Lisa Seagram e Yellow
Stelle e stelline del cinema italiano, rubrica degli albori. Se la memoria non mi tradisce l’ultima volta fu sul 13 prima serie, fine 1999: in un colpo solo Sara Sperati, Barbara Marzano e Josiane Tanzilli. O forse era il 12 e forse aveva cambiato nome, diventando Vaghe stelle dell’orsa. Oggi è mythos, pur con tutte le sgangheratezze e le imprecisioni di allora. Perché si stava certamente meglio quando si stava peggio. Mi verrebbe voglia di dissotterrarla, ora, adesso, immantinente, dopo avere visto Yellow – Le cugine, copia del Csc marchiata Not for commercial use – son tornate a fiorire le rose, dunque.
Yellow è un giallo, naturalmente, diretto da Gianfranco Baldanello che a dare retta agli introdotti, a quelli che l’han visto, non valeva un dollaro bucato. Errore, perché è un film che ha qualcosa, più d’una. E una delle cose che ha è, senza dubbio, Lisa. Una donna sontuosa, nata a Brooklyn nel luglio del 1936, cresciuta alla scuola dei serial tv americani e sbarcata in Italia trentatreenne, nel ‘69. È stata la donna di Marc Fiorini, madre della loro figlia, e si spiega così che appaia nel western di Mulargia La taglia è tua… l’uomo lo ammazzo io, dove c’è Fiorini.
Uncredited per complessi motivi burocratici che Fiorini a suo tempo e luogo mi spiegò. Le cugine la eleva al protagonistato, con Maurizio Bonuglia e la lombarda Caterina Barbero; e d’altronde bastava guardare Lisa come è nel film per comprendere che di meno non meritava. Un lignaggio supremo, un volto composto ma che conturba, esacerba silenzioso il desiderio. La zona occhi è tremenda: come lanciasse quiete saette. Ad abundantiam pure brava. Davvero una di quelle che se ti domandano quale punteggio le daresti da uno a dieci, rispondi undici, dodici, addirittura quindici. Nel film è coibentata dentro abiti austeri da zitella, ma Bonuglia, marito della di lei cugina, la Barbero, il quale è del mestiere, c’ha l’occhio clinico, capisce in un battibaleno che tipo di calore possa circolare trattenuto dentro i suoi maglioni accollati e spillati e sotto le caste gonne scure al ginocchio. Gli bastano polpacci e caviglie, per farne la tara. La copia che circola di Yellow appare piuttosto buona e completa, salvo che per un massaggio praticato alle spalle, a tradimento, dal maschio di casa alla cugina cadetta, che si chiama Marta e che solo a quel contatto comincia a sdilinquirsi, a mostrare di che pasta (sfoglia) sia fatta.
Segue l’intrigo giallo, che in quanto tale val la pena tenerselo per sé… Mi ero messo a caccia, prima di Yellow, della restante filmografia italiana di Lisa Seagram e se oggi l’IMDB la indica come presente in un episodio di Canterbury nr. 2 nuove storie d’amore del ‘300 nella parte di una “guerriera greca”, pago pegno per il dossier Decamerotico (nr. 56, marzo 2007, arretrato 4 euro), in cui proponevo l’identificazione. Fiorini non ne era affatto sicuro, per essere onesti. Io andavo un po’ a fisionomia, un po’ a logica, essendo John Shadow persona delle cerchie romane di Lisa e Marc. Potrebbe essere lei, ma la mano sul fuoco no. Fece invece La studentessa, nel 1975, di Fabio Piccioni, girato a Massa Carrara e sparito dalla circolazione un milione di anni fa. Lo stiamo resuscitando e ne daremo presto conto, con altri sacri misteri legati al regista, Fabio Piccioni, nel prossimo numero sei – sapete di cosa sto parlando. Cristiana Borghi era il primo nome del film, poi venivano Marc Fiorini e Lisa. Lisa che poi se ne tornò in California lavorò 17 anni nel campo immobiliare e riabbracciò il cinema, come insegnante di recitazione alle Hawaii. A Lisa, che oggi vive a Los Angeles, vorrei porgere il mio saluto e questo mio fervido omaggio…