Francesco Foletto: fuori dai denti (seconda parte)
Intervista con il regista e sceneggiatore di IndieVolpe
Passiamo al discorso su festival più grandi: hai mandato il tuo corto ultimo, Restare umani, a Sitges…
Davvero io da Sitges, mi aspettavo totalmente un altro tipo di impostazione.
Non te lo hanno preso?
No. Prendono dieci corti in tutto il mondo… quindi sono tranquillissimo che il mio non lo prendi. Lo accetto, ma non accetto che mi prendi per il culo, perché se tu mi prendi per il culo allora il discorso è diverso. Tu mi dici, in prima battuta, che la scadenza è il 17 di Luglio; poi, 10 giorni prima, la scadenza diventa il 30 di Luglio. Con una deadline, una extradeadline eccetera… e quindi aumenta di 10 euro il costo di iscrizione. Nel regolamento c’è scritto che entro i primi giorni di agosto, se sei stato selezionato, riceverai una mail, però si riservano la possibilità di andare fino all’inizio di settembre, perché magari ci sono problemi, cancellazioni ecc. Qui però c’è la sorpresa. Volevo capire da un italiano se la qualità del video conta o meno, perché so che loro sono molto nazionalisti. Quindi, chiedo a un tipo, che mi dice che era stato selezionato un paio di giorni dopo la prima deadline. Quindi qualcosa non torna. A sottoscrizioni non ancora chiuse, sapevano già chi avrebbero preso. È una roba senza senso.
Mi stai dicendo delle cose assurde. Perché visto dall’esterno tu puoi immaginare che ci siano delle incongruenze. Ma a questi livelli…
La comunicazione di certi festival non esiste nemmeno. Cioè, io ti ho mandato dei soldi, tu non puoi solo mandarmi una notifica sulla piattaforma di invio per avvisarmi che non sono stato selezionato e fine.
Cioè, loro non ti danno motivazioni, ti dicono solo che non sei stato selezionato.
“Non siamo riusciti ad includerti nel programma perché l’offerta era come sempre troppo alta”, ti dicono così. Così funziona.
Torniamo ad IndieVolpe. Eravamo rimasti a Lover’s Inn…
Lover’s Inn viene quindi girato, montato eccetera, mentre, nel frattempo, io avevo scritto già un altro corto, Marmellone. Purtroppo, girato nell’estate del 2018, nonostante piacesse a molti come storia ecc, avevo sbagliato il cast: mi assumo la responsabilità…
Diciamo di cosa parla, intanto…
Era un mezzo pulp drammatico. È la storia di questo comico fallito, che lavora e ha sempre sperato di fare il grande salto nella stand up comedy, ma che ha fallito e quindi si esibisce in questo locale trash dove, purtroppo, a causa di varie vicissitudini, è stato costretto ad indebitarsi con vari sudamericani. Quest’ultimi riescono a comprarsi il posto dove lavora e lo vogliono far fuori. E quindi è l’ultima giornata di Marmellone all’interno di questo locale. Doveva essere girato tutto a spalla, purtroppo per varie ragioni tecniche ed economiche (basso budget) non siamo riusciti a concluderlo. Marmellone, insieme ad Innamorarsi, sono i due che sono andati peggio. Marmellone ha avuto un problema di casting. Tranne il protagonista, Matteo Pescarzoli, il resto era sbagliato. Avevamo fatto un cast al risparmio e lo stesso errore l’ho fatto su Innamorarsi.
Andiamo per gradi: Marmellone quando lo hai finito?
