La terza volta di Riddick

Il ritorno del furiano dagli occhi felini dopo nove anni avviene sotto l’insegna del bis e in linea con lo spirito indie che caratterizzava Pitch Black
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Fortunato è quel popolo che non ha bisogno di eroi. Ancora più fortunato è il pubblico della fantascienza che brama e ottiene il proprio antieroe preferito, tra quelli di maggior successo negli ultimi due decenni. Il furiano dagli occhi felini Richard B. Riddick ritorna nelle sale di tutto il mondo, dopo nove anni di assenza. In cabina di regia di Riddick troviamo il solito David Twohy. Vin Diesel, Karl Urban e i nuovi ingressi Jordi Molla e Katee Sackhoff prestano invece volto, muscoli e sangue alla storia. Un ritorno che promette tonnellate di azione e orrore in un nuovo, ostile pianeta dove Riddick viene relegato dopo la detronizzazione dallo scranno dei Necromonger – brevemente accennata in un motion comic presentato di recente su internet.

Dopo aver ritrovato il lato più umano di sé nell’ultimo capitolo della saga, deve far ricorso a quanto di più animale ci sia in lui per poter sopravvivere. Lancia quindi un segnale di recupero, attirando un’astronave di cacciatori di taglie per poter realizzare il suo piano di vendetta e poter ritornare nel pianeta natale. Lontano dai toni da space opera e dai budget di Chronicles of Riddick, con cui i legami si concretizzeranno soltanto grazie alla presenza del personaggio di Lord Vaako, questo terzo capitolo cinematografico ritorna a un’anima più indipendente ed esploitativa da B-Movie, con un occhio alle atmosfere cupe e violente del primo Pitch Black, con un Riddick più duro, nutrito dal fuoco della vendetta, e con un tocco di azione tamarra in più, probabile influenza del successo che la star indiscussa del film riscuote ancora in tutto il mondo con la serie di Fast & Furious.

 

BUIO PESTO

Tutto parte nel 2000: Pitch Black, un piccolo film a budget modesto, girato in due mesi in Australia, esce nelle sale e diventa da subito un cult. La storia, come in buona parte dei classici di culto, è di estrema semplicità e di efficace immediatezza: l’astronave Hunter Gratzner, durante il  viaggio nello spazio profondo, viene danneggiata da una pioggia di micrometeoriti. I passeggeri vengono brutalmente risvegliati dal criosonno giusto in tempo per assistere al loro schianto su un pianeta sconosciuto, desertico e illuminato da un sistema solare a tre stelle. Tra di loro è in fuga Richard B. Riddick, assassino letale e più volte evaso da carceri di massima sicurezza, grazie anche alla sua capacità di poter vedere nel buio.

La minaccia più grave per i sopravvissuti ha però un altro volto: ogni 22 anni il pianeta viene immerso in un buio profondo, permettendo alle creature refrattarie alla luce di uscire dal sottosuolo e di cibarsi di ogni essere vivente a tiro. Giunto il momento dell’eclissi dovranno allearsi per poter sopravvivere e fuggire dal pianeta. Riddick colpisce e affascina il pubblico perché parte e termina da buon antieroe, bastardo nell’animo, astuto nell’individuare i punti deboli degli avversari e letale nelle azioni, ma allo stesso tempo, quasi suo malgrado, non si tira indietro nell’aiutare i personaggi più deboli. Se il film contiene pochissimi elementi che ne possano fare un prototipo per una cosmogonia, il suo personaggio vedrà accrescere sempre di più la propria mitologia.

