Joe Dante – Intervista
Il regista si racconta al Lucca Film Festival
Durante il Lucca Film Festival & Europa Cinema si sono svolti alcuni appuntamenti – tra i quali la proiezione di Nightmare Cinema – dedicati a Joe Dante, il “padre” dei Gremlins, ospite del Festival toscano, tra cui una speciale masterclass nello spazio delle Manifatture Digitali Cinema a Pisa, che si è rivelata una conversazione informale sul cinema di allora e su quello di oggi. Ecco cosa ci ha raccontato:
Su Roger Corman e gli inizi nel mondo del cinema
Corman faceva un sacco di film a basso budget: lui mi ha permesso di fare esperienza, sceglieva gli studenti di cinema e li portava sul set; non si guadagnava tanto ma si facevano un sacco di esperienze, si lavorava molto, e siamo anche riusciti, io e la generazione dei registi venuti fuori dalla “scuola Corman”, a sopravvivere con questi film a basso budget, incoraggiati dal fatto che prima di noi anche Coppola e Scorsese avevano fatto un percorso simile e si erano costruiti una carriera. Roger diceva “se tu sarai in grado di fare 2 bei film con me, non dovrai più lavorare con me!” perché si diceva che i suoi film non fossero così belli, quindi se riuscivi a fare più di un buon film, allora potevi essere notato da Hollywood, un luogo che ama sfruttare i nuovi talenti senza esperienza, Roger Corman faceva il lavoro sporco per loro facendoci fare esperienza. A Hollywood pensavano che se eri in grado di lavorare così bene con Corman eri pronto per film di budget maggiore, da qui erano partiti altri registi come Jonathan Demme e James Cameron.
Sull’industria cinematografica ieri e oggi
Le persone mi chiedono continuamente come ho iniziato a fare film e cosa consiglio loro. Quello che posso dire è che l’industria di 40 anni fa non è esattamente quella di oggi, dal fatto che non si gira più in pellicola, al sistema di distribuzione completamente diverso, sono diversi anche i finanziamenti e il pubblico. Oggi l’industria è in una situazione incerta perché il futuro della distribuzione dei film è incerto: nessuno si aspettava lo streaming, così come quando arrivò l’home video e si pensò che il cinema era finito, ma non era così. E’ sempre stata una situazione un po’ apocalittica ma oggigiorno è ancora più complessa.
Sul lavoro con Steven Spielberg per Gremlins
Sono stato molto fortunato perché i primi 2 grandi nomi con cui ho lavorato sono proprio Roger Corman, che ha diretto e prodotto un’infinità di film. Lui sapeva sempre cosa faceva e aveva sempre la risposta pronta. Quando sono arrivato a lavorare con Spielberg mi sono trovato in una situazione simile: era un regista già acclamato all’epoca, aveva già avuto diversi successi e voleva espandere il proprio universo, così scelse me per uno dei suoi primi film da produttore, Gremlins, che originariamente doveva essere un film indipendente ma era troppo costoso quindi andammo alla Warner Bros per farcelo finanziare. Da lì arriva l’esperienza con gli Studios, cioè quando tutti vogliono ficcare il naso in quello che fai e dirti cosa fare. Io avevo Steven Spielberg che parlava agli Studios per me e combatteva dalla mia parte. All’inizio della mia carriera sono stato davvero fortunato ad averlo come mentore! Quando poi mi sono trovato a lavorare al di fuori della “bolla di protezione” di Spielberg ho trovato molte interferenze da persone che ne sapevano meno di me, ma ho scoperto che questa era la norma, quella di trasformare il film da parte degli Studios dalla carta al girato. Ero stato in un certo senso viziato e spinto a poter fare il film che volevo grazie a Spielberg!