Finito a ottobre, novembre 2018, e quindi chiudiamo i due corti del 2018. E comincio ad iscriverli ai festival. E quello è l’anno in cui Lover’s Inn viene selezionato al primo festival in Spagna, un festival fantascientifico molto figo, perché era insieme alla più grande convention di robotica europea. Solo per corti al cui interno ci sono androidi. Arrivato finalista, ma poi non abbiamo vinto. Nel frattempo, finisco Marmellone e comincio a iscriverlo ai festival. E parto a scrivere Innamorarsi. Innamorarsi era la storia di questa coppia che ha dei problemi coniugali, che all’apparenza è una coppia di ragazze, anche se poi, seguendo la storia, si scopre essere la storia di una coppia convenzionale al cui interno vi è un ragazzo. È una storia che anche lì ha avuto un problema di casting. La controparte di Elisa ci ha dato buca e così abbiamo selezionato Denise Brambillasca, che ha lavorato moltissimo con noi ma nel ruolo non era perfetta nella riuscita finale.
Perché dici che non funzionava?
Perché, fisicamente, lei è molto giunonica, mentre mi serviva una donna più scarna, che desse l’idea di malessere anche a livello fisionomico. È stato selezionato a un paio di festival sempre lgbtq+ e mentre era andato in post produzione avevo cominciato a scrivere, sotto tortura di Elisa, un corto in costume sulla stregoneria. Innamorarsi viene girato a gennaio del 2019 e, nel frattempo, cominciamo la preproduzione de La donna che abita la montagna, un progetto, sulla carta, spaziale rispetto agli altri, ma che poi ha avuto problemi. Non eravamo forse pronti perché lì nasce un piccolo problema: inizialmente, il direttore della fotografia non vuole girare questo film perché un horror non gli interessa. Lui è più sul sociale, infatti anche Lover’s Inn lo aveva girato un po’ scazzato, non gli interessava, ma diceva che era un buon modo per conoscersi, visto che era un progetto piccolo, due giorni di riprese. Cosa succede? Che lui dice no, “roba di genere non la voglio fare!”. Io invece voglio tornare sul genere, tanto il resto non ci porterà da nessuna parte. Almeno faccio quello che mi piace al 100%. Quindi, inizio a cercare un altro direttore della fotografia. Quel gruppo tecnico, poi, andava cambiato. Avevamo raggiunto il massimo della qualità raggiungibile, quindi ho detto: “Proviamo a cambiare il reparto fotografia”.
Ho l’impressione che tu sia ipercritico verso te stesso…
Sì assolutamente, dopo avere girato Restare umani, per me non c’è nulla di soddisfacente.
Quindi, al momento, Restare umani è quello che ti esprime al meglio…?
… Che mi soddisfa di più, perché quello che mi esprime meglio è Lover’s Inn. In Lover’s Inn i difetti, le problematiche, sono solo colpa mia: è un progetto che mi appartiene. Io, in quel momento, avevo 90 euro in tasca, quindi va bene quello che ho fatto.
Ma, da quello che ho capito, in Lover’s Inn subentrò anche l’idea di trasformarlo, facendolo diventare un lungo?
Sì, perché c’è la prima parentesi del FIPILI Horror festival nel 2019. Perché, a inizio 2019, veniamo selezionati al FIPILI con Lover’s Inn. Io ero molto contento perché era la prima volta che venivo selezionato in Italia. Noi allora, per scherzo, siamo andati al FIPILI in concorso. Vediamo tutti i corti, noi eravamo nella categoria “fantascienza”. Quindi andiamo, finiamo di vedere il nostro corto e diciamo “che merda!”…
Addirittura? Cazzo, ma siete troppo spietati con voi stessi…
Sì, dovevamo poi capire come migliorare con il progetto successivo, perché quello non è bello…
Ma questo “non è bello” cosa significa?
