Intervista a Ratigher
La filosofia e la visione del fumetto
Sul sito di Nocturno sono state di recente pubblicate le recensioni a tre opere a fumetti sperimentali, destabilizzanti e in grado di mettere in atto la contaminazione senza che il mezzo perda la propria identità: Eldorado, di Tobias Tycho Schalken (https://nocturno.it/fumetti/eldorado/ ), 2120 di George Wilesol (https://nocturno.it/fumetti/2120/ ) e Jungle Justice di Lise & Talami (https://nocturno.it/fumetti/jungle-justice/ ). I tre volumi fanno parte di Brick, la nuova collana di Coconino Press curata da Ratigher, di cui mettiamo a nudo la filosofia e la visione del fumetto in questa intervista:
Le prime tre opere di Brick hanno un filo conduttore che costituisce la filosofia che sta alla base della collana. Cosa unisce tre fumetti così eterogenei?
La collana è parte di Coconino Press, che da sempre lavora sul fumetto di frontiera, sulla sperimentazione. L’intento di Brick è quello di creare lo spazio esatto all’interno di Coconino per un fumetto sperimentale che non vuol dire fumetto che si sposta verso l’arte concettuale o che si ibrida con altre forme nel tentativo di non essere fumetto. Quello che io cerco sono fumetti che rimangono indiscutibilmente tali, l’idea è di pubblicare quegli autori che stanno facendo il lavoro anche per gli altri. Una delle linee guida di Brick è cercare autori che sperimentano nuove grammatiche nel fumetto, nuovi modi di raccontare o ibridazioni di quel che c’era già prima mescolato in una maniera nuova. Io sono curatore ma anche fumettista e pertanto cerco sempre di capire cos’altro si può fare con il fumetto, e questo è lo spirito che cerco di trasmettere alla collana che si chiama Brick in omaggio a uno dei fumetti che ha ancora tanto da dare al mondo della letteratura disegnata, Krazy Kat di di Herriman con il suo mattone lanciato in testa a uno dei protagonisti, un classico del genere. Ecco, la mia sfida è di rendere i classici “mattoni” qualcosa di piacevole, quando questa definizione è di solito la morte di un libro.
L’ibridazione nelle opere di Brick esiste ed è la forza di opere come 2120, che è un libro game a fumetti, e di Eldorado che ricorda molto il catalogo di una mostra.
La mia sensazione su questi due libri, così fuori dagli schemi, è che conservino la loro identità di fumetti innanzitutto. Non siamo in una terra di nessuno ma le storie che abbiamo davanti hanno bisogno della sinergia di testo e immagini per raccontare le loro storie.
Il fantastico, la speculative fiction, giocano un ruolo importante nel delineare questo primo ciclo della collana. Questa scelta verrà portata avanti o in futuro pubblicherai opere maggiormente realistiche o autobiografiche?
Questa è una questione di gusti miei. Nel piano editoriale per il prossimo anno sono previste non più di due opere che non raccontano storie fantastiche anche se il fantastico non è un ingrediente che ritengo strettamente necessario. Diciamo che qui entra in gioco la sensibilità specifica del curatore.
Entriamo nel vivo delle tre opere partendo da Eldorado, per certi aspetti la più difforme delle tre.
Eldorado non solo la più difforme delle opere di Brick, ma continuerà a esserlo per molto tempo, forse è il libro più strano che ho incontrato nella mia ricerca per la collana e ho voluto iniziare da lì perché è un frullatore di tutto quello che potrebbe arrivare dopo. Il volume è fatto di storie a fumetti, illustrazioni, fotografie di performance e installazioni artistiche caratterizzato da una forte coerenza interna, è un libro che racconta una sorta di nostalgia dell’idea di apocalisse. L’autore racconta di questa tenerezza che prova immaginandosi quel che sarà dopo, con un concetto di apocalisse che comprende il disastro totale ma anche tante piccole apocalissi personali, quando ce ne andiamo alla fine è la più grande apocalisse che potremo mai vivere.
L’apocalisse è qui anche meta fumettistica in quanto l’aspetto della sequenzialità diventa sottile, in certi punti quasi più metaforica che effettiva.
Sono d’accordo. Un altro degli elementi che mi ha convinto fin da subito di Eldorado è che nella parte più strettamente fumettistica del volume l’autore spesso racconta senza disegnare esseri umani e questo è uno degli aspetti che tornerà più spesso nella collana. Credo che la figura umana, come nel cinema, nella letteratura e in ogni altra forma di racconto sia sempre centrale e forse una delle scelte più sovversive sia proprio togliere gli esseri umani dal centro del racconto.
