Il male metafisico in Stranger Things 2
Un'analisi che chiama in causa Lovecraft e Fulci
La seconda stagione di Stranger Things è, apparentemente, inferiore alla prima. Svanisce il novum; si perde l’effetto sorpresa legato a un eccellente prodotto, una serie che ha saputo raccogliere il meglio degli anni Ottanta (e Novanta) e che è stata in grado di riproporlo in modo credibile e con una grande forza espressiva. Inoltre, nel novero dei difetti, non è possibile tralasciare una certa disarticolazione delle linee narrative; un’organizzazione della materia che è funzionale al prosieguo della serie, ma che, inevitabilmente, allontana lo spettatore dal fuoco dell’azione ‒ nonché dal centro metafisico dell’opera ‒ e appesantisce oltremisura la visione. A tale dis-organizzazione si aggiunge un complesso di tematiche talvolta ben trattate, ovvero in maniera tale da portarne in luce la complessità, ma spesso ridefinite in modo troppo retorico e prevedibile. Nemmeno l’innesto di personaggi sopra le righe, come i “fratelli” Billy e Max, riesce a contrastare una certa attenuazione della carica dirompente che caratterizzava la prima stagione. Insomma: si predispongono nuovi punti sulla mappa narrativa della serie e, alle nuove stazioni, corrisponde non già un rilancio vitale e selvaggio, bensì un disorientamento meccanico e un ottundimento di maniera.
Tuttavia, se la formula vincente di Stranger Things risiede nella capacità di rievocare una Stimmung ormai lontana conferendole nuova forma, non si può dire che, questa volta, l’opera formatrice dei creatori della serie sia stata vanificata. Anzi, l’ulteriore approfondimento, che si è reso necessario al fine di proseguire la storia di Hawkins e seguire il cammino dei personaggi, ha portato alla luce alcuni elementi che fanno della nuova stagione un prodotto, a mio avviso, affascinante e riuscito. Questi nuovi elementi ruotano attorno a una maggiore delineazione dello schema metafisico che regge la realtà della piccola cittadina, minuscolo punto sulla mappa da cui si propaga una minaccia capitale per il mondo intero. Sono legati, come era stato preannunciato, ad apporti che provengono dalla narrativa lovecraftiana. E ‒ perché no? ‒ essi potrebbero, idealmente, venire connessi anche al cinema fulciano, laddove questo si è fatto efficace interprete del maestro di Providence.
In primis, il Sottosopra non sembra più soltanto un doppio speculare di natura umbratile del mondo della luce. Nella nuova stagione la regione notturna del reale è dominata dal male metafisico, il principio caotico e privo di forma che minaccia di straripare nel “placido” regno degli uomini. Anzi, tale regione infera è il male metafisico: non pare sussistere iato tra il principio che abita e lo spazio abitato. Ciò comporta la possibilità di chiedersi quale rapporto esista tra la dimensione nera e la sfera della luce: semplice opposizione speculare o complessa derivazione causale? Domanda non di poco conto, se si considerano i vari casi di connessioni tra i due mondi e di ‘visite’ da un luogo all’altro. Inoltre, una tale composizione della realtà rimarca il valore della soglia e di coloro che la abitano: la serie funziona proprio perché trasporta lo spettatore in questo diaframma, collocandolo pericolosamente su una tale linea di demarcazione e di passaggio, e non perché divide il bene dal male o perché ammaestra su ciò che, moralmente, si pretende corretto o sbagliato.
La stessa visita di Eleven tra gli irregolari e gli sbandati capitanati dalla sorella Eight è funzionale a una sorta di iniziazione della ragazza. Eleven ha qui la possibilità di fare esperienza di una nuova zona d’ombra, questa volta ben piantata nel regno degli uomini e non dislocata altrove ‒ si rifletta sul possibile rapporto tra questo male umano e il male metafisico che viene da fuori ‒, e di calibrare i suoi poteri grazie a una “adulta” disciplina della rabbia. Nella nuova stagione assistiamo anche a una chiarificazione e a un approfondimento della relazione tra le figure di Eleven e Will: entrambi non del tutto differenziati dal punto di vista sessuale (si vedano i tratti mascolini della ragazza e quelli efebici del ragazzo), sono esseri posti in limine: la ragazza è, tra i personaggi, quello collocato più all’interno della soglia e il ragazzo viene drammaticamente posseduto dal male metafisico. Le loro oscillazioni ‒ che comportano conoscenza, più o meno consapevole, e sofferenza, sempre reiterata ‒ scandiscono i rapporti, le influenze e i passaggi tra il regno della luce e la dimensione delle tenebre. Sulla dialettica tra questi tre nessi può incardinarsi saldamente il futuro della serie.