Dario Germani: tra Antropophagus ed Emanuelle

Sotto il segno di Aristide Massaccesi
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Durante una telefonata con Dario Germani, che aveva tutt’altro fine (dovevamo parlare di Lettera H, il suo film sul Mostro di Firenze), a un certo punto, Dario mi lancia addosso, così, la notizia che ha realizzato per la Flat Parioli – la casa di produzione che da alcuni anni sta portando avanti un progetto pressoché unico in Italia con una serie di film di genere, dall’horror, all’erotico, all’action –  Antropophagus Legacy… E aggiunge che mi avevano scritto perché volevano che lo vedessi, prima di chiudere il montaggio, ma… la mail deve essersi persa nel cosmo. Se lo avessi saputo, certamente ci sarei andato…

Adesso il film è stato presentato allo Scream Fest di Los Angeles, che è un bel Festival, mi dicono, no? Lo abbiamo mostrato per la prima volta…

Fammi capire: Antropophagus Legacy è il link… tra cosa e cosa? Tu avevi già girato un Antropophagus II: questo nuovo si innesta nella stessa linea o…?

No, no, questo si aggancia proprio al primo Antropophagus di Aristide Massaccesi… eliminando completamente il due. Cioè, è un prequel-sequel del film di Aristide, dal quale parte, prendendo poi un’altra via…

Quindi, hai bypassato Antropophagus II

Sì, perché quello era completamente lontano da Antropophagus. Diciamo che era stato “un esercizio di gore”, chiamiamolo così. Però, era distante dal modello…

Molti, tra l’altro, mi continuano a chiedere di Antropophagus II, se avrà circolazione in Italia…

Negli Stati Uniti è uscito, in Inghilterra e in Germania pure, anche al cinema. In America è anche su piattaforma, in Italia no, non ha avuto distribuzione. Sai benissimo come funziona il nostro mercato… è stata molto complicata, la cosa. A livello di gore, di splatter, io penso che Antropophagus II sia stato uno degli ultimi film italiani di questo tipo. Poi… come storia, lo capisco e lo ammetto anche io che fosse un po’ deboluccio, però la mia idea era proprio di non stare sulla storia, in quel film, ma di giocare più sugli effetti, eccezionali, di David Bracci, che secondo me, da questo punto di vista, in Antropophagus II ha fatto un capolavoro.

Io l’ho sempre visto in italiano, mi piacerebbe vederlo in inglese…

Eh, ma era stato girato in inglese…

Antropophagus Legacy l’hai scritto tu?

Sì, insieme a Pierpaolo Marcelli e al mio aiuto regista Andrea Focà. La cosa bella è che siamo riusciti a rigirare le stesse inquadrature del primo e quindi siamo andati a Sperlonga, per simulare la Grecia. Siamo andati a Sperlonga, a Roma, a villa… mannaggia, come si chiama? La stessa villa, famosa a Roma, dove ci hanno girato anche i Pierino

Villa Crespi…

Villa Crespi, esatto: una villa molto bella, dove abbiamo rigirato anche il ritorno della figlia… ma non ti dico niente, perché devo fartelo vedere…

Ok, ma lui, l’Antropofago, c’è?

Sì, certo… Il film lo ha curato come effetti speciali sempre David Bracci, anche se non è così gore come Antropophagus II.

Ma è ispirato in qualche modo, il trucco, a quello di Gigi Montefiori?

Quando entra Montefiori, abbiamo proprio inserito una scena tratta dal film di Aristide… La scena sul canotto, con la moglie e il figlio, quando ancora lui non era diventato un mostro… Fa parte di una retrospezione, nel racconto di un nipote… Vabbè, ma non ti svelo niente, sennò poi ti rovino la visione…

Adesso però mi dici qualcosa anche delle Emanuelle. Perché hai fatto pure quelle, di recente…

Sì, abbiamo fatto un Emanuelle’s World, che racconta la storia di questa ragazza mulatta, bellissima, Erika Vannucci. Lo abbiamo riambientato, però, nelle Filippine e raccontiamo il mondo di Emanuelle. Il film si ricollega a un secondo capitolo, in cui Emanuelle viene ingaggiata, come spia, addestrata a Roma e poi portata a Parigi… Doveva essere una saga consequenziale, in origine, ma in realtà abbiamo fatto un jump, un po’ come faceva il buon Massaccesi. Tant’è che il terzo film si intitola Emanuelle e i cannibali. Perché abbiamo voluto provare a fare questa operazione, di prendere dei film di Bruno Mattei, dei pezzi dei suoi film con i cannibali, e girarci una lunga cornice attorno…

Gli ultimi che aveva girato giù nelle Filippine Bruno, Nella terra dei cannibali eccetera…

Proprio quello, infatti abbiamo ripreso anche degli attori che stavano nel film di Bruno. Ecco, quella è stata un’operazione un po’ più complicata per me, a livello di direzione degli interpreti: sai, Bruno riusciva a far lavorare personaggi che erano più “facce” che attori…

Proprio qualche giorno fa ho rivisto The Jail, di Bruno sempre. Ma anche tu c’eri di mezzo in The Jail?

