Providence
Il problema dell’aver fatto la storia del fumetto sono gli avvoltoi. Dopo aver realizzato quelle tre-quattro opere che per sempre verranno ricordate dagli appassionati della letteratura disegnata, critici più o meno consapevoli banchetteranno sul cadavere del grande autore di turno ricordando, a ogni recensione che lo riguarda, come non sia più lo stesso, come non sia più in grado di produrre i fumetti che lo hanno reso immortale, e via dicendo. Quando l’autore in questione è un certo signor Alan Moore, autore di lavori del calibro di Watchmen e V for Vendetta, il paragone si fa inevitabile e potenzialmente doloroso. Lo stregone di Northampton, tuttavia, non si perde d’animo e, giusto per dimostrare di non aver perso lo smalto, si cimenta niente meno che con H.P. Lovecraft in un’opera ad ampio respiro che si propone di rileggerne l’immaginario usando il medium fumetto per attualizzarlo pur conservandone il senso profondo.
Il risultato è Providence, il racconto di un’indagine che porta un giornalista a viaggiare attraverso un’America misteriosa e sotterranea, intrisa dell’atmosfera morbosa e alienante tipica dei miti lovecraftiani. Tutto è giocato sulle attese, sul suggerito, sul mostrare il meno possibile, l’orrore è presente ma non è sbattuto in faccia al lettore, anzi, di rado esso si manifesta in maniera chiara e netta. Nella tradizione del miglior Lovecraft, i tempi narrativi sono dilatati, tutto arriva poco per volta e in punta di piedi, ivi comprese quelle licenze, specie nella caratterizzazione dei personaggi, che Moore si prende e che mai avremmo trovato fra le pagine di Lovecraft.
Interessante in tal senso è poi l’ibridazione del fumetto con frammenti di diario e di saggi che, in maniera complementare allo svolgersi della trama, completano il world building andando ad approfondire, senza rallentare, lo scorrimento della storia principale con eccesso di info dump. Il tratto di Jacen Burrows è funzionale e più maturo rispetto alle sue opere precedenti, la padronanza del disegno realistico è buona e si mette al servizio del testo in maniera soddisfacente. Una lettura solida da parte di un maestro che dimostra di non aver esaurito le frecce al proprio arco.