Che questo potevo farlo meglio, quest’altro l’ho fatto male. In primis, parte tutto da me, sono io l’origine, poi vado a cascata su tutti gli altri. Io mi prendo la responsabilità di quello che scrivo, perché se poi quello che scrivo viene rivisto da un altro, perde la sua “cosa” e quindi la conseguenza è questa, che io mi sobbarco tutto. Quindi inizio a pensare che su una cosa potevo rompere più i coglioni al direttore della fotografia, il montaggio potevo tagliarlo un pelo prima, il sound potevo insistere per farlo diversamente. Sono stati, però, dei giorni molti belli, perché quell’anno il FIPILI era all’apice dell’indipendente, ma allo stesso momento era super friendly. Aveva una sua identità forte, poi non ce l’ha più avuta. Spero la ritrovi. E quell’anno lì cosa succede? Rimaniamo fino alle premiazioni, “tanto”, ho pensato, “noi non vinciamo nulla”, ma avevamo fatto il toto vincitori e li avevamo azzeccati tutti, tranne uno. Arriviamo ubriachi alla premiazione, entriamo in sala, ci addormentiamo durante i corti, una maleducazione a livelli… ma non era tanto una mancanza di rispetto nei confronti loro, quanto più nostra, perché eravamo così delusi dalla proiezione del giorno prima che dicevamo: “Boh, veramente, che tristezza!”. Cominciano le premiazioni. Quell’anno era l’ultimo in cui c’erano i Manetti Bros. Arrivano e cominciano le premiazioni. Effetti speciali, azzeccato. Premiazione miglior performance nella fantascienza. “Vogliamo premiare due attrici” e io stavo già pensando “ma due attrici ce le ho soltanto io” e vincono davvero loro, Elisa e Denise. Non ce l’aspettavamo. E quindi da questa cosa in cui noi dicevamo “che merda”, siamo passati a rielaborare Lover’s Inn rifacendo l’audio…
Ah quindi avete rilavorato a quel prodotto?
Sì, è stata rimessa mano a Lover’s Inn e poi è stato preso a molti più festival. Infatti, fino a pochi mesi fa, è stato il nostro corto più premiato, perché, modificando due cazzate, funzionava molto meglio. Invece, per La donna che abita la montagna ho investito molti più soldi rispetto a quelli che dovevo investire: il costumista ci ha fatto un costume sbagliato, che abbiamo poi dovuto rivedere sul set. E il direttore della fotografia si è portato due aiutanti che si sono rivelati un po’ un caos: ma non solo gli aiutanti, anche lui, perché voleva fare il regista ma su quel set lì non era il regista, quindi confliggevano molto tra di loro della fotografia, c’era dell’incostanza e per colpa loro abbiamo perso molto tempo e due scene sono state tagliate, solo che due scene in un corto pesano. Alla fine non è uscito male, ma ne è uscito massacrato, nonostante costumi d’epoca fatti come dovevano essere fatti, i cavalli, i falchi, i gufi, la casa d’epoca medievale in montagna. Nonostante questo, alla fine è stato un disastro, anche se per ora è il corto che ha vinto di più… però è stato un disastro perché le potenzialità che aveva sono state completamente inespresse. Io mi sono ammalato dopo il corto, mi si sono gonfiati tutti i linfonodi del collo per lo stress. È stato devastante. Poi abbiamo fatto un altro corticino, durante la pandemia, che per me è stato più un esercizio. Si chiama Il sogno di Fujiko, basato su un racconto non mio che, però, è una robina girata in mezza giornata per tenersi in allenamento, perché non giravamo più dal 2019 e l’abbiamo girato nel 2021.
Quindi siamo rimasti al 2019 con La donna che abita la montagna…
Che finisce di essere post prodotto all’inizio del 2020, poco prima del lockdown.
