Iggy Pop narra “L’uomo che rubò Banksy”
Una delle figure più ambigue del nuovo Millennio
A dicembre la Nexo Digital ci racconta la storia di Banksy, un misterioso artista di strada che ama dipingere dei veri e propri capolavori di natura satirica, etica e politica sui muri degli edifici. La caratteristica inquietante che accumuna alcune di queste opere è l’autodistruzione che avviene sotto lo sguardo sbalordito degli astanti. A fare da sottofondo al film documentario L’uomo che rubò Banksy, diretto da Marco Proserpio, c’è la voce di Iggy Pop che narra le vicende di una delle figure più ambigue del secondo millennio. Difficile accertare l’identità di questo personaggio, che per via del suo singolare “modus operandi” è riuscito ad accendere la fantasia degli studiosi di fenomeni di costume e di molti criminologi. Gli unici elementi su cui convergono le diverse correnti di pensiero sembrano essere la nazionalità inglese del protagonista e l’età, stabilita tra i 40 e i 50 anni. Si pensa che la sua città d’origine sia Bristol, nota per avere dato i natali ad alcuni personaggi singolari, tra questi l’artista di strada Robin Gunnigham e l’esperto di grafiti 3D, le cui identità sono state spesso ricondotte a quella dello stesso Banksy. Le teorie che ruotano attorno alla figura del protagonista sono varie, l’aura di mistero che avvolge il segreto della sua identità è paragonabile a quella che avvolge i nomi dei giocatori che diventano milionari sbancando il jackpot dei casinò italiani e internazionali. Secondo una delle ipotesi più accreditate, Bansky non sarebbe un solo artista ma potrebbe essere addirittura un insieme di artisti parecchio abili ad agire in modo tale da non farsi mai sorprendere all’opera.
La voce di Iggy Pop, a cui è stato affidato il compito di narrare questa incredibile storia vera, ripercorre le tappe fondamentali dell’artista partendo dal 2007, l’anno in cui un insieme di artisti giunge a Betlemme con l’intento di dipingere disegni sulla pace lungo il muro di divisione eretto da Israele in Cisgiordania. La voce narrante di Iggy Pop è profonda e assume dei toni ironici che contribuiscono a mantenere viva l’attenzione del pubblico. Tra i murales spicca quello di Banksy che ritrae un soldato intento a verificare i documenti di un asino (Donkey’s Documents). L’opera d’arte diventa in breve tempo un simbolo sovversivo che attrae su di sé l’attenzione del mondo intero. L’opinione pubblica palestinese si divide in due: da un lato c’è chi si sente offeso per essere stato paragonato ad un asino, dall’altro c’è invece chi coglie nell’ironia dell’artista il rifiuto per quel muro simbolo di una condizione penosa. A risolvere la questione arriva il taxista – bodybuilder Walid che stacca dal muro la raffigurazione “incriminata” per venderla su Ebay a un collezionista di Copenaghen. Da questo momento Walid diventa ufficialmente L’uomo che rubò Banksy. Il ricavato dell’asta, con base di partenza 100 mila dollari, sarebbe stato utile per finalità pratiche legate alla questione della popolazione locale. A questo punto della vicenda sorge una domanda: l’opera appartiene all’autore o all’edificio che la ospita? Lasciamo la risposta sul diritto d’autore aperta a tutti gli spettatori che assisteranno alla proiezione del documentario.