Wolverine – Vecchio Logan
Uno degli obiettivi raggiunti da chi ha lavorato all’universo cinematografico degli X-Men, una delle caratteristiche che, con le dovute eccezioni, rende il prodotto Fox riuscito se non al pari quantomeno a poche lunghezze di distanza dall’omologo Marvel Studios, è la capacità di raccogliere l’essenza dei momenti salienti delle saghe che hanno reso indimenticabili i fumetti della Casa delle Idee traducendone quanto serviva nel linguaggio del cinema ed evitando le peculiarità troppo legate alle opere d’origine.
Uno degli esempi migliori è, in tal senso, Logan – The Wolverine, l’ultima avventura del mutante artigliato icona di un intero universo narrativo e addio al personaggio da parte dell’attore che gli ha dato vita su pellicola, Hugh Jackman. La pellicola, infatti, pur conservando poco o nulla della trama vera e propria, attinge a piene mani da una delle migliori saghe di sempre con protagonista l’X-Man canadese: Wolverine – Vecchio Logan. Il fumetto, da poco ripubblicato da Panini, è un western post apocalittico, la storia di un uomo esausto, schiacciato dal proprio passato, al quale viene negata la pace che tanto agogna, costretto dal destino a tornare continuamente a combattere, per una redenzione che non può passare per altre vie che non siano la violenza.
Nel futuro ipotetico di Wolverine – Vecchio Logan i cattivi hanno vinto e i buoni, o quantomeno l’unico rimasto, tenta di sopravvivere dopo aver deposto le armi, dopo aver deciso di non estrarre mai più quegli artigli lordi di sangue che lo hanno portato ad avere schifo di sé stesso. Tutto questo fino a che le circostanze non lo costringono a partire per un viaggio attraverso un’America desolata e allucinata, un mosaico sgretolato di città stato controllate da signori della guerra, barbarie e vestigia degli eroi di un tempo adorate come reliquie, fino a un finale tragico e catartico al tempo stesso in cui un Logan esasperato e senza niente da perdere tornerà a sguainare gli artigli, in una sintesi brutale di un passato che non c’è più e di un presente disperato.
L’opera è fra le migliori, se non la migliore, di Mark Millar, autore dai risultati altalenanti il cui stile high concept ed estremamente diretto, perfetto per Hollywood, si esprime alla grande in una storia fatta di suggestioni immediate e di un ritmo tirato che porta il lettore all’ultima pagina con la velocità di un colpo di fucile. Mc Niven disegna in stato di grazia, perfetto per una storia che, per tempi narrativi e per atmosfere, dimostra la grande versatilità del genere supereroistico. Wolverine – Vecchio Logan è un’opera che, con suggestioni che vanno dal grande cinema western a Mad Max, passando per Ken il Guerriero, in termini qualitativi alza l’asticella del fumetto commerciale.