Abaddon
“L’enfer c’est les autres”, “l’inferno sono gli altri”, è una delle frasi di Jean Paul Sartre che più sono rimaste impresse nell’inconscio collettivo, ironia della sorte proprio in un’opera, il testo teatrale A porte chiuse, in cui l’elemento fantastico gioca un ruolo di primo piano a differenza di altri testi del filosofo francese, certamente non troppo portato al genere. A porte chiuse presenta una visione peculiare e per nulla spettacolare dell’inferno come una stanza chiusa in cui la punizione consiste nel restare invischiati nel fango di rapporti interpersonali deleteri al punto di non essere in grado di lasciare la stanza stessa nonostante la porta sia aperta.
Abaddon, fumetto dell’israeliano Koren Shadmi, parte da un presupposto molto simile mettendo in scena una situazione che per molti aspetti ricorda l’opera di Sartre, pur collocandola su binari stilistici che proseguono il lavoro iniziato su Love Addict, già recensito su queste pagine. Se, infatti, il dispositivo è similare a quello impiegato dall’autore francese, contestuale al contemporaneo è la lettura che in Abbadon viene data dell’uomo e della sua interiorità.
Ter, il protagonista del fumetto, percorrerà i corridoi e le stanze dello stabile in cui si trova misteriosamente rinchiuso al fine di ricomporre la propria identità fra pezzi del suo inconscio e personaggi persi nelle loro ossessioni, nelle loro idiosincrasie e nell’incomunicabilità più totale. La scrittura character driven funziona, così come funziona la parte grafica, con una scelta cromatica che rende alla perfezione il senso di stantio, quella staticità ricorsiva stile mito di Sisifo che opprime il lettore come una tortura della goccia. Koren Shadmi è un autore interessante e versatile, da tenere d’occhio, Abaddon non è la più brillante delle sue opere ma è di certo un buon volume.