Intervista a Luigi Pastore
Il regista di Come una crisalide racconta la sua visione dell'horror
“Maestro” Pastore, mi porti nel suo mondo…
Luigi Pastore: Grazie per il Maestro, ma sento di non meritare questo appellativo perché ho ancora molto da imparare. Ho sempre cercato di apprendere i segreti di questo mestiere, fin dall’inizio, da quando in tenera età iniziai a sperimentare con la pellicola Super8. Poi, da adolescente, passai al video imbucandomi giovanissimo in uno studio di produzione e postproduzione, dove imparai ad usare le centraline analogiche. Poi, ancora, l’esperienza con i videoclip musicali e i primissimi montaggi digitali, la televisione, fino a creare una mia etichetta indipendente.
Quando e come nasce la sua passione per questo genere?
LP: E’ nata prestissimo, quando da bambino vidi i primi horror della Hammer Film che passavano in TV, ma anche i grandi classici della Universal come Dracula, Frankenstein e L’uomo Lupo. Poi all’età di 8 anni, di nascosto, vidi Profondo Rosso e rimasi folgorato.
Perché è attratto dal genere horror?
LP:Perché mi affascinava il piacere della paura, il gusto del proibito, guardare immagini che solo i grandi potevano fare. Ed io ero curioso, volevo vedere e capire. Del resto, anche durante l’infanzia mi rapportavo sempre con amici più grandi di me. Anche a scuola, me la facevo sempre con quelli delle classi superiori.
Quanto c’è di fantastico e quanto di veritiero nelle storie da lei raccontate?
LP: Non mi piace raccontare fatti realmente accaduti ma, spesso, la realtà ispira le mie storie. Tutti i giorni nel mondo accadono fatti orribili, che nemmeno il più abile degli sceneggiatori riuscirebbe ad inventare. Il cinema non dovrebbe mai replicare la realtà, semmai interpretarla e raccontare storie che possano in qualche modo esorcizzare le paure.
Il genere dei suoi film lo definirebbe “ horror psicologico”? E, se sì, perché?
LP: Potrebbe senz’altro essere definito horror psicologico, perché sono sempre stato affascinato dai misteri della mente umana e dai meccanismi che generano i mostri. Mi affascina la follia umana, il diverso, l’infanzia negata, l’amore malato, la morte, sono tutti temi che ho indagato e che continuo ad esplorare.
Quali la/le nazioni che producono i migliori film horror ?
LP: Noi siamo stati davvero maestri di questo genere, i nostri autori lo hanno rivoluzionato e hanno influenzato tutte le cinematografie mondiali. Oggi è una rivisitazione di quello che è già stato fatto. Sono pochi gli autori che riescono a stupire davvero con un film, per non parlare poi di quelli che si appropriano addirittura di un titolo cult con la presunzione di rifarlo meglio.
Lei si sente condizionato dalla morte ?
LP: Ho molto indagato sulla morte e continuo a farlo. Io sono nato con un lutto: quando ero nel grembo materno mia madre perse sua madre, quindi credo di aver assorbito quella sofferenza. La morte ha colpito la mia famiglia, molte volte, soprattutto tra l’infanzia e l’adolescenza. Ho visto diverse salme, involucri privati dell’anima, corpi mutati da malattie devastanti e nonostante tutto sempre con la curiosità di osservarli da vicino, di toccarli, addirittura anche fotografarli. Mi piace passeggiare nei cimiteri, osservare le lapidi, immaginare le storie dietro quegli sguardi sospesi nel tempo. A volte mi fermo anche di notte, all’esterno, ipnotizzato dalle fiammelle e dalle luci dei ceri accesi. Non ho paura, non mi sento a disagio, anzi, mi dà molta pace interiore.
Cosa la ossessiona davvero?
LP: Le tasse! Scherzi a parte (mica tanto), ho diverse ossessioni. Ma esistono anche ossessioni piacevoli, non per forza con connotazioni negative. L’ossessione più presente, sicuramente, è quella di perdere completamente la ragione senza rendermene conto. Sì, è la follia la mia più grande ossessione.
Come una Crisalide è giunto ai dieci anni dalla prima uscita, oggi lo riproporrebbe così?
LP: Non lo so, riguardandolo non mi dispiace affatto. Sicuramente oggi, con più esperienza, l’avrei girato diversamente e avrei cercato di commettere meno errori. Ma chi può dirlo? Credo che ogni cosa abbia il suo tempo e, se quello che hai fatto riesce a superare la prova del tempo, allora vuol dire che era giusto farlo così.
Il genere horror in Italia secondo lei è semplice o ha una doppia chiave di lettura?
LP: Per molti è un esercizio di stile, per altri è una sorta di autocompiacimento, per me è un genere molto interessante da esplorare proprio perché ti permette di inserire delle molteplici chiavi di lettura. C’è chi lo affronta con faciloneria, c’è chi lo percepisce come un gioco stupido, come un’attrazione da luna-park, alcuni lo accostano alla pornografia, altri lo apostrofano sostenendo che “in quest’epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell’orrore”, ma moltissimi non comprendono nemmeno il significato di questo genere che va oltre il semplice terrorizzare lo spettatore per fini commerciali.
Come ha più volte detto , il suo maestro ispiratore è Dario Argento, quanto è presente nei suoi lavori?
LP: Dario Argento è il motivo per cui ho scelto anch’io di fare cinema. Non per imitarlo, semmai per omaggiarlo proprio per la grandissima importanza che ha avuto nella mia vita. Come una Crisalide è certamente un film di ispirazione argentiana; molti infatti sono gli omaggi che io e Antonio Tentori abbiamo voluto inserire, dedicandogli proprio tutto il film. Però, da regista, ho provato a dare al film una sua dimensione cercando di portarlo su un suo percorso. Negli altri miei lavori, proprio per non ripetermi, ho preso con rispetto le distanze da Argento ma ho voluto strizzare l’occhio ad altri registi italiani che hanno comunque contribuito alla mia formazione. Nel prossimo film, invece, ho lavorato duramente sulla mia personale visione cinematografica e non ho voluto scrivere la sceneggiatura con nessun altro, proprio per non subire nessun tipo di condizionamento. Sarà un film molto personale, molto diverso da quelli che ho già fatto.
Cosa pensa sia importante sapere per poter apprezzare appieno questo particolare genere?
LP: Purtroppo, come ho già detto, il genere è stato violentato ripetutamente da una serie di registi e produttori che lo hanno sfruttato fino all’esasperazione. La maggior parte del pubblico lo percepisce come qualcosa di stupido, di inutile, degno di sberleffi e parodie di ogni tipo. Nel marasma generale, dove oggi chiunque si sveglia e decide di girare un horror, si è perso quel gusto della ricerca e della dimensione artistica. Un tempo, su questi film lavoravano grandissimi artisti. Lo stesso Morricone ha realizzato diverse colonne sonore per thriller e horror. Anche la ricercatezza dei suggestivi effetti speciali, oggi è stata sostituita dagli smanettoni dei computer e addirittura il sangue si fa in digitale. Oggi ordinano un drone su Amazon e si fanno le seghe (passami il termine) perché pensano di aver girato inquadrature straordinarie, ma di tecnica c’è ben poco ed è solo aeromodellismo. E’ un brutto periodo per il genere horror, anche perché la realtà è diventata ancora più spaventosa.