La Tana
In un periodo in cui, nel fumetto, specialmente in occidente, viene posta una certa enfasi nel considerare lo sceneggiatore prima dell’illustratore, il rischio è di perdere di vista la peculiarità di un mezzo narrativo che è per sua natura una fusione di scrittura e disegno e in cui la funzione del secondo non è, o non dovrebbe essere, di semplice decorazione o di supporto.
Fa un bel lavoro, in questo senso, Pietro Elisei che con il suo La tana prende un testo, e nemmeno uno a caso ma un racconto di Kafka, un testo di quelli come minimo ingombranti, e fa un lavoro in profondità raccontando una seconda volta la storia mantenendo le parole di Kafka ma cambiandole radicalmente di valenza. Il risultato è straniante, una narrazione doppia che disorienta e gioca su più livelli, senza scartare il contesto di origine ma affiancandolo a una seconda possibilità del linguaggio che non avevamo considerato ma che colpisce proprio per il suo essere plausibile.
Il punto in cui Elisei non si discosta da Kafka è invece l’atmosfera e qui è ancora una volta il disegno, il cui potenziale narrativo è sfruttato con la perizia tipica degli autori completi, a tracciare il percorso e a segnare la distanza, con un tratto graffiato e nervoso e tavole scurissime, cariche al limite dell’opprimente, che riportano l’opera nelle vicinanze dell’immaginario kafkiano.