FUCK
A prima vista, FUCK può sembrare un’opera derivativa. Certo, Alex Crippa e Giorgio Santucci pescano, sia per scrittura che per scelte estetiche, nel magma ribollente degli anni ’80 e ’90 del fumetto ma non soltanto. Ci sono lo spirito sovversivo e arrabbiato del cyberpunk, l’anima al contempo umana e nichilista di Sin City, l’estetica esagerata e vagamente fetish di Marshal Law, la sfrontatezza d b-movies come I predatori di Atlantide di Ruggero Deodato e il ritmo tirato e adrenalinico di Mad Max Fury Road. La sua identità, tuttavia, FUCK la mantiene eccome, citando consapevolmente, senza copiare, un universo narrativo a cui sa di appartenere, un immaginario collettivo riconducibile, nelle intenzioni, a un grande dito medio sventolato in faccia al potere.
Nonostante i riferimenti a un passato quasi recente, Crippa proietta la sua storia in un futuro prossimo che tiene ben conto delle dinamiche e delle tensioni sociali che caratterizzano il nostro presente, che lo sceneggiatore pone sotto una lente d’ingrandimento e deformante allo stesso tempo mettendo in scena una cavalcata selvaggia cupa, selvaggia e, in più di un frangente, allucinata e surreale. Con la libertà dell’autore indipendente, Crippa porta avanti le sue idee senza mezzi termini consegnando al lettore il messaggio in maniera diretta quanto un pugno al plesso solare, comprimendo un immaginario pop nervoso e sovversivo in una pallottola sparata da un’arma di grosso calibro.
La profondità non manca ma la riflessione non va mai per il sottile, assecondando una soluzione narrativa che schiaccia a tavoletta sull’adrenalinico di un grande inseguimento costellato di momenti di ultra violenza. Santucci è il primo a crederci e in tal senso si spende con un segno grafico graffiante e nervoso, senza cercare mai e poi mai la finezza ma divertendosi nello stare al gioco nel caratterizzare ambienti e personaggi ben oltre il limite del grottesco e, spesso, sul filo del caricaturale, con bianco e nero senza mezzi toni e un taglio registico che ricordano un Frank Miller nutrito con gli stilemi del cinema contemporaneo. E qualche grammo di cocaina ogni tanto. Un fumetto straight in your face.