Dario Argento: The Exhibit
La prima grande mostra sull'arte filmica di Argento, nella città che più lo ha rappresentato
Alla fine degli anni Sessanta, il ventinovenne Dario aveva già un curriculum fitto di esperienze smaltate. Da critico di cinema per Paese Sera a sceneggiatore e soggettista per Metti, una sera a cena o l’intramontabile C’era una volta il West. Sino a che un giorno, addormentatosi su una spiaggia di Tunisi, così racconta lo stesso, Argento resta preda di un incubo, un terribile incubo da cui, una volta destatosi e rientrato a Roma, prende spunto per scrivere L’uccello dalle piume di cristallo, il primo capitolo della cosiddetta “trilogia degli animali” (cui fecero seguito, come ben sappiamo, gli imperdibili Il gatto a nove code e 4 mosche di velluto grigio). All’epoca di quell’esordio (1970), in parte tratto dal racconto La statua che urla di Fredric Brown, si poteva presumere che Dario si fosse lasciato illuminare dalle intuizioni di due maestri quali Hitchcock e Bava (da cui, attraverso quest’ultimo, fece tesoro dei vari feticci dell’assassino); tuttavia la tecnica, la profondità dell’immagine e la qualità della tensione e della suspense – affilatissima come i coltelli che con piglio sublime metteva in scena -, non facevano che rilevare la grandezza di ispirazione che già in quel primo periodo padroneggiava il giovane regista. Anticipando ciò che si sarebbe visivamente concretizzato tra gli anfratti del sogno morboso e angosciante di Profondo rosso, appariva chiara la sua appassionata volontà di sondare con la macchina da presa vie, piazze, gallerie e palazzi storici di Torino, città che aveva stregato Dario sin dai giorni dell’infanzia, quando vi capitò per caso in compagnia del papà Salvatore. Sappiamo anche, poiché lo ha evidenziato lui stesso intervenendo alla presentazione di questa prima mostra ufficiale a lui dedicata, che del capoluogo piemontese egli non ha voluto solamente rappresentare la parte ricca e art nouveau (o liberty, se preferiamo), lo stesso stile che rifulge nelle architetture della lugubre e collinare “Villa del Bambino Urlante”, la superba Villa Scott nata sulla base di un progetto dell’architetto Pietro Fenoglio (in un periodo in cui proprio a Torino, a inizi Novecento, il noto stile floreale viveva un momento di massima espansione).
Di Torino Argento ha infatti messo in scena anche la parte più grigia e periferica, come quella afferente alle case Fiat di Mirafiori e alla Stazione Dora (che fa da sfondo al primo omicidio di Non ho sonno), e lo ha fatto sapendo forse di risultare meno seducente con progetti che hanno avuto come effetto quello di dividere i suoi fan. Perché se da una parte resta compatta la scuderia degli estimatori che ne amano indiscriminatamente tutta l’opera omnia (ivi compreso il più recente Occhiali neri, presentato alla Berlinale 2022), altrettanti sono gli appassionati dell’Argento dei “tempi d’oro” proni a domandarsi come sia stato possibile che la stessa fervida mente artefice dei vari Suspiria, Tenebre o Phenomena, per molti l’ultima vera vetta toccata dal nostro (ma solo prima di Trauma), possa aver partorito concezioni non altrettanto estasianti come quelle che hanno dato corpo a Il cartaio o Dracula 3D. Questa mostra, necessaria, è però in grado di accontentare entrambi gli “schieramenti”, se di questo si può parlare. A sfilare è una cronologia delle tappe registiche dell’oggi ottantunenne Argento (visibilmente commosso nel ritirare il premio Stella della Mole donatogli dagli organizzatori), con qualche virata verso quei periodi di congiuntura che lo spinsero a collaborare con altri autori (vedi Michele Soavi). Una sintesi, insomma, di sequenze filmiche, fotografie, bozzetti, manifesti d’epoca, costumi di scena (si resta certamente inebetiti dinnanzi all’abito indossato da Alida Valli in Suspiria), creature meccanizzate, riproduzioni di oggetti utilizzati in varie scene e altro ancora. Basti pensare che in una teca, tra i vari reperti esposti (tutti provenienti dagli archivi del Museo Nazionale del Cinema, dal Centro Sperimentale di Cinematografia e da vari collezionisti privati), è custodita la testa di un certo celebre pupazzo, una chicca che da sola varrebbe tutto il prezzo del biglietto d’ingresso.
DARIO ARGENTO – THE EXHIBIT – ospitata alla Mole Antonelliana dal 6 aprile 2022 al 16 gennaio 2023