Animosity vol 1- Il risveglio
Se, di base, la fantascienza in generale e la distopia in maniera particolarmente critica, lavorano analizzando alcune delle dinamiche alla base della nostra società passandole sotto la lente d’ingrandimento, un lavoro doppio viene fatto quando, delineato uno scenario, il solo fatto di considerarlo o meno parte di un sottogenere, per l’appunto il distopico, significa già di per sé una presa di posizione di tipo etico da parte del lettore. Animosity è, in tal senso, narrativa d’idee espressa a pieno potenziale. La combinazione di world building e caratterizzazione dei personaggi è infatti una miscela esplosiva in grado di innescare riflessioni profonde e niente affatto scontate.
Se, infatti, il presupposto di partenza del fumetto è che gli animali sviluppino di colpo una coscienza complessa come quella degli esseri umani, il fatto che si comportino in maniera perfettamente realistica e comprensibile, ovvero come chi per secoli è vissuto nella più subalterna delle posizioni, senza alcuna voce in capitolo nemmeno per quanto riguarda la propria vita, e all’improvviso ha i mezzi per accorgersene, è disarmante in quanto spinge il lettore a riconsiderare la propria etica alla base pur rinunciando alle prese di posizione facili o all’ambientalismo d’accatto. Sì, perché il messaggio di fondo è che oppresso od oppressore è per lo più una questione di scelte e di circostanze.
Il ritmo è buono, non tirato ma non troppo lento, azzeccati per quanto non memorabili i disegni, comunque perfettamente funzionali all’opera, che non si affida troppo all’originalità del concept non rinunciando a una trama strutturata che, in ogni caso, è ancora in attesa di essere sviluppata appieno. Il difetto del volume è forse questo. Mostra ancora poco, sembra quasi esitare nell’entrare nel vivo della situazione. La curiosità di continuare, tuttavia, non manca.