I am an Hero
I am a Hero, manga realizzato da Kengo Hanazawa da cui è tratto il film di Shinzuke Sato in uscita nelle sale giapponesi nel 2016, si presenta come una rilettura particolarmente originale, quantomeno per un occidentale, di quel sottogenere per certi versi inflazionato che è la narrativa che ha per oggetto gli zombi. Che si tratti di morti viventi, infetti da qualsivoglia malattia o revenants di altro genere, l’idea di un’invasione su scala mondiale di esseri umani regrediti a uno stato bestiale e dotati di un’intelligenza e di una ferocia primitive appassiona, tornando periodicamente di moda, lettori e spettatori di tutto il mondo da ormai decenni. L’elemento che distingue I am a Hero dalle tonnellate di zombie novels o zombie movies occidentali di cui siamo bombardati quasi quotidianamente sta nel grande contraltare ai mostri stessi : le armi da fuoco. Se, infatti, da Romero a Walking Dead le armi da fuoco sono uno strumento di uso quotidiano nelle apocalissi nostrane, il fucile di cui è proprietario Hideo Suzuki, il protagonista del fumetto, è una sorta di Excalibur.
Complici le leggi giapponesi, estremamente restrittive in materia di possesso di armi da fuoco, un appassionato di tiro sportivo come Hideo si ritrova a detenere, a fronte della situazione estrema che si trova ad affrontare, un’arma di fatto rara e determinante, attorno a cui si costruisce buona parte della storia. Il fucile, infatti, dà all’eroe – il cui nome, non a caso, si scrive con gli stessi ideogrammi che compongono la parola “hero”, un senso di responsabilità che lo definisce in quanto tale e gli permette di mantenere, nella sua metodica e allucinata follia che lo affligge già da prima dell’inizio della crisi che porta gli infetti del virus zqn a mettere a ferro e fuoco il mondo, una sorta di rotta, un percorso che lo tiene in vita e in grado di proteggere e badare alle persone che si aggregano a lui, lungo il suo viaggio attraverso un Giappone al collasso, il cui rigido sistema di regole sociali crolla di fronte a una crisi che non riesce ad affrontare.
I am a Hero, in generale, funziona. Il protagonista, pur non portando facilmente all’immedesimazione, è complesso e interessante, pieno di problemi e di nevrosi ma, ciononostante, adatto a muoversi in una macchina narrativa funzionale in cui ritmo e tensione sono dosati con perizia. Un horror quantomeno interessante, dalla scrittura non banale.