Ma nel frattempo era intervenuta la possibilità di allungare e protrarre Lover’s Inn…
Sì, andiamo a parlare la sera della vittoria con i Manetti Bros che ci dicono: “Cazzo, però è un peccato perché dovevate aggiungere due cose di scenografia” eccetera. E allora gli dico che sarebbe stato bello, ma che lo avevamo girato, purtroppo, con un basso budget. Ci suggeriscono quindi di farci una miniserie ma gli dico che comunque sarebbe un po’ dispendiosa e loro ci fanno intendere che, magari, ci si può risentire successivamente. Loro avevano fatto la stessa cosa con Misischia, poi ripeto: speranza, chiacchiere… non lo potevamo sapere, ma eravamo gasati dalla vittoria e quindi proviamo a fare un piano di produzione e una pre produzione di Lover’s Inn, costruita seriamente, con dei contenuti seri, girati bene. Così, “torniamo là l’anno prossimo e vediamo cosa ci dicono”. A settembre avevamo fatto gran parte del cast principale per girare Lover’s Inn ma come film, non come serie, perché io ho detto: “Non vado lì con una serialità. Poi, se loro vogliono una serialità basta diluirla, ma se vado con un film è più fattibile. Lo faccio tutto chiuso in un hotel, i costi di produzione li faccio crollare e così, magari, una speranza ce l’abbiamo se gli presentiamo un progetto fatto bene”. In più, arriviamo con La donna che abita la montagna perché io, ovviamente, quando ho cominciato con quest’idea, non sapevo che La donna che abita la montagna sarebbe stato un fallimento, sostanzialmente.
Tu, quindi, La donna che abita la montagna l’hai chiuso all’inizio del 2020?
Sìsì. Dovevamo tornare con il progetto pronto al 25 Aprile 2020: io mi ero dato fino a Marzo 2020 per creare tutti i contenuti del film, quindi trailer, interviste, spiegazioni, business plan. E infatti comincio a fare la pre produzione, il cast, la post produzione. Intanto, arriviamo ad inizio 2020 e scoppia il covid. Il FIPILI non viene fatto, viene spostato ad Ottobre però, nel frattempo, la pre produzione si blocca: non potevamo farla e si sfalda anche il cast, perché, più tiri avanti e non hai una concretezza, più il cast si spantega. E di fatto è quello che successe.
Quindi il resto del 2020 rimane lì o avete fatto altro?
No, no, produzione bloccata, per forza. Io nei primi tre giorni di lockdown scrivo Restare umani.
Ah, lo scrivi subito…
Lo scrivo subito… che poi, anche lì: c’è chi dice profetizzi quello che è successo dopo. perché Restare umani è la parafrasi di Andrà tutto bene. È la stessa cosa che poi dicevano. Lì dico praticamente che nulla andrà bene, ma che, anzi, al massimo peggiorerà. Sicuro come l’oro. Scrivo, quindi, Restare umani…
Era già la versione definitiva o una bozza?
No era quello, è stato limato però, di fatto, era quello. È stato limato molto il voice over, come sempre, perché quello si scrive sempre in abbondanza e poi si taglia tantissimo. Qualche scena riempitiva è stata aggiunta. Diciamo che inizio, svolgimento e fine, bene o male, sono rimasti quelli. Perché è un corto che è stato scritto molto d’impulso sulle emozioni forti che si provavano in quel periodo lì, nel senso che era una roba inaspettata che da un giorno con l’altro non ci si potesse neanche più vedere con la propria fidanzata. Quell’anno lì noi eravamo sulla cresta dell’onda con contatti e tutto ma il covid ci ha distrutto. Quindi, scrivo Restare umani sperando di poterlo girare in autunno, perché c’era sempre la prospettiva di poter riaprire tutto a breve e quindi salto tutto il 2020. A ottobre, selezioniamo il cast tecnico perché non volevo più avere niente a che fare con quelli con cui avevo girato La donna che abita la montagna e sentiamo Antonio Morra, che è il direttore della fotografia. Non aveva ancora avuto le gratificazioni di Venezia e dei David di Donatello, e lui accetta perché voleva crearsi un portfolio e trasferirsi a Roma e votarsi al cinema, definitivamente. Allora decidiamo di farlo ma ricomincia di nuovo il lockdown, zona rossa ecc. Volevamo girarlo allora a febbraio 2021, ma non è