Pamma
Pamma è una bambina con un seno solo che, dopo essersi trasferita in una nuova città, viene inserita nella classe della professoressa Renolla, un gruppo in cui invidie, intrighi e bullismo sono all’ordine del giorno per ragazzi come Bianni, Pannoni e Plassai. Tutto scorre in maniera nevroticamente normale finché un enorme robot al profumo di cacao attacca i ragazzi durante una gita al circo. A fronteggiarlo compare Zobarby, un robot femmina che sembra nascondere più di quel che mostra inizialmente, oltre a far saltare il tappo di una vicenda complessa che affonda le sue radici molto lontano nel tempo e nello spazio. Una situazione che vedrà la realtà intorno a Pamma trasformarsi da surreale in totalmente assurda.
Fa strano dirlo di un fumetto uscito per una collana che fa del collocarsi fuori dagli schemi abituali la propria cifra editoriale, ma Pamma è un volume estremo anche per gli standard di Brick. All’apparenza la trama è un ricco pastiche post moderno di stilemi e riferimenti culturali rimescolati e restituiti al lettore con una voce autoriale che ricorda qualcosa a metà strada tra Sio e i Pupetti Tutti Matti. Ed è questa una delle caratteristiche che rende tanto disarmante il lavoro di Rambo Pavone: il contrasto deliberatamente stridente tra una voce che gioca a essere infantile e un universo narrativo di una violenza che si può quasi fisicamente sentire, in cui il fatto che i deboli vengano schiacciati senza una speranza di redenzione è un fatto tanto normale dall’essere ignorato, al punto da non venir considerato nemmeno un atteggiamento del tutto negativo. Il punto è poi che tutti i personaggi di Pamma hanno delle debolezze e queste, presto o tardi, finiscono letteralmente per deflagrare alimentando scontri assurdi fra parodie schizzate di mostri giganti tipici dell’immaginario di chi è venuto su a colpi di Goldrake e soci.
In tal senso è il design degli stessi robot a suggerircene l’origine, così vicini al lavoro di Osamu Tezuka e Go Nagai, il personaggio di Pamma ricorda da vicino Astro Boy mentre gli avversari di Zobarby non sfigurerebbero in un corpo a corpo con un Mazinga a piacere, anche se l’elemento più vicino a Nagai è un modo di raccontare acido e schizzato che coinvolge testi e disegni nel creare quel senso di fumetto-mondo tipico degli autori completi che del medium gestiscono tutti gli aspetti. Rambo Pavone ha quel senso dell’umorismo tra il nonsense e il surreale che butta lì un’esplosione di assurdità troncandola a metà e facendoti ridere anche per questo, quasi una comicità slapstick in forma di fumetto incrociata con un brutto trip di allucinogeni. In tal senso la gestione del ritmo è sintomatica, con un’accelerazione verso la fine che fa letteralmente lo sgambetto al lettore e lo lascia con un pugno di mosche in mano, destabilizzato come con tutta probabilità l’autore vuole che rimanga.