Io non c’ero in The jail, ma sto rompendo le palle a Gianni Paolucci perché ne faccia un remake… [ride].

Quindi, quanti film hai in ballo? Il prequel-sequel di Antropophagus, le Emanuelle e…?

Antrophophagus Legacy l’ho fatto l’anno scorso. Poi abbiamo fatto un action movie, iniziato a Roma e terminato nelle Filippine, che si chiama Sangue d’oro. I due Emmauelle, tra Roma e le Filippine ed Emanuelle e i cannibali che abbiamo invece realizzato completamente nelle Filippine. Poi c’è un altro film, Pinkville: lì io sono dop, mentre la regia è di Fabio Ciani. Ricavato da My Lai Four, che era stata una produzione di Paolucci, in cui io, al tempo, facevo il direttore della fotografia, la regia era di Paolo Bertola, sul Vietnam. My Lai fu il mio primo film come dop, perché prima avevo fatto l’operatore eccetera… insomma, avevo ricoperto un po’ tutti i ruoli che gravitavano intorno alla fotografia. Pinkville è la storia di una giornalista che ritorna sulle tracce dei fatti di Mi Lay, per scrivere un articolo. L’attrice protagonista è la bravissima Nathalie Rapti Gomez, con la quale avevo già girato un film, Revival, che secondo me è ottimo, molto particolare. Pure questo voglio fartelo vedere: è stato venduto, adesso, in diversi Paesi, in tutto il Nord America, in Spagna. È prodotto da Andrea De Liberato, con Michael Paré, Louis Mandylor e anche con Yonv Joseph, che ha fatto il film della Cortellesi, un attore eccezionale. Posso dire che l’ho scoperto io, Yonv, perché non aveva mai fatto niente e gli ho fatto fare questo film… Pare Denzel Washington: è uguale di faccia.

Ed è un horror, Revival?

Sì, è la storia di due rapinatori in fuga che finiscono per incappare in un medico, uno scienziato che sta facendo esperimenti legati allo studio dell’aldilà. Ovviamente con degli sviluppi aggjiaccianti… Mi è varamente piaciuto molto, Revival… Tra l’altro, sempre sul genere horror, ho fatto anche Angel Tenebrarum, con location in Ungheria…

Insomma, sei una macchina da guerra…

[ride] Eh, ti dico che ho fatto pure una commedia, Natale con i ladri

Ma invece, quello con i morti viventi?

Sì, ahi, ahi, Ahi, ahi… [ride] La lunga notte dei morti viventi è un soggetto e una sceneggiatura di Gianni Paolucci insieme al cugino, che è Lorenzo De Luca. Allora: io più andavo avanti nella realizzazione di questo film e più… Io non sono uno al quale piacciono gli zombi, mi fanno ridere. Nel senso che o è una cosa veramente fatta bene, bene, bene, oppure lo zombi fa subito ridere. Cioè lo zombi fatto male diventa comico. Quindi… eravamo partiti dal presupposto di questa cantante, no?…

… Cantante?!

Allora, tutto quanto nasce da Gianni Paolucci, il quale un giorno mi dice: “Avrei quattro videoclip lunghi di una cantante…”

Eh, beh, la vecchia scuola…

E questa cantante, allora, sta per realizzare l’ultimo videoclip. Lo fa nel giorno della Festa dei morti, in un posto dove, ogni 100 anni, una nebbia fa resuscitare i cadaveri. Insomma, un mischione di storie. Alla fine, però, dico: “Ma perché non lo portiamo sulla commedia…”. E quindi è venuto fuori un horror divertente. Se ti devo dire la verità, secondo me non è riuscito male. Calcola che mi hanno perso quattro giorni di girato, cioè veramente un casino di roba. Per cui, alla fine è stato completamente reinventato, sul set e al montaggio… Ed è uscita una cosa divertente, che poi il pubblico ha gradito, perché è stato proiettato al Festival di Luigi Pastore, la scorsa estate, l’Italian Horror Film Fest.

Senti, torniamo un attimo sulle Emanuelle: sono un po’ pepate o no? Cioè, hai spinto con l’erotismo?

