Intervista a Nicholas Hoult
Lo zombi R di Warm bodies ci racconta di Nux, il suo personaggio in Mad Max Fury Road
Intervista a Nicholas Hoult che molti ricorderanno come lo zombi R di Warm Bodies, ci spiega chi è il personaggio che ha interpretato in Fury Road, ovvero Nux, il combattente che ha i giorni contati…
Parlami un po’ di Nux, il tuo personaggio, e come vedi il suo viaggio nel corso del film…
Certo. Nux è un “War Boy”, ovvero uno dei personaggi che lavorano al servizio di Immortan Joe. Sono stati allevati per questo fin da quando erano giovani, lavorando come “War Pups”, con i veicoli o come meccanici. Nux è un privilegiato perché dopo aver fatto la sua gavetta è riuscito a diventare un guidatore, che è la più alta posizione a cui uno può ambire. Non solo, è diventato il guidatore del veicolo da caccia più veloce di tutti, quindi se la passa bene. Sfortunatamente (ride) non brilla di salute la prima volta che compare. Ha un paio di escrescenze tumorali chiamate Larry e Barry che gli stanno divorando la trachea. Quindi diciamo che è agli sgoccioli, al capolinea. Quando però sente che Furiosa, il personaggio interpretato da Charlize Theron, è fuggita dalla Cittadella con le cinque mogli di Immortan, dentro di sé pensa: «Ok, almeno questa è la mia possibilità per andarmene in gloria». Perché questi “War Boys” sono cresciuti credendo in pratica che se muoiono in battaglia, in modo valoroso, saranno assistiti per raggiungere il Valhalla ed essere ricordati in mezzo ai più grandi guerrieri di tutti i tempi. Per cui è una bella opportunità per lui.
Com’è stato lavorare col regista George Miller?
George è semplicemente una delle persone più intelligenti e gentili che abbia mai conosciuto. Sul serio. Quando lo senti parlare, è come se iniziasse dal punto A e toccasse ognuna delle altre lettere dell’alfabeto prima di arrivare al punto B. Nel mentre, però, impari tantissimo. È un pozzo di conoscenza. Perfino l’audizione per il mio ruolo si è trasformata in una sessione di quattro ore. Ricordo ancora di essermene andato insieme a lui pensando che non mi importava se avevo fatto bella figura, perché l’esperienza che avevo appena avuto in quella stanza, il pranzo, le quantità di cose che ci eravamo detti, mi bastavano. E poi condividere giorno dopo giorno l’esperienza del set insieme a lui e vedere come riusciva a gestire una produzione così mastodontica – che era, in pratica, come essere nel mezzo di questa immensa tempesta – riuscendo ciononostante a rimanere sempre un gentleman, calmo, controllato, puro di pensiero, è stato straordinario. È in grado di vedere l’evoluzione di ogni personaggio e di venire da te prima di un ciak e dirti: «Ok, ecco a che punto siamo. Hai fatto questo e quest’altro. Non dimenticarlo». E si rapporta con gli altri sempre nel modo piè cordiale. Poi però è anche un genio che se ne salta fuori con questi mondi completamente folli, tipo Babe e Happy Feet.
Com’è stato per te vivere l’esperienza di questo universo così coinvolgente di Fury Road?
La prima volta che lo vedi, non puoi nemmeno iniziare a descrivere i veicoli che hanno costruito e l’eccitazione di quando ci sei seduto dentro e senti intorno i loro potentissimi motori. E intanto stai volando attraverso il deserto. E ci sono centinaia di “War Boys” travestiti che recitano con la pistola. Sono tutti su di giri. E tu ci sei dentro, ne fai parte. E poi ti trovi in questo scenario stupefacente in Namibia dove non fai altro che fare cose folli e assurde. Facile farsi sopraffare… (ride)
Parlami di Charlize Theron e di Tom Hardy, che in questo film reinventa Mad Max.
