The Neon Demon
“La Diversità è la cosa più difficile del mondo, dal punto di vista creativo, perché la si odia o la si ama.” (NWR)
“Se l’Arte è una questione individuale, come può trovarci tutti d’accordo? Non avrebbe senso.” (NWR)
L’ultima fatica cinematografica di Nicolas Winding Refn mi fa pensare al monolite di kubrickiana memoria: come altro descrivere The Neon Demon, questa sorta di manufatto “alieno” che rimanda solo a se stesso, al suo mondo di triangoli riflettenti, mentre tentiamo di decifralo, razionalizzarlo, inquadrarlo con le ipotetiche lenti oggettive di una sintassi cinematografica canonica che non può appartenergli? Il Demone è un film multiforme, liquido, è impossibile ingabbiarlo dentro categorie di comodo. Sta li, fluttuante, lo osserviamo e ci osserva. E se la sua forma è frutto del controllo assoluto, quasi maniacale, di Refn, dal centro nevralgico dei suoi triangoli luminosi emana visioni che si propagano in totale anarchia, frustrando e sabotando sul nascere le pretese ingessate di quella parte di pubblico mal disposto a lasciarsi andare, ad abbandonarsi totalmente al flusso ipnotico della visione amplificata e incontrollabile. I parametri “oggettivi” tanto cari a chi pretende di stabilire inequivocabilmente il valore o il non valore di un’opera, quando di mezzo c’è un film come The Neon Demon, palesano tutta la loro fragilità, la loro relatività. Un film come questo, lo stiamo constatando ogni giorno anche sui muri di Facebook, non conosce vie di mezzo: lo si odia o lo si ama. E quando un’opera riesce a innescare sentimenti così contrastanti e potenti, merita rispetto a prescindere.
Di cosa ci parla, il Neon Demon? Ed è questo il primo tranello in cui lo spettatore cade o potrebbe cadere. Come se necessariamente, questo Demone, debba parlarci di qualcosa per esserci. Ci parla dell’ossessione per la bellezza, del mondo della moda: ok. Può essere. Ma ne siamo proprio sicuri? Dov’è la tanto bramata critica dello show business? Dov’è il confortante e retorico ritratto della povera modella vittima del suo ambiente? A ben guardare, non c’è traccia di tutto ciò, e forse è anche per questo che il pubblico si indigna e fischia cafone a Cannes: che senso ha fare un film sull’ambiente della moda e non puntare il dito contro? Non dispensare moniti autorevoli per mettere in guardia le nuove generazioni? Di più: Nicolas Winding Refn più che “parlarci” di qualcosa (men che meno del mondo della moda) osa addirittura fare un film per celebrare il narcisismo: il suo narcisismo e il narcisismo come concetto assoluto. E laddove in molti vedono solo un “vuoto”, il film addensa e stratifica visioni potentissime mettendo in scena la rifrazione di un Demone sui volti di una Strega e due adepte del suo culto: il Demone è lì, lo osservano e le osserva. E quando il Demone raggiungerà la piena consapevolezza del suo potere, quindi prima di sparire irrimediabilmente, nell’incapacità di comprenderlo davvero ma desiderose di assimilarlo, di “essere” quel demone, ognuna reagirà secondo la propria natura.
Celebrare il narcisismo in maniera non moralista, attraverso i riflessi degli specchi nel triangolo di Refn, è una pretesa ardita, perfino scomoda negli anni del politicamente corretto, tanto più che per officiare la sua esoterica celebrazione adotta una modalità di (non)narrazione che fa dell’ellissi una strategia sistematica e implacabile: il racconto viene privato dei raccordi più didascalici e procede per sequenze perfino autonome, regolate da incastri subliminali (un colore, un simbolo, un ciclo lunare…); l’ambiente della moda viene privato della moda, delle sfilate di moda, di un qualsivoglia giudizio morale; l’horror viene privato dell’orrore (il banchetto cannibalico viene privato del banchetto); la fantascienza viene privata della tecnologia, i simboli vengono privati delle proprie coordinate e perfino la Bellezza di Jesse (Elle Fanning), fulcro del film, la sostanza di cui è fatto il Demone prima della consapevolezza, viene privata del suo nudo integrale durante quello shooting fotografico che sembra quasi un rituale di evocazione. Un film che condensa e brucia generi (horror, sci fi, melodramma, commedia), innesta forme nella forma (videoarte, videoclip, spot pubblicitari), procede per sottrazioni, per mancanze, e probabilmente la minore età della protagonista (16 anni all’inizio delle riprese, 17 anni a metà riprese, 18 anni durante la presentazione a Cannes) ha giocato un ruolo importante su alcune scelte del regista.
Ma non sempre le limitazioni si traducono in limiti, e in questo caso il risultato è un film che malgrado l’assetto scivoloso, quasi impenetrabile e inscalfibile, riesce comunque ad arrivare a quell’essenza sfuggente che sentiamo pulsare nel fondo di ogni magnifica sequenza: quell’essenza che permea tutto il film come un veleno e che, citando proprio il regista, ci fa esclamare: il Neon Demon esiste! Come le protagoniste, possiamo solo abbandonarci alla scintillante esperienza sensoriale che ci offre, contemplarne la demoniaca bellezza e, magari, cercare di fagocitarla per vedere che effetto ci farà: qualcuno, certamente, ne resterà estasiato; qualcun altro, invece, non potrà tollerare l’esperienza e dovrà per forza di cose vomitarla, rigettarla. In ogni caso, è un viaggio che vale la pena fare, ed è un film che vale la pena vedere.
Girato in digitale e con ottiche particolari scelte da Nicolas Winding Refn per ottenere una resa visiva ben precisa, The Neon Demon va fruito obbligatoriamente nel miglior modo possibile. Ci ha pensato Midnight Factory a realizzare un blu-ray eccellente per questo film: il master che la label distribuita da Koch Media ci propone è, senza troppi giri di parole, fantastico! Neri caldi e profondi, definizione al top, stabilità assoluta del quadro, nessun tipo di artefatto digitale; due tracce audio DTS HD MA italiana e inglese potentissime che permettono al formidabile score di Cliff Martinez di esplodere, letteralmente, dalle casse dell’impianto home theatre. Oltre al consueto e impeccabile booklet curato da Nocturno, il comparto extra ci offre un bel commento audio del regista e dell’attrice Elle Fanning, sottotitolato in italiano, e due corpose interviste a Refn: una di 22 minuti, curata da Gianni Canova per Sky HD, realizzata a Milano durante un incontro pubblico. Un’altra di 34 minuti, curata da Manlio Gomarasca per Cinema Bis Communication, in cui il regista approfondisce minuziosamente The Neon Demon rendendo più accessibile al pubblico quantomeno l’ideologia che informa la sua Creatura. Un contributo, questo, ottimamente realizzato e che davvero può essere utile per muoversi tra gli specchi del film. Infine, una galleria fotografica e il trailer italiano.
Per non farsi mancare nulla, oltre a questa pregevolissima edizione blu ray, oltre all’edizione dvd, Midnight Factory ha pubblicato per i fan più esigenti un’elegantissima steelbook ultra limited che aggiunge al disco qui recensito un secondo blu ray con circa 85 minuti di ulteriori extra: conferenze stampe, intervista al compositore Cliff Martinez, making of. Insomma, un trattamento di lusso per un film di cui, volenti o nolenti, si continuerà a parlare per molti anni ancora.