Ci sono franchise che, come li metti li metti, sembrano funzionare. Idee che si trasmettono da una forma espressiva all’altra riuscendo a conservare le caratteristiche che le rendono efficaci perdendo poco o nulla nella transizione. Senza dubbio il lavoro degli autori ha il suo peso, ma sembra che in determinati casi sia il personaggio a scriversi da solo. Dirk Gently, l’investigatore olistico creato da Douglas Adams, rientra perfettamente in questa categoria. Se, infatti, i romanzi del creatore della Guida galattica per autostoppisti non hanno bisogno di ulteriori presentazioni, le recenti incarnazioni dell’investigatore olistico, la serie tv su Netflix e il fumetto scritto da Chris Ryall, dimostrano che l’idea di fondo funziona bene in tutte le sue versioni.

Dirk Gently investiga senza un reale metodo di ricerca ma, conscio della fondamentale interconnessione fra ogni singolo aspetto della realtà, lascia che siano i pezzi a rimettersi a posto seguendo il flusso degli eventi. In poche parole, Dirk fa le cose a caso. Almeno all’apparenza, perché poi tutto torna. Il risultato è uno spassoso pastiche di generi letterari, dall’urban fantasy all’horror, in cui le situazioni procedono per accumulo fino ad esplodere in epiloghi deliranti. La cifra dell’opera è l’ironia arguta, un aplomb che si mantiene tale di fronte a sviluppi narrativi via via più assurdi, con un ritmo sempre alto e un protagonista il cui carisma stralunato regge senza fatica una vicenda ricca di personaggi e situazioni che divertono con leggerezza.

Scrittura e disegno, nell’adattamento a fumetti, sono davvero poco più che accessori. L’idea è forte e gli autori non devono fare altro che permetterle di venir fuori e fare il suo lavoro. A dire il vero, nella seconda parte del volume il disegno avrebbe potuto essere migliore, ma tutto sommato non impedisce all’insieme di girare a dovere.