È una fortuna, penso per qualunque attore, poter lavorare al fianco di persone così talentuose, che ammiri. Charlize è un tipo tosto e sul set fa sempre scelte molto acute. Ma è anche molto divertente. Sboccatissima. (ride) Tu fai una battuta e lei replica. E poi tutt’a un tratto si accende e tu rimani spiazzato: «Wow, aspetta un attimo, ok? Siamo in una scena e tu la stai devastando. È incredibile». Qui è così, mentre in un altro film che sto facendo con lei è un’altra, bestiale come si trasforma in ogni personaggio che interpreta e come rimbalza e lavora da un set all’altro. Altra cosa a suo favore è che in scena non è egoista, non pensa sempre solo a se stessa, ma al film e a tutti gli altri che sono in scena. Una bella sorpresa, insomma. Tom, invece, penso che sia uno degli attori che valga più la pena guardare e studiare. Nel senso che non puoi mai essere certo di quello che farà intanto che lo guardi. Penso che sia questo a renderlo così elettrizzante sullo schermo. E poi ha sempre questa luce negli occhi quando stai provando. Capisci che sta calcolando tutto in modo da comprendere tutto e farsi venire in mente un’idea. Tutto si trasforma intorno a te e all’improvviso ti trovi dentro la scena. Peccato che un attimo dopo lui stia già facendo qualcos’altro, totalmente imprevedibile. (ride)
So che hai fatto un duro allenamento con dei soldati come preparazione per il ruolo…
Certo. Il training. Beh, George si è messo in contatto con me un po’ prima dell’inizio delle riprese. Mi ha detto: «Il tuo personaggio muore, per cui non stai molto bene di salute e in più manca il cibo». Per cui l’allenamento fisico è stato anche una buona preparazione per questo. Tutte queste cose ti mettono in uno stato in cui ti senti abbastanza preparato mentalmente, proprio perché sei fisicamente preparato. E poi con tutto il sapere che ha George riguardo i “War Boys” in questo mondo, hai tutte queste informazioni e sei fisicamente preparato. E poi sei lì e ti mettono tutto questo makeup e provi di tutto e di più, e improvvisamente sei un’altra persona. Quando finalmente riesci a rilassarti, ti dici: «Bene, okay, so tutte queste cose di questo personaggio. Sento il personaggio. Assomiglio al personaggio. Credo che dovremmo dare l’azione».
Dicci qualcosa delle scene d’azioni più incredibili a cui hai assistito durante le riprese… E c’è stato un momento emotivamente molto intenso o che semplicemente ti ha tolto il respiro?
Ricordo in particolare questo camion gigantesco che a un certo punto mi insegue. Io sono in piedi sul retro di questo convoglio bellico guidato da Charlize. Per cui io mi sono appena posizionato dietro e la camera è lassù insieme a me. E poi inizia questo lungo inseguimento con il camion che ci sta alle costole. A un certo punto fa questo salto allucinante e si schianta contro una specie di parete e io ruoto all’indietro con un salto mortale. La camera arretra ed è come se mi vedessi osservare quello che è accaduto. E George che dice: «Okay Nicholas, ottimo stunt. Probabilmente ne dovremo fare ancora uno. Non sclerare». E io: «Okay…». E intanto sei lì che guardi questi stuntman, gli autisti, che si stanno preparando di nuovo. Perché è completamente contro l’istinto dell’uomo schiantarsi con un camion contro un muro. Alle volte, mentre guidavo il mio veicolo, era impossibile sentire alcunché. Stavi semplicemente guidando, e poi all’improvviso li vedevi spuntare al tuo fianco con la telecamera proprio fuori dalla portiera.
E per quanto riguarda la storia e i temi del film?
Suppongo che si tratti semplicemente di speranza e istinto di sopravvivenza, che sono insiti nella natura umana e nel nostro spirito. È un modo fuori di testa quello in cui vivono i personaggi, ma dove c’è ancora spazio per la compassione e per l’amore. Si trovano in situazioni di vita o di morte, ma riescono ancora a fare gruppo e a tirar fuori il meglio dalle situazione. È una cosa che mi piace.
Ultima domanda. Quanto bello è questo film da una scala da uno a…
Dieci. Qualunque sia la scala, è un dieci.