 

UNA LUCE NEL BUIO

A seguito del grande successo del film, il canale sci-fi trasmise nel 2000 un piccolo speciale, Into the Pitch Black, composto in parte da un rimontaggio di scene del film, in parte da una storia ex-novo che coinvolge una squadra di recupero che, a sei mesi dallo schianto della Hunter Gratzner, è alla ricerca del fuggiasco Riddick. Il poliziotto incaricato della caccia, ne studia il profilo psicologico tramite i filmati di sorveglianza della stazione di restrizione dove Riddick era detenuto prima della fuga a Slam City e cerca la collaborazione di un’affascinante cacciatrice di taglie, che però decide bene di toglierlo di mezzo e braccare la preda per i fatti propri. La qualità dell’opera è quella che è: molte scene del film di Twohy vengono insertate per accompagnare gli approfondimenti sui singoli personaggi della storia, ma il più delle volte sono inserite a casaccio, senza una logica narrativa che non sia quella di creare un effetto trailer, e il resto è girato in maniera abbastanza amatoriale, con poco senso del ritmo. L’interesse maggiore lo suscita la creazione di un background del personaggio di Riddick. In particolare, la genesi dei suoi occhi, capaci di scrutare nel buio grazie a un intervento alla retina da parte di un medico, Cutter, dentro la prigione.

 

LE CRONACHE

Per quanto i personaggi e le situazioni siano ascrivibili alla mente creativa dei fratelli Jim e Ken Wheat, assidui frequentatori del genere fantascientifico soprattutto in ambiente televisivo (ma il secondo ha anche scritto, celato dallo pseudonimo Scott Pierce, il bel quarto capitolo della serie di Nightmare), gran parte del merito di aver dato un’impronta omogenea e coerente all’uni(altro)verso circostante le vicende di Riddick va indubbiamente attribuito a David Twohy, che ha scritto e diretto l’intera trilogia ed è il consulente creativo dei progetti collaterali alla serie. Dopo aver tentato di entrare in un franchise fantascientifico di successo, tramite la stesura della sceneggiatura di Alien³, non utilizzata, se ne ritrova uno nelle mani grazie all’exploit di Pitch Black, suscitando gli interessi della Universal che decide di investire un budget considerevole, oltre i 100 milioni di dollari, per un sequel più magniloquente e spettacolare, The Chronicles of Riddick.

La natura della storia è decisamente diversa, discostandosi maggiormente dall’horror dal respiro lovecraftiano (degno di un lavoro di Dan O’Bannon) del primo capitolo per approdare a lidi più congeniali all’azione. Su Riddick viene posta una taglia che lo conduce a Elion I, dove l’Imam tenta di convincerlo a cacciare il popolo dei Necromonger che minaccia di colonizzare il pianeta. Riddick è l’ultimo sopravvissuto del popolo dei Furiani e per questo al centro di una profezia, sostenuta dagli Elementali, che individua proprio in lui l’elemento in grado di salvare l’intero universo dalla minaccia di distruzione dei Necromonger. Ma Riddick, per tutta risposta, se ne frega e pensa a salvare Jack, nel frattempo divenuta Kyra, che, nel tentativo di diventare come lui, è detenuta in una prigione sotterranea sull’arido pianeta Crematoria. Qui le condizioni contestuali presenti in Pitch Black vengono abilmente rovesciate: dove lì il buio profondo era terreno ostile e folto di pericoli, qui diventa unico terreno possibile per fuggire dalla superficie del pianeta, prima che l’intensa luce solare carbonizzi ogni essere vivente.

Ma Riddick non può fuggire al proprio destino e dovrà giocoforza affrontare i Necromonger, soprattutto dopo che per mano loro viene uccisa la sua prediletta Kyra. Il film non ha avuto grande successo al botteghino, colpa della storia poco appassionante e degli effetti speciali che ne soffocano spesso il già debole fiato, eppure l’evoluzione del personaggio di Riddick è quantomai interessante grazie all’ambiguo interesse da amante/mentore nei confronti della combattiva ma comunque fragile Kyra, senza però dimenticare la sua abilità di muoversi, soprattutto metaforicamente, lungo i labili confini tra luce e ombra. Un confine che in Riddick sarà sicuramente varcato dal nostro antieroe, ormai in grado di governare le tenebre come qualunque buon villain sa fare.