La muta
Ogni sette anni circa, le persone cambiano pelle. Fisicamente ma anche emotivamente, le persone fanno la muta come gli animali e, insieme alla vecchia pelle, si lasciano alle spalle le emozioni e i ricordi delle loro vite passate. Rose Allington in particolare, a causa di una sua peculiare condizione medica, si ritrova costretta a cambiare radicalmente vita ogni volta che cambia pelle, oltre a fare mute anticipate in periodi di particolare stress. Più di tutti, Rose si lascia alle spalle il passato insieme alla sua pelle vecchia, passando da una vita come guardia del corpo e amante di Max Black, un attore ricco e celebre, a un lavoro come semplice commessa in un negozio dell’usato. Ma il passato a volte torna, nei panni dello stesso Max che chiede aiuto a Rose per recuperare alcune preziose pelli che gli sono state rubate, e che custodiva gelosamente.
La muta è un romanzo strano, difficile da afferrare. Ha un world building da romanzo di fantascienza, pur non avendone i presupposti, una trama a sfondo investigativo e una forte carica intimista per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi. Un libro eclettico, sì, ma non dispersivo. Gli elementi del libro, per quanto diversi tra loro, stanno insieme con coesione intorno ad alcune tematiche forti. Una su tutte, la persistenza. Aliya Whiteley si domanda: cosa di noi resiste al passare del tempo? Cosa ci definisce attraverso tutti i cambiamenti che affrontiamo? Nel corso della vita affrontiamo numerose evoluzioni. A quarant’anni non siamo più chi eravamo a venti, a sessanta non siamo più chi eravamo a quaranta. Non del tutto, quantomeno, ma una costante c’è, qualcosa che unisce tutte le versioni di noi stessi simboleggiate, in La muta, da una perdita fisica dell’epidermide, un processo biologico simile a quello dei rettili o degli insetti e soggetto a vere e proprie patologie specifiche. Leggendo il libro di Whiteley ci ritroviamo ad affrontare il paradosso della Nave di Teseo con particolare attenzione all’amore come uno dei motori più potenti dell’azione umana e, allo stesso tempo, proprio uno degli elementi persistenti che torna e si ripropone, magari mutando di forma, a tutte le versioni di noi stesso.
Coerentemente con la domanda che si pone, l’autrice prende l’elemento persistente della letteratura fantastica, quantomeno della migliore, e lo pone come cardine del suo romanzo: La muta è un romanzo filosofico. S’interroga sulla natura delle cose e su quanto noi sappiamo effettivamente di esse. L’invenzione che sta alla base della narrazione è un strumento d’indagine profonda della natura umana nel suo rapporto con il tempo e sul reale significato che gli eventi della vita hanno per noi. La scrittura rapida e incisiva, il ritmo da thriller, supportano un’intuizione felice nella sua semplicità, che apre spazi di esplorazione che danno a questo libro uno spessore raro.