, Harrison Muller e Deborah Keith. «Ti giuro che non mi ricordo nemmeno che facevo. Sai che vuol dire quando vedi nero? Niente, il buio. Sarà stata anche qui una cavolata di ruolo. Chissà cosa era anche Videolife o Video Life, altro titolo dell’88? Sono la regina dei film sconosciuti!». Antonella ride. Effettivamente ne ha parecchie, in curriculum, di cose strane.
«A seguire ho un fotofilm di Cioè, L’avaro con Alberto Sordi, dove facevo una popolana, Escurial e Il mistero dell’Aquila nera. Escurial fu girato vicino a Roma in un posto freddissimo, tutto dentro un teatro. Non avevo battute ma dei bei primi piani. Del Mistero dell’Aquila nera ricordo solo che siamo andati a girarlo tipo ai castelli romani e che ci doveva essere di mezzo una storia di extraterrestri, mi ricordo delle tute argentate, delle cose di questo tipo…». Giacinto Bonacquisti era il regista di Escurial, che ben conosco e dove Antonella è fighissima con fighissimi costumi. L’altro è un film del tutto scomparso, di Vittorio Mazzanti, con Antonella insieme a Luciana Frazzetto, Walter Toschi e Vincenzo Zingaro, nonché Giorgio Chinaglia che faceva l’allenatore di una squadra di terrestri contro una formazione aliena. Girato dal 25 luglio del 1989 e mai proiettato.«Ah, ma mi sono dimenticata Tango Blu di Bevilacqua dove facevo Leda col cigno… cioè, non è che facevo l’amore col cigno ma mi misero lì tutta nuda e mi hanno fotografato ricostruendo il quadro famoso. Però il cigno non c’era e penso che abbiano fatto poi un montaggio. Nel 1991 mi ricordo La città dei sogni, di Paolo Bonora. Facevo una prostituta. E avrei dovuto fare, ma non lo feci perché mi sentii male, Ritratto di signora (The Portrait of a Lady), quello con cosa… Nicole Kidman. Il film era in costume, sai quelli stretti stretti… ma quando me lo misero mi sentii mancare, mi mancava l’aria, e ho dovuto rinunciare. Ma qui eravamo già avanti, nel 1996 e dopo basta, non ho fatto più niente».
L’assurdo è che nel libretto dei contributi di Antonella non figura il film che ha fatto da protagonista con Gianni Siragusa, Horror assassination divenuto poi 28° minuto. Lei mi interrompe sussultando: «Qual era quello dove facevo la prostituta? Oddio, era una cosa terribile, ecco perché poi le cancello: avevo una scena in cui mi violentavano, sotto un ponte, e poi mi sbattevano su una macchina e mi sono bruciata perché ‘sta macchina era calda e io stavo mezza nuda». Manca all’appello anche Il ritmo del silenzio, di Andrea Marfori: «Marfori me lo ricordo bene, capelli lunghi, col pizzetto, caruccio luicome persona. E che mi fece fare però? Ah, ma lì ero pure una prostituta… sempre la zoccola mi facevano fare» ride Antonella. «Mi ricordo che scendevo per delle scale e per quello che mi riguarda erano solo scene girate a Roma». Non avevo mai chiesto ad Antonella che cosa pensasse di Cristian Borromeo che aveva fatto con lei il film di Siragusa sul mostro di Firenze: «Caruccio, simpatico, molto timido, molto riservato… Infatti lo sfottevano sempre». Eh ma cavoli, aveva la scena in cui va a letto con Antonella e a un certo punto si addormenta: «Ma lui è proprio così, guarda, tranquillo. In effetti lui con me non c’ha provato, ma mi diede un bacio vero sul set, tant’è che rimasi. Se ne accorse il costumista, che era frocio e disse: «Ah ma t’ha baciato veramente! Allora gli piaci», sai poi come sono pettegoli al cinema. Allora ‘sti stronzi di attrezzisti, tutti borgatari e un po’ cafoni, dopo la scena in cui lui si addormenta a letto, con la maglietta… lui non ha un bel fisico e non si levava mai sta maglietta, mentre Gianni Siragusa insisteva perché se la levasse».
Bisogna interpolare, a beneficio della comprensione, che Antonella si presenta davanti a Borromeo completamente nuda, gli fa una danza da sturbo ma lui nel letto si gira dall’altra parte e si addormenta. «Allora gli attrezzisti, i macchinisti, che comunque erano due o tre perché io non volevo molte persone intorno, dopo il ciak definitivo gli tirarono sul letto un carotone… Il cinema era molto colorato». Come ricordato all’inizio, Antonella è la cugina di Adele in arte Sara Sperati: le chiedo di levarmi il dubbio se sia vero che Sara è morta negli anni Settanta per droga: «Ma no, è mancata una decina di anni fa. Si era ritirata dal cinema e aveva seguito gli Hare Krishna. Poveraccia, ha avuto una vita davvero difficile. Lei era molto legata alla madre, che era stata attrice e la indirizzò nel cinema, e quando sua madre morì negli anni Settanta, ebbe un crollo. Aveva avuto un figlio da un marito molto ricco che stava all’isola d’Elba e che si tenne il figlio quando si separarono. Sai, lei era un po’ artista e quindi come madre non molto presente, tant’è vero che di questo ragazzino mi ricordo che si occupava mio zio…».