Highwayman
Un uomo vaga in giro per il mondo, sempre uguale, senza mai invecchiare, per diversi secoli. Spettatore del futuro della Terra, assiste al graduale collasso della società umana, camminandole a fianco lungo un percorso che porta all’estinzione. L’identità dell’uomo, la sua missione e il contenuto del misterioso bagaglio che si porta sempre appresso saranno rivelati solo alla fine di tutto. Highwayman, pubblicato da Nicola Pesce Editore, è l’ultimo di una lunga serie di fumetti dell’autore israeliano Koren Shadmi recensiti su Nocturno: Abbadon, Crudeltà, Love Addict e Rise of the Dungeon Master, realizzato in coppia con David Kushner.Uno sguardo d’insieme all’opera di Koren Shadmi rende ancora più evidente ciò che il fumettista aveva già dimostrato nella raccolta di short stories, Crudeltà, ovvero la sua grande versatilità che gli permette di trattare generi diversi fra loro, dal biografico alla fantascienza passando per la commedia e l’horror metafisico, pur mantenendo sia a livello di scrittura sia a livello di disegno una propria forte identità, una voce chiara e distinta che attraversa tutti i suoi lavori.
La sua scrittura sempre in punta di penna e il tono soffuso e delicato che pervade le atmosfere delle sue storie sono sempre lì. Anche nel dramma più profondo, anche nei momenti più disperati Koren Shadmi non urla mai, ma racconta con voce calma e quasi piatta, con un ritmo uniforme che non sembra accelerare nemmeno durante le scene d’azione. Highwayman è forse il più essenziale dei fumetti di Shadmi, sia a livello visivo che a livello di scrittura le informazioni sono ridotte al minimo, viene detto l’essenziale che, proprio per questo, emerge in tutta la sua potenza narrativa.
Rispetto ai suoi lavori precedenti, il tratto di Koren Shadmi è più pulito, si allontana dal segno à la Peter Bagge per avvicinarsi di più al fumetto francese. Molto interessante, come al solito, il suo lavoro sul colore: le diverse epoche attraversate dal protagonista di Highwayman sono caratterizzate da una combinazione di colori, anzi di variazioni di un colore dominante, che ricorda per certi versi l’Asterios Polyp di David Mazzucchelli, anche se un po’ meno spinto, sempre un passo indietro in pieno stile Shadmi. Nonostante il numero di pagine non definibile come esiguo, 173 tavole non fanno propriamente un fascicoletto, una lettura tanto scorrevole e leggera fa durare troppo poco l’esperienza di una lettura soddisfacente ma che forse, più per gusto che per reale necessità, sarebbe stato bello approfondire un po’, ma d’altronde chiudere un bel fumetto dopo averlo terminato lascia sempre un po’ l’amaro in bocca.