“Azzardiamo”, questa è la cosa che ho cercato di far capire a Marco Guadenzi, della Flat Parioli. Dico: “Marco, è inutile fare film erotici ma non troppo erotici”. Per cui me ne sono strafregato e non ho mai tirato il freno. E poi c’è un’altra cosa che ho capito, girandoli: io non riesco troppo bene a raccontare sesso tra uomo e donna, mi viene molto meglio il sesso saffico, tra donne. Ho il doppio delle possibilità di far bella figura. Anche perché gli uomini sono sempre un po più de coccio a fare le scene di sesso… Parte una timidezza di tutti che forse gli americani risolvono con… boh, hanno il designer dell’intimity, tutta sta roba qui, che noi non abbiamo…

Tu sai meglio di me che, all’epoca, nel cinema di genere italiano non c’era film in cui non ci fosse una bella scena lesbo: in tutti gli Emanuelle di Aristide, le sequenze migliori sono quelle tra donne…

Ma certo, ovvio! Ho copiato il maestro… ma per forza, perché sennò è proprio ridicolo raccontare diversamente. Guarda, non è tutto oro, eh, perché ti direi una bugia. Alcune cose diventano imbarazzanti, e mi auguro un buon doppiaggio per certi attori. Sto parlando in generale adesso anche dei film che ho fatto di recente, complessivamente. Perché, sai, la scuderia Paolucci-Mattei, dalla quale come ti dicevo ho ereditato degli interpreti, erano presenze di viso, di volto. Purtroppo o per fortuna, per certi aspetti il cinema oggi è cambiato, nel senso che adesso sì cerca sempre più la verità. Guarda, c’era un film su Marylin di qualche tempo fa. Era un film americano, gli effetti li aveva realizzati Luca Seriotti, con il quale dopo Lettera H in cui mi aveva curato gli effetti visivi, siamo diventati molto amici. E ho rivisto con lui questo film su Marylin, dove nel primo casting che lei va a fare, le dicono: “Non sei brava, perché non si vede che reciti”.  Non c’è niente di inventato, perché le avevano veramente rimproverato di essere “troppo naturale”. Questa cosa che sembra una sciocchezza, noi ce la siamo portata dietro nel cinema italiano per tanto tempo, almeno 10-15 anni più degli altri.

Antropophagus Legacy

La recitazione calcata, dici…

Sì. Che, per certi film dove vai molto veloce, non funziona affatto. L’unico che cercava di ammorbidire questa cosa, puntando a che gli attori fossero naturali era proprio Aristide Massaccesi: i suoi attori a volte erano veramente spiazzanti perché veramente bravi. Le attrici che facevano le scene erotiche sembrava davvero che provassero piacere. E quello lui era riuscito a farlo egregiamente. Perché? Perché era un direttore della fotografia, diciamocelo.

Aristide, all’inizio, infatti, non voleva debuttare come regista. Diceva: “Se passo alla regia, mi sputtanano come direttore della fotografia, che è l’unica cosa che mi piace e mi interessa fare”…

Ma è così: stiamo in questo limbo. Io, poi,  lo scimmiotto, lo scopiazzo spero di arrivarci, un giorno, a essere almeno la metà di quello che è stato Massaccesi. Che secondo me, è stato un maestro vero e che ha operato a volte in condizioni molto più precarie delle mie, riuscendo a risolvere situazioni impossibili. Era uno che riusciva a lavorare pure con la pellicola scaduta da un anno, era un genio. Quando andavo a parlare con gli sviluppatori che ho conosciuto, beh loro dicevano che se c’era un vero cazzo di genio, questo era Massaccesi. Arrivava il materiale e loro, magari, dicevano “Ma questo è da buttare!”. Invece, Aristide: “No, fai così, così, così…” e salvava il film.

Poi umilissimo. Ho il ricordo di Aristide come di un persona eccezionalmente umile. Anche quando gli dicevi: “Ti ricordi quella bella scena che hai girato in Emanuelle & Francoise…?”, lui si faceva una risata, come dire “Sì vabbè, l’ho fatta, ma…”. Era veramente di un’umiltà incredibile, non si gloriava mai di nulla…

Io vorrei capire come ha fatto a fare Emanuelle orient-reportage, che sembra un film… O l’hanno fatto mentre giravano Lawrence d’Arabia o non lo so. Ma hai presente che scene di massa ci sono là dentro? Come cazzo hanno fatto?

Tu dimmi come hanno fatto a mettere in piedi lo snuff di Emanuelle in America, che resta una delle cose più impressionanti che io abbia mai visto. Lo vidi la prima volta e pensai: “Ma questi cosa hanno fatto? Hanno ammazzato davvero le donne?

E non c’è più riuscito nessuno a fare cose del genere. Per questo dicevo che era un genio, perché, anticipando tutti, riusciva a rendere ogni cosa molto più reale.