L’illusione della terraferma
Ambientato in terra sarda ai tempi del regime fascista prima della guerra, L’Illusione della terraferma è un noir che prende le mosse dal ritrovamento di un cadavere decapitato da parte di un ufficiale di polizia, Ettore Marmo, che si trova a Carbonia per punizione. La scoperta dell’omicidio porta allo sviluppo di una storia ricca di elementi, personaggi e scorci interessanti. Si parla infatti della Sardegna, delle condizioni dei lavoratori e dei rapporti di potere dell’epoca, ci sono personaggi complessi, in particolare un protagonista tormentato che fatica non poco ad adattarsi alla propria condizione, in perenne conflitto con la terra che lo ospita suo malgrado e con le dinamiche che ne reggono la dimensione sociale. L’ultima fatica di Otto Gabos, insomma, sembra avere tutte le carte in regola. Eppure…
Eppure non funziona. Nonostante tutto, non si può definire L’illusione della terra ferma un libro riuscito. La storia non decolla, il ritmo della narrazione non prende mai piede e il senso di lentezza percepita eccede la dilatazione ad arte dei tempi di fruizione per deliberata scelta stilistica. I personaggi, inoltre, sono deboli, poco incisivi, non in grado di trascinare il lettore all’interno della storia. Nemmeno il segno grafico è dei migliori. Tecnicamente di alto livello, da Gabos non mi aspettavo di meno, ma piatto ai limiti dell’anonimo, complementare a una narrazione con poco mordente. Gli spunti ci sono, e la passione pure. L’amore per una terra e la voglia di raccontarne le contraddizioni si vedono, quel che manca è la capacità di trasmetterlo di pancia. Il libro non è di certo brutto, ma non emoziona.
Otto Gabos è di certo un autore capace, e fumetti come La giustizia siamo noi, scritto a quattro mani con Pino Cacucci, sono lì a dimostrarlo. Voglio pensare che L’illusione della terra ferma sia uno scivolone, un momento negativo nell’opera di un fumettista che non si può definire meno che valido.