Intervista a Sergio Staino
«Diciamo che mi considero un vecchio fumettaro»
Nocturno intervista Sergio Staino, il creatore di Bobo e direttore de L’Unità, un decano del fumetto satirico italiano, una vera e propria figura storica che non ha bisogno di ulteriori presentazioni…
Appunto, la sua figura non ha certo bisogno di presentazioni. Lei è una delle icone del fumetto italiano.
Diciamo che sono un vecchio fumettaro.
Parliamo quindi di ciò su cui sta lavorando ora.
Attualmente sono molto preso da un impegno che non ha nulla a che vedere con i fumetti, ovvero la direzione de L’Unità. Fa certamente una certa impressione vedere un vignettista, oltre alla satira ho fatto molto umorismo sociale, dirigere un giornale “vero”. Sono molto orgoglioso di questo. Ho sempre vissuto con grande incazzatura l’atteggiamento del mondo della cultura con la C maiuscola, che ha sempre guardato con un certo disprezzo al mondo dei fumetti. Abbiamo avuto grandissimi autori di fumetti in grado di eguagliare e non di rado superare i grandi autori della letteratura. Di recente, in occasione di un incontro a Scandicci che aveva come tema i libri della nostra vita, ho portato i fumetti di Paperino di Carl Barks, con cui sfido molti autori a misurarsi. Per questo ho accettato con piacere l’incarico che mi è stato offerto. Per il fumetto, non tanto per me.
A propositi di riconoscimenti conferiti a forme di espressione letteraria fuori dalla percezione classica, abbiamo visto il Nobel per la letteratura consegnato a Bob Dylan…
Fa onore agli accademici di Svezia questa ricerca in territori inediti. Ci saranno sicuramente poeti puri meritevoli del Nobel ma quanti, colleghi di Dylan, sono stati sottovalutati in quanto accompagnavano i loro versi con la musica?
E se il prossimo Nobel per la letteratura dovesse essere assegnato a un fumettista, quale autore lo meriterebbe?
Non ricordo se sia ancora vivo, ma direi Jules Feiffer, che alla fine degli anni ’50 lavorava per il New Yorker. Fu lui a farmi capire che il fumetto è un linguaggio che può parlare anche agli adulti. Fino ad allora non volevo crescere per paura di non poter più leggere gli albi Disney, addirittura temevo la morte di Walt Disney stesso. Feiffer mi fece capire proprio che non era necessario restare bambino per poter raccontare storie ed emozioni che mi attraversavano con questo linguaggio ambiguo e complesso, che fonde disegno e letteratura. Solo imbecilli come certi funzionari statali non riescono a capirlo. Pensa che tempo fa sono stato chiamato dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze per parlare del mio lavoro. Ne sono rimasto molto colpito, Giovanna Melandri era da poco al Ministero della Cultura. Consideravo una bella cosa il fatto di venir chiamato a parlare di fumetti. Il giorno dopo la direzione della biblioteca mi ha chiamato e, con molto imbarazzo, mi è stato comunicato che l’invito era da considerarsi annullato in quanto i fumetti non c’entrano nulla con la letteratura. Un’incazzatura come quella, poche volte nella mia vita. Lo stesso Veltroni, a cui voglio molto bene, nella sua opera di distribuzione della letteratura con L’Unità, non ha mai voluto inserire i fumetti nonostante le mie ripetute richieste.
Qual è il senso di fare satira a fumetti, e satira in generale, oggi?
La satira è connaturata con la ragione umana, essa è una delle risposte più belle, pacifiche ed efficaci a ogni genere di ingiustizia, la satira fa male al potere, più dei sassi e delle bastonata. La satira è molto importante e non finirà mai, a meno che il mondo non diventi tanto perfetto da non generarne alcuna forma. Certo, le sue forme sono molteplici, nel caso dei regimi totalitari si esprime in modi adatti a un contesto in cui non si possono pubblicare vignette, magari con le barzellette, in paesi più liberi come i nostri i mezzi di espressione sono più numerosi. Oggi la satira soffre della caduta della passione politica, nel ’68 una vignetta a tema politico poteva avere una grande risposta a livello di pubblico. Un altro problema è la caduta dell’editoria, i lettori dei giornali sono oggi molto meno.
Il mercato legato alla lettura, in generale, è oggi in forte contrazione nel nostro Paese.
Vero. Senza la presenza femminile, le donne oggi leggono moltissimo, sarebbe davvero dura.
I limiti etici del fare satira. Nella fattispecie mi riferisco al caso della risposta indignata suscitata dalla vignetta di Charlie Hebdo sui terremoti che hanno colpito l’Italia Centrale. Cosa ne pensa?
Il caso è particolarmente infelice. Il problema è che Charlie Hebdo è un giornale minoritario, legato a modelli datati e consapevole di questo. La redazione di Charlie Hebdo è composta da vecchi goliardi con tanta voglia di provocare, spesso in modo fine a se stesso. A volte ci azzeccano, come la vignetta in occasione delle dimissioni di Benedetto XVI, in cui l’ex Papa se ne va a braccetto con una Guardia Svizzera dicendo “Finalmente liberi”. Mi è sembrato veramente geniale. Per il resto, Charlie si rivolge a un pubblico precisamente individuato che cerca esattamente quel tipo di satira.
Quindi secondo lei la vignetta sui terremotati è lecita?
Certamente, ciò che non è mai lecito è porre limiti alla creatività.
Sono d’accordo, tuttavia il problema è stato sollevato.
Il problema diventa scandalo quando arriva ai media generalista. Una vignetta di Charlie Hebdo farebbe scandalo su Repubblica o su L’Unità, in quanto troppo forte per il contesto, ma chi compra Charlie o, per esempio, Frigidaire, cerca esattamente quel genere di umorismo, pertanto il giornale ha pieno diritto di esistere e di essere pubblicato, io li difenderò sempre.