The Closet – Mostri Nascosti
Maggie e Thom stanno per trasferirsi da una costa degli Stati Uniti a quella opposta. La casa nuova dovrebbe, nei loro progetti, rappresentare qualcosa di più del nuovo lavoro della donna. La coppia infatti sta investendo nel cambiamento per ricominciare come famiglia, per rimettere insieme i frammenti persi per strada di una relazione messa costantemente alla prova dal comportamento egoista di un Thom che sembra del tutto incapace di uscire dalla propria prospettiva sia nei rapporti personali sia nel modo di vedere il mondo. Jamie, il figlio di Maggie e Thom, viene visitato ogni notte da un mostro orribile che vive nel suo armadio e che lo opprime minacciandolo e torturandolo psicologicamente. Cambiando casa, affermano i genitori, Jamie si non vedrà più il mostro, che vive nella casa vecchia. Peccato che esso non sia dello stesso avviso.
The Closet – Mostri Nascosti è un fumetto spiazzante, di quelli che alla fine il lettore rimane proprio basito non tanto da eventuali svolte inaspettate della trama, ma da come ogni elemento che in un primo momento sembrava un approfondimento che avrebbe portato da una parte finisca invece per rivelarsi qualcosa di più. C’è un elemento veramente ai limiti del McGuffin e l’approfondimento psicologico di un protagonista che, quando si rivela come tale, lascia disarmati in quanto le premesse della storia avrebbero fatto pensare a un focus diverso. E invece no, quando le carte in tavola vengono tutte scoperte l’effetto è come minimo straniante anche se rientra tutto perfettamente in un orizzonte di senso che sta in piedi. L’emozione usata per agganciare il lettore e portarlo a fondo nella storia non è poi tanto l’immedesimazione quanto, piuttosto, l’odio, quella sensazione che ti fa pensare di un personaggio “allora sei proprio stronzo”, e che ti mette la curiosità di proseguire “per vedere quanto veramente stronzo riesci a essere”. Il risultato, complice la brevità di una short story spartana ma in fin dei conti della lunghezza ideale, è una narrazione certamente essenziale ma estremamente scorrevole, dal ritmo inaspettatamente alto. Sì, perché in The Closet – Mostri Nascosti di azione non ce n’è granché. In definitiva succede poco ma nello spazio contenuto che la storia si prende viene narrato tanto e, soprattutto, vengono delineati dei personaggi le cui interazioni danno vita a una trama magari breve ma compiuta e, tutto sommato, senza bisogno di altro.
I disegni di Fullerton ricordano un po’ il Dave Gibbons di V for Vendetta e un po’ Francisco Francavilla con linee morbide ma tutto sommato realistiche i cui neri pesanti prestano un grande servizio a un’atmosfera la cui cupezza vuole raccontare sopra ogni cosa uno stato mentale che diventa una trappola che cattura tutti i protagonisti e da cui nessuno sembra essere in grado di uscire. Una volta chiuso il volume la domanda se The Closet – Mostri Nascosti sia effettivamente un horror nasce spontanea perché a una prima lettura sembrerebbe quasi un’opera di genere diverso, ma in definitiva gli elementi fondamentali ci sono tutti, in particolar modo quell’asimmetria per cui vittime e carnefici, per quanto su una linea a tratti sfumata, sono lì da vedere.