stato possibile, perché ricomincia questo tran tran, tra l’altro avevamo scelto un’attrice italiana che abitava a Londra, molto brava, ma che non riusciva a rientrare in Italia, anche perché poi con l’Inghilterra c’era stato un casino tra Brexit, contagi eccetera. A questo punto, salta fuori l’idea del crowdfunding che per me era difficilissimo e ad Aprile dico “Va beh, proviamo”. Il crowdfunding è però un mondo a sé. Partiamo dicendo che se lo facciamo adesso, se falliamo il crowdfunding ce lo dimentichiamo. Io mi ero fatto tutti gli studi e se fallisci la prima campagna è finita, non avrai mai più fondi. Con una fatica immensa e zero contenuti da postare, solo due foto e un trailer, abbiamo raccolto il 110% di quello che ci eravamo proposti e comunque non riusciamo a girare fino a Febbraio del 2022. Perché tra l’attrice che, a quel punto, ha detto “Faccio un passo indietro”, ritrovare l’attrice, riorganizzare tutto, la location non si trovava perché nessuno ci voleva ospitare ed era una location molto difficile da trovare come hai visto nel corto. Ma, per botta di culo, siamo riusciti e nel 2022 giriamo. Tutti i soldi vanno in spese, non è stato ancora pagato nessuno ed è una cosa che mi dà fastidio, però è l’unico modo per girare un progetto di qualità. E comunque non ci siamo stati dentro. Giriamo e tutti si dimostrano professionisti, nessuno ha disatteso le aspettative, tutti gasati, morale sempre alto, non c’è mai stato un problema: abbiamo girato in tre giorni, costruito un muro finto, dentro uno scantinato al freddo, per tre giorni, e le attrici sono state bravissime. Restare umani è stato il più grosso successo, il progetto più riuscito per quello che ci sta attorno, fotografia, attrici. Ludovica Manco è una ballerina, non è neanche un’attrice ma è stata bravissima. E ora abbiamo realizzato il crowdfunding per l’animazione, per Dollhouse, perché io sono appassionato di animazione.
Lì hai cominciato e lì vuoi tornare.
Lì voglio tornare ma anche perché mi servirebbe mezzo milione di euro per girare un corto cyberpunk live action. Io però voglio girarlo.
Dollhouse riprenderebbe sempre Lover’s Inn?
Che è Lover’s Inn in formato ridotto. La trama di Lover’s Inn lungometraggio, reso in corto ma in animazione per una questione di soldi e in teoria in rotoscopia, perché costa meno.
Ah quindi viene a costare meno?
Sì, perché io non devo avere le location giuste, le disegnano loro. Non devo avere gli attori giusti, li disegnano. Io posso prendere solo comparse o modelle e non mi interessa se siano brave o meno, tanto poi sono doppiate. Io giro tutto velocemente e in modo imperfetto perché non mi servono particolari luci o fotografia, tanto rifaccio tutto in post, basta che io abbia l’inquadratura, io monto il corto ed è gia tutto fatto. Non si monta l’animazione, si monta il filmato. Non devo pagare nulla.
Certo che detto così è un conto, poi nel concreto…
Eh sì, detto così sembra facile, ma io come termine ultimo del mio progetto ho messo la fine del 2023: un anno mi do. Restare umani è slittato, ad esempio, di quattro mesi nelle consegne. Il bello del crowdfunding è che nessuno ti viene poi a rompere i coglioni perché non è ancora uscito nulla, basta che tieni aggiornati i donatori e finisce lì. E l’animazione a livello festivaliero è un mercato vuoto.
Quindi potrebbe essere uno spazio in cui inserirsi?
I fondi per i lunghi animati vanno spesso a vuoto. Così è diverso.
Bene, questa è quindi la filosofia di IndieVolpe…
Esatto! Che non bisogna avere fretta di fare progetti, se hai fretta non lavori con noi. I nostri progetti sono da collettivo, anche se poi si rispetta una gerarchia, sempre e comunque, ma le proposte e le cose sono sempre ben accette e cerchiamo di proporci come alternativa al mercato indipendente italiano.
Beh ma di fatto mi pare di capire che lo siate. Avete un modo di procedere che è molto vostro. Per il poco che conosco in questo ambiente, vi distinguete…
Un ringraziamento particolare a Francesca Romito, per la collaborazione