2120 è un’opera che va a mescolare diverse nicchie dell’immaginario: dal libro game, vero pilastro dell’immaginario delle persone della nostra generazione che tanto ci hanno giocato alle backroom, creazione della cultura convergente di internet. Il risultato è senza dubbio profondamente attuale. Cosa ne pensi?
2120 è il libro più contemporaneo dei tre, racconta qualcosa che sta succedendo adesso con un appeal istantaneo, nonostante sia un libro game di 500 pagine molto complesso e disegnato interamente con il mouse io lo considero il volume più pop della collana in quanto pieno di ganci che potrebbero interessare il lettore di oggi come, per l’appunto, le backroom che partono da dei trend di reddit, ma anche il ritorno del libro game e l’ispirazione a Mark Fisher, uno dei filosofi pop per eccellenza nonostante la sua impronta nichilista o forse proprio per questo. 2120 è la terza opera di Wylesol ma io credo sia la più adatta a presentarlo al pubblico italiano. Dell’autore m’interessa molto l’aver capito davvero ciò che sta raccontando, l’esserne affascinato, l’aver colto il senso profondo di un fenomeno, quello delle backroom, che a una lettura molto superficiale possono sembrare una minchiata da schizoidi ma che hanno un senso profondo che Wylesol racconta in maniera profondamente inquietante. Ecco, a me piace definirlo un libro inquietante che finisce malissimo.
Jungle Justice si distacca per leggerezza dalle due opere precedenti pur toccando tematiche assolutamente serie e urgenti.
Jungle Justice è forse il libro più focalizzato sull’analisi del contemporaneo perché parla negli ultimi anni, però con il tono di due autori su cui ho puntato più che sul libro in sé: Lise & Talami sono due autori bravissimi, due teorici del fumetto. Ragionano spesso sui loro fumetti e su quelli degli altri, ne leggono tantissimi e questo non è purtroppo scontato. Li conosco da molto tempo e mi hanno sempre aiutato a capire i fumetti, anche i miei, per questo due autori come loro sono una risorsa e vorrei lo fossero sempre di più, per questo li ho ospitati nella collana. Il libro ha evidenti punti di contatto con l’idea della collana. Gli umani ci sono ma non hanno un ruolo centrale, sono solo uno degli attori in causa insieme agli alberi, ai funghi e alla natura in generale. L’altra cosa interessante di Lise & Talami è che hanno sempre lavorato su sceneggiature dalla struttura anomala e nel caso di Jungle Justice possiamo dire che la vera storia forse è fuori dal libro, così come fra una vignetta e l’altra è il lettore a dover immaginare cosa succede e l’autore dev’essere bravo a creare le connessioni, Lise & Talami arrivano al punto di farti connettere tutto ciò che sta succedendo al di fuori del libro, ovvero il mondo che abbiamo intorno.
Il fumetto commerciale, anche se in alcuni settori sta soffrendo momenti di crisi, è evidente, e lo testimonia Lucca Comics che si sta svolgendo in questo momento intorno a noi, che è un serbatoio di idee per altro. Gadget, serie TV. Il fumetto commerciale ha un ruolo di propulsore della cultura pop. Cosa mi dici del fumetto sperimentale? Qual è il suo ruolo, i suoi spazi, il suo futuro?
Croce e delizia degli autori sperimentali è che si devono muovere in anticipo. Si annoiano in fretta quindi esplorano territori mai esplorati prima a rischio di produrre opere pallosissime. Tuttavia sono convinto che in questi territori si trovino anche gli spunti che faranno comodo agli autori futuri. Coconino fa parte di un gruppo che comprende Fandango Cinema e Fandango Libri, quindi ci ritroviamo spesso in situazioni cinematografiche o letterarie e riceviamo molte domande sulle storie strane e avvincenti che si trovano nei nostri fumetti. Forse non ce ne accorgiamo in quanto siamo un mercato non ancora sviluppato, a parte Marvel e Bonelli da noi un vero mainstream ancora non esiste. Il nostro lavoro serve a ricordare che esistono autori che raccontano in modi nuovi, e con l’enorme fame di storie questo è il loro dovere più grande, stimolare e non far trovare la pappa pronta.