Intervista a Sergio Stivaletti
Da Rabbia furiosa al futuro del cinema di genere italiano
Protagonista, tra gli altri, della prima edizione del festival dedicato alla critica teatrale e cinematografica, Fare Critica (Lamezia, 19-23 febbraio 2019), il regista, effettista e produttore Sergio Stivaletti ci ha concesso un’intervista nella quale parla del mercato distributivo italiano, dei suoi prossimi progetti e soprattutto del futuro del cinema di casa nostra.
Partiamo dal tuo recente lavoro, Rabbia furiosa – Er Canaro: il film esce a ridosso di Dogman di Garrone e, pur essendo due lavori molto differenti, non si può negare che abbiano il medesimo soggetto di partenza. Quando e come nasce in te l’idea di trasporre per il grande schermo questa efferata vicenda di nera?
Nasce molto tempo fa, subito dopo M.D.C. un produttore mi avanzò la proposta di trarre un film da un libro di racconti di Cerami, due dei quali si ispiravano a efferati fatti di cronaca: la prima era la storia del nano Semeraro, che poi Garrone appunto ha trasposto ne L’imbalsamatore per il quale feci oltretutto gli effetti speciali. Io tra le varie storie avevo scelto appunto quella del Canaro. Il produttore non fece nulla di tutto questo, ma sia io che Garrone restammo evidentemente colpiti dall’idea. Recentemente ero alla ricerca di un film che produttivamente fosse più facile da controllare, quindi pochi ambienti, attori, ecc.. Ho lavorato nel frattempo a una sceneggiatura vera e propria per la quale però non trovammo una produzione interessata in quanto nessuno era disposto a realizzare un film su una vendetta così efferata, dura. Non sapevo se accantonare l’idea o meno, e poco tempo dopo Garrone annunciò che avrebbe realizzato un film basato sulla storia del Canaro. Rimasi profondamente deluso, anche perché non era la prima volta che una storia mi sfuggiva dalle mani in tal senso e così decisi di portare avanti da solo quest’avventura annunciando che lo avrei fatto anch’io. In tal modo mi preclusi in prima persona la possibilità di un eventuale ripensamento in merito e portai avanti da solo la produzione. Non trovando produttori o distributori interessati, ho potuto almeno realizzare la storia in maniera del tutto slegata dalla censura.
Per Rabbia furiosa hai dato ampio sfogo, soprattutto nelle sequenze di tortura, alla tua vena gore. Che tipo di film volevi realizzare, essendo tu particolarmente dedito all’horror?
Non è un film nel quale volevo dar sfogo agli effetti speciali, ma volevo particolarmente concentrarmi sull’aspetto psicologico dei personaggi. Pur essendo molto efferato, il film si preoccupa comunque di raccontare i personaggi, e proprio per questo ho puntato molto sugli attori: Riccardo De Filippis, Mondello, Olivari, ecc…
L’avvento di Netflix o comunque dell’on-demand sta generando una vera e propria riscoperta del genere, dando spazio a pellicole davvero valide seppur considerate low-budget. Qual è la tua opinione in merito?
Io ho vissuto in prima persona questa decadenza del genere, vivendone il periodo d’oro. D’altra parte, io mi rifacevo qualitativamente e tecnicamente agli americani. A me quindi non può che far piacere se Netflix o simili realtà crescano sul mercato. Non a caso, Rabbia furiosa non ha trovato alcun produttore italiano. Stiamo pensando di farne un adattamento per una serie TV, a proposito. Nel film infatti molte sottotrame non le abbiamo potute sviluppare.
Tra patiti e professionisti del genere, ci si lamenta continuamente in merito allo scarso interesse da parte del pubblico. Eppure la TV o gli incassi di alcuni titoli al botteghino sembrano dimostrare l’esatto contrario. La tua opinione in merito?
Sono entrato da poco sul mercato distributivo, ma ho subito compreso che la distribuzione è una vera e propria lobby. Se un film è bello infatti non è detto che esca in sala. Forse ancor prima che il film venga realizzato infatti le distribuzioni si accordano per farlo uscire su larga scala o non prenderlo in considerazione.
Stai partecipando, assieme ad altri tuoi stimati colleghi, al docu-bio di Antonio Bido, regista culto di titoli quali Il gatto dagli occhi di giada e Solamente nero. Cosa puoi dirci in merito?
Partecipo in qualità di ospite a questa simpatica cena con altri miei colleghi. Ho accettato volentieri. Poi se lui vorrà rendermi anche partecipe del suo corto come effettista, ne sarò contento.
Che opinione hai dei festival, soprattutto quelli di genere che continuano a proporre, contrariamente a lamentele e crisi annunciate, validi nuovi autori e film?
I festival sono essenziali, peccato che in Italia ci sia poca commistione tra festival e le produzioni. Quindi, film come quelli ai quali lavoro purtroppo finiscono per soffrire molto. Certamente poi vengono meno anche aspetti tecnici e artistici fondamentali, il tutto legato all’idea che un telefonino o una semplice telecamera possano fare un film, anche se poi in parte è vero. Ma ovviamente siamo molto distanti dall’idea di film vero e proprio.
Sei soprattutto noto per gli effetti speciali. In particolar modo, alcune recenti fortunate saghe U.S.A., sembrano aver volutamente sterzato verso un’effettistica più artigianale e meno digitale. Secondo te perché?
Spesso si crede che io sia contro gli effetti digitali. Posso invece affermare di essere stato uno dei primi ad aver portato avanti questa rivoluzione con gli effetti digitali ne La sindrome di Stendhal di Dario Argento. Quindi, non posso che essere felice di tutti gli avanzamenti in materia. Vero è, d’altro canto, che spesso si assiste poi a un appiattimento quando un film è pieno zeppo solo di effetti digitali.
La tua accademia, Fantastic Forge, introduce e forma i ragazzi al mondo degli effetti speciali. A loro suggerisci di tentare fortuna all’estero essendo il panorama italiano saturo?
Non è ancora arrivato il momento che consente di definire l’Italia un mercato. Quindi, se anche in Italia si fa un film ricco di effetti si satura subito la richiesta degli effettisti. Quindi, sinceramente, suggerisco a tutti di fare un’esperienza in Italia e poi di andare all’estero.
Hai qualche altro progetto, come regista, in cantiere? E come effettista?
Come effettista, scaramanticamente, non mi sbilancio. Come regista e produttore ne ho diversi tra cui uno sugli alieni il cui titolo è Ombre aliene.