Sugli horror come punto di partenza per chi vuole fare cinema
Solitamente il genere horror è la prima ovvia scelta per un regista o per un produttore perché si possono produrre horror con un budget ridotto e oggi con la CGI si possono creare scene con un livello tale di violenza che prima non si poteva nemmeno immaginare. Quindi un sacco di persone investono i propri soldi su questo genere, finché non sono troppi. E vengono sempre distribuiti in un modo o nell’altro, al cinema o in home video, vengono sempre visti. Se oggi andate alle convention, come il Comic-Con o il Monsterpalooza troverete centinaia di persone con le maschere dei loro mostri preferiti, Freddy Krueger, Jason, Dracula. E’ più un fenomeno culturale che cinematografico: anche quando io ero piccolo questi film erano considerati spazzatura, nessuno li prendeva seriamente ma oggi le generazioni ormai cresciute li amano e il pubblico ha fatto sì che anche le major si siano interessate al genere, per produzioni di basso e medio budget. Raramente si sono viste grandi produzioni come Crimson Peak di Gulliermo Del Toro, ma sono state un investimento rischioso per il tipo di pubblico a cui si riferiva.
Sul lavoro per The Twilight Zone, serie del 1985
Ho in un certo senso ereditato The Twilight Zone perché stavo già lavorando su Gremlins, è stata una lavorazione complessa: Spielberg era stato chiamato a fare The Twilight Zone, il film tratto dalla mia serie tv preferita da ragazzino e mi chiamarono per fare un episodio dei 4 del film di Spielberg. Un giorno venne a trovarci George Miller e Spielberg gli propose di girare un altro episodio. Questi episodi dovevano essere collegati da un personaggio che appariva in ciascuno, ma mentre giravamo l’attore che doveva interpretare questo ruolo morì sul set per un incidente in Vietnam. La produzione, però, voleva tenere gli episodi proprio così come erano stati concepiti, e quindi io e George fummo molto fortunati a poter lavorare come volevamo e realizzare due dei più folli episodi mai realizzati da una major.
Su L’erba del vicino (The Burbs)
Il film era stato pensato come un omaggio a La finestra sul cortile di HItchcock, ma io non ho ancora capito perché. La sceneggiatura finiva con la morte del protagonista ma, con Tom Hanks come protagonista, era difficile portare a termine questa scena. Quindi il film si concentrò sui vicini e sulle cose strane che accadono nel vicinato. Era un film un po’ disorganizzato perché mentre giravamo c’era lo sciopero degli sceneggiatori, in pratica eravamo gli unici a girare negli studios della Universal quindi, non potendo coinvolgere gli sceneggiatori, pensai che girando il film in sequenza avremmo potuto improvvisare con il cast e questa improvvisazione ci avrebbe guidato verso una risoluzione. E’ stato molto divertente. Andò bene al botteghino ma poi e crebbe nel tempo grazie ai fan, con i siti web dedicati, i trivia books e le proiezioni con audience partecipation come il Rocky Horror Picture Show.
Sul lavoro con Pino Donaggio per Piraña e The Howling
L’ho incontrato quando cercavo un compositore per Piraña e il mio produttore lo aveva incontrato quando stava lavorando alla colonna sonora di Don’t Look Now e non riuscivo a credere che sarebbe venuto a lavorare per con me (era come Puccini per me!) per questo strano film sui pesci. L’ho incontrato solo dopo che aveva composto la colonna sonora perché non ci potevamo permettere di volare in Italia da lui o di fargli avere un volo per venire in America. Penso di aver messo alcuni brani al posto sbagliato ma la sua colonna sonora era così forte, non potevo non metterli! Poi sono tornato a lavorare con lui per The Howling: ha fatto un lavoro fantastico con l’orchestra e abbiamo usato un sacco di brani in seguito (per il vinile Waxwork records). E avrei voluto continuare a lavorare con Pino ma per The Twilight Zone avevo lavorato con Jerry Goldsmith che da allora è divenuto l’autore di tutte le musiche dei miei film e Pino all’epoca stava già lavorando con De Palma e Argento. Non abbiamo più lavorato insieme ma credo che lo richiamerò per un’opera che ho intenzione di dirigere, vorrei di nuovo lavorare con lui, è fantastico!