Jungle Justice
Nel contesto di un pianeta Terra allo stremo, letteralmente massacrato dal passaggio della specie umana, il regno vegetale decide di riprendersi quel che gli è proprio, in fondo si tratta sempre della maggioranza della vita sul nostro mondo. Scoppia dunque la guerra tra piante e umani, un conflitto ultramoderno fatto di mecha e macchine da guerra ad alta tecnologia che vedono i due fronti scontrarsi in una lotta senza quartiere con in gioco il destino del pianeta stesso. Insieme a Eldorado e 2120, con Jungle Justice si delinea il primo ciclo della collana Brick, edita da Coconino, che vede il fumettista Ratigher nelle vesti di curatore. Sono quindi consolidate le caratteristiche di una curatela sperimentale e spregiudicata, che esplora con curiosità alcuni dei lavori più interessanti del fumetto contemporaneo. I tre volumi spiccano per una ricerca grafica eclettica e post moderna oltre che per un’esplorazione del fantastico in grado di rappresentare temi e sensibilità urgenti senza timore, anzi, proprio con l’intento di destabilizzare il lettore portandolo in territori narrativi per nulla confortanti, quando non inquietanti tout court, attraverso scelte stilistiche o concept azzardati e coraggiosi. Il rischio che Ratiger e Coconino si sono presi non è trascurabile, puntando su autori meno capaci il risultato poteva essere irrilevante o addirittura disastroso ma, finora, la scommessa è vinta.
Jungle Justice si confronta con tutta quell’area tematica molto sentita in questi ultimi anni che si può ricondurre al rapporto fra l’uomo e l’ambiente, e lo fa con un piglio satirico tagliente e cartoonesco che pesca a piene mani dalla cultura pop rielaborando in libertà sia dal punto di vista visuale che da quello narrativo. L’atmosfera che vede scontrarsi mecha con l’aspetto di pupazzoni sullo sfondo di scenari che sono agglomerati di elementi profondamente diversi tra loro, ma che riescono comunque a stare insieme nel contesto, è tutto sommato leggera. Lise & Talami divertono con una narrazione surreale e cartoonesca che tuttavia non rinuncia alla complessità di una storia corale ad ampio respiro, priva di un centro forte ma ricca di una moltitudine di conflitti diversi che nell’insieme fanno un ambiente ampio, profondo e plausibile, una guerra raccontata come movimento di massa e non romanzata come somma di azioni eroiche personali. Visivamente il volume è lisergico, con un character design volutamente stilizzato che ricorda i disegni dei bambini ma sotto acido, colori vivaci, sparati e collage di elementi fotografici che creano un’esperienza disorientante ma al tempo stesso divertente, a metà strada tra il costruttivismo russo e Mimmo Rotella. Una sensibilità pop per raccontare temi che, nel bene e nel male, pop lo sono diventati. Lise & Talami fanno a loro modo parte di quella schiera, che fortunatamente pare essere sempre più folta, di narratori che mollano felicemente la dimensione pesantemente intima che porta a guardarsi l’ombelico per tornare finalmente a misurarsi con la realtà fuori dalla loro cameretta.