Hitler
Hitler, fumetto del 2015, scritto da Shigeru Mizuki.
Ci sono fenomeni tanto radicati in una cultura da condizionare in maniera permanente ogni discorso fatto intorno a essi. Certi fatti, certe personalità, certe espressioni di una determinata realtà hanno una sorta di gravità propria, una sorta di lente distorcente che rende impossibile parlarne non dico con leggerezza, ma quantomeno con la disinvoltura che si riserva a molti altri argomenti. L’esempio principe di detta categoria, quantomeno per quanto riguarda la civiltà occidentale, è senza dubbio Adolf Hitler. Pressoché impossibile, per un europeo o per uno statunitense, scriverne senza trascinarsi dietro un fardello enorme in termini di inconscio collettivo e di impatto culturale. Una fiction su Hitler non può non considerare, almeno entro una certa misura, l’associazione di idee che compiamo accostando il Fuhrer al male assoluto. Il discorso cambia, tuttavia, se chi ne racconta appartiene a un contesto molto lontano dl nostro. Nella fattispecie, il mangaka Shigeru Mizuki, autore di lavori importanti come Nonnonba e Verso una nobile morte. Il Giappone, patria dell’autore, pur essendo stato uno degli attori principali della Seconda Guerra Mondiale, non è infatti stato investito, se non in termini di conseguenze belliche e politiche in senso più ampio, dallo tsunami socio culturale rappresentato dal nazismo, e ciò dà la possibilità di raccontarlo, e di raccontarne l’icona più rappresentativa, con uno sguardo diverso, obliquo, quasi vergine. Il risultato, nelle mani di un fumettista capace come Mizuki, è per certi versi spiazzante.
Nel suo Hitler, infatti, l’autore ci consegna una biografia rigorosa quanto pacata, il racconto di una personalità dall’importanza storica impareggiabile che, pur senza dimenticarne i crimini efferati, opta per una narrazione fredda e delicata, evitando soluzioni espressioniste volte a caricarne gli aspetti etici. Mizuki si attiene ai fatti e va poco oltre il dato di fatto consegnandoci una caratterizzazione lucida, tratteggiando un personaggio umano pur senza farne l’apologia, anzi, non dimenticandone le ombre più scure. Pur essendo un’opera interessante, tuttavia, Hitler è una graphic novel con più di un punto debole. Il libro è stato pubblicato in Giappone nel 1971 e i suoi anni li dimostra tutti. Il ritmo è lento, al punto che in certi passaggi la lettura è quasi ostica e il segno grafico, statico e pesante, rende la fruizione ancor meno scorrevole. Shigeru Mizuki se la sarebbe potuta giocare con Osamu Tezuka, e probabilmente all’epoca l’ha pure fatto, ma nonostante la prospettiva singolare e il talento nel tratteggiare i personaggi, l’opera manca del dinamismo e della potenza espressiva che hanno reso immortale il padre di Astro Boy, non a caso autore di La storia dei tre Adolf, capolavoro che tocca in più punti le tematiche di Hitler riuscendo, a differenza dell’opera di Mizuki, a sopravvivere al proprio tempo. In definitiva, ci troviamo davanti a un recupero interessante ma per soli appassionati hard core.