Coming of 80s – Cinema e adolescenza: una storia americana
Non si esce adulti dagli anni 80
Pubblichiamo l’introduzione del dossier Coming of 80s – Cinema e adolescenza: una storia americana, ospitato su Nocturno 258 di ottobre 2024. Trentasei pagine dedicate al sottogenere coming of age americano, di ieri e di oggi. Il numero integrale della rivista si può acquistare qui.
A noi di Nocturno non piace scrutare unicamente l’abisso – come potrebbe pensare una parte della critica più bacchettona e superficiale – il nostro sguardo è, da sempre, sfaccettato. Come quello dei nostri affezionati lettori, squisitamente curiosi, che non si accontentano di trattamenti approssimativi sulle solite tematiche. Noi nocturniani siamo anche gioviali, romantici, ed eternamente teen (soprattutto Manlio Gomarasca). Il cinema che scandaglia l’adolescenza ci interessa da sempre, tant’è che in passato (Nocturno 116, aprile 2012) abbiamo stilato un mastodontico dizionario che catalogava tutti i teen movie americani. E a ben vedere che cosa c’è di più effervescente e oscuro di un adolescente? Questa volta torniamo sull’argomento in modo diverso, per analizzare il coming of age di matrice anni 80. Non ci interessa stilare un manuale sui vecchi maestri del filone. L’intento è quello di capire come, in quegli anni, si sia cristallizzato un immaginario inconfondibile destinato a influenzare tutto il cinema giovanile dei successivi decenni. Al punto da essere diventato oggetto di nostalgia anche per le nuove generazioni, che gli anni 80 non li hanno vissuti in prima persona, né sono cresciute con il cinema di quel periodo.
Se infatti c’è un genere che in qualche modo incarna l’essenza del cinema anni 80 e del nostalgico ritorno (del) contemporaneo a quell’iconica decade, questo è il coming of age, anzitutto nella sua declinazione “adolescenziale”; ossia, nel suo intreccio privilegiato e – potremmo dire – fisiologico con il teen movie in senso stretto, plasmato nel cuore degli Eighties da John Hughes: colui che per primo, di fatto, ha elaborato un corrispettivo cinematografico pienamente aderente al mondo dei teenager americani, tracciando in maniera indelebile le coordinate estetiche e tematiche del genere. Tanto che ancora oggi, per quanto la moda revivalista si rivolga ormai agli anni 90/2000, è pur sempre con quell’originale mappatura fattasi canone che esso continua a misurarsi, tra nuovi omaggi e infinite rivisitazioni. Basti pensare all’operazione imbastita dal recente Totally Killer (2023), esile teen horror comedy che riprende la tradizione slasher anni 70-80 (aggiornata alla rilettura postmoderna di Scream) innestandola su una trama sci-fi alla Ritorno al futuro, dove il viaggio a ritroso nel tempo che catapulta la protagonista Jamie nel 1987 diviene il pretesto per un confronto generazionale con la cultura e il cinema dell’epoca.
In un gioco di scoperto citazionismo e cinefilia for dummies (le ragazze del passato indossano gli stessi abiti di Molly Ringwald in Sixteen Candles e Bella in rosa; l’eroina Jamie di cognome fa, indovinate un po’, Hughes…) che è perfetto specchio dei tempi – di un cinema sempre più ingabbiato nel metacinema, di una retromania ridotta a decalcomania. Lo stesso Kevin Smith, che da sempre guarda a Hughes come a un maestro, ha appena realizzato il suo ultimo film, The 4:30 Movie (2024), un teen movie anni 80 in piena regola, dove crescita amore e amicizia sono i temi chiave. Anche Tim Burton, con il sequel/reboot Beetlejuice Beetlejuice (2024), racconta di fatto un coming of age che, seppur ambientato ai giorni nostri, riprende atmosfere e influenze del primo capitolo facendo della tematica adolescenziale il fulcro della storia. Un discorso che si sostanzia ulteriormente a fronte dell’altra forma del coming of age anni Ottanta, senz’altro quella più familiare al grande pubblico odierno, riportata in auge dal successo trasversale del fenomeno Stranger Things. Si tratta, cioè, del caratteristico filone di film per ragazzi riconducibile anzitutto alle popolari produzioni Amblin Entertainment (E.T. – L’extraterrestre e I Goonies su tutte), ma comprendente svariati altri titoli che flirtano parimenti col cinema fantastico (dal fantasy de La storia infinita alla fantascienza di Explorers, e così via), mantenendo lo stesso sguardo ad altezza di bambino.
E dove i toni scanzonati e rocamboleschi da romanzo d’avventura scolorano nella malinconia di parabole di formazione che riflettono il delicato momento di passaggio dall’infanzia all’età adulta. Storie di per sé intrise di nostalgia (centrale è il motivo della perdita dell’innocenza) che queste pellicole hanno saputo tradurre in immagini in modo unico, contribuendo a forgiare un autentico mito cinematografico capace di fissarsi senza ritorno nella memoria collettiva, inesauribile paradigma a cui attingere oggi come allora. «Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. Gesù, ma chi li ha?» chiosa Richard Dreyfuss nel celebre finale di Stand by Me (altro indimenticabile cult dell’epoca). Parole che ci sembrano adatte a immortalare tutto il cinema eighties per ragazzi, a sua volta irripetibile proprio come l’età che racconta. Mettetevi comodi quindi, ci saranno molte turbolenze e scombussolamenti ormonali. Il cinema che prendiamo in carico – rigorosamente made in Usa – illustra tutti i territori ibridi e le contaminazioni del teen movie “moderno”, dalle origini alle produzioni più recenti, passando per il lato horror e dark del coming of age, senza tralasciare alieni, robot e fantasmi. Insomma ce n’è per tutti, il nostro è un club che non chiude la porta in